Il d.lgs 164/2024 sul processo familiare uniforme: decreto correttivo o peggiorativo?
Alessandro Simeone
21 Novembre 2024
L'Autore illustra e analizza le novità apportate al rito familiare uniforme dal d.lgs 164/2024, soffermandosi, in questa prima parte del commento alle norme di nuovo conio, sulle criticità derivanti dalle modifiche apportate alla parte generale (Ambito di applicazione del rito, poteri del pubblico ministero, riparto di competenza tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni; decorrenza). Seguirà una seconda parte di commento dedicata alle altre modifiche.
La struttura del decreto legislativo
L'art. 1, comma 3, l. 206/2021, prevedeva espressamente che "Il Governo, con la procedura indicata al comma 2, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui al comma 1 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi".
Nel rispetto del termine, e dopo oltre 18 mesi dall'entrata in vigore effettiva del nuovo rito familiare uniforme (28 febbraio 2023), nonostante i molteplici problemi che si sono verificati nella prassi, il Governo, poco pungolato dall'avvocatura, acquisiti i pareri delle commissioni parlamentari competenti, ha apportato ben poche novità al processo delle persone, dei minorenni e delle famiglie.
Di seguito si riportano le principali modifiche che, lo si anticipa sin da subito, non risolvono molti dei problemi sollevati.
Ambito di applicazione (art. 473 bis c.p.c)
Il nuovo primo comma dell'art. 473-bis c.p.c. prevede che (in grassetto le modifiche): "Le disposizioni del presente titolo si applicano ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni nonché alle domande di risarcimento del danno conseguente a violazione dei doveri familiari, salvo che la legge disponga diversamente. Sono in ogni caso esclusi i procedimenti di scioglimento della comunione legale, quelli volti alla dichiarazione di adottabilità, quelli di adozione di minori di età e quelli attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea".
L'estensione del rito ai procedimenti per il risarcimento del danno endofamiliare, le cui domande, dunque, potranno essere "cumulate" all'interno dei procedimenti di separazione, divorzio, scioglimento dell'unione civile e in quelli per i figli "non matrimoniali", costituisce precisazione dovuta, anche perché la materia è (rectius: sarà) di competenza del Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie (di seguito TPMF) ai sensi dell'art. 30 d.lgs 149/22 (sul punto v. Sapi G. La riforma del diritto di famiglia: Il nuovo processo, GFL, 2023, p. 18).
Apprezzabile, poi, l'utilizzo della locuzione "violazione dei doveri familiari" in luogo di quella più comune - e forse meno tecnica- di "risarcimento del danno endofamiliare". Qualche problema si porrà, in futuro, in merito alla possibilità per il Curatore speciale del minore di formulare domanda di risarcimento del danno nei confronti di uno o entrambi i genitori (si pensi ad esempio al risarcimento del danno da mancato riconoscimento).
Meno condivisibile è invece l'esclusione dal rito uniforme dei "procedimenti di scioglimento della comunione legale".
Dal punto di vista generale, la scelta pare illogica, giacché non vi è nulla di maggiormente attinente alle famiglie quanto il regime patrimoniale che ad esse si applica.
Dal punto di vista pratico, l'esclusione determinerà la frammentazione - o la proliferazione- dei procedimenti, sottoposti a diversi riti e dunque non trattabili all'interno dello stesso giudizio, ove venisse confermato, anche dopo la riforma, il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità sull'art. 40 c.p.c..
Né può sottacersi che, sovente, la decisione sull'assegno per il coniuge o per il figlio presuppone l'accertamento del complessivo patrimonio in capo a una delle parti; accertamento che, a propria volta, può dipendere dalle attribuzioni derivanti a ciascuna delle parti una volta sciolta la comunione e che , dunque, presuppone la corretta ricostruzione dei beni personali e di quelli comuni, nonché dei crediti e debiti da e verso la comunione: comunione de residuo, rimborsi e restituzioni. Da ciò consegue che l'obiettivo della celere trattazione dei procedimenti potrebbe allontanarsi proprio per effetto dell'esclusione dei procedimenti sulla comunione dal rito uniforme (con presumibile impossibilità di trattazione nel simultaneus processus): non si possono escludere poi provvedimenti di sospensione del processo di separazione e divorzio (soprattutto quest'ultimo, considerato che l'assegno divorzile ha anche una funzione compensativa potenzialmente soddisfatta dall'attribuzione di beni soggetti al precedente regime di comunione) in attesa della definizione dei giudizi di scioglimento; neppure si possono escludere richieste di modifiche dei provvedimenti, exart. 473-bis.29 c.p.c., ove, all'esito dei procedimenti di scioglimento della comunione, le condizioni economiche delle parti si rivelino sostanzialmente differenti rispetto a quelle precedenti.
Si tratta, in sostanza, a giudizio di chi scrive, di una scelta illogica e, soprattutto, per nulla funzionale.
Mutamento del rito
All'articolo 473-bis c.p.c. è stato introdotto un ultimo comma che prevede che "Quando rileva che uno dei procedimenti previsti dal primo comma è promosso in forme diverse da quelle previste dal presente titolo, il giudice ordina il mutamento del rito e fissa l'udienza di cui all'articolo 473-bis.21 assegnando alle parti termini perentori per l'eventuale integrazione degli atti.
Quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente titolo riguarda un procedimento diverso da quelli previsti dal primo comma, il giudice, se la causa stessa rientra nella sua competenza, ordina il mutamento del rito dando le disposizioni per l'ulteriore corso del processo, altrimenti dichiara la propria incompetenza e fissa un termine perentorio per la riassunzione della causa con il rito per essa previsto.
I provvedimenti di cui al terzo e al quarto comma sono pronunciati non oltre la prima udienza. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le forme del rito seguito prima del mutamento e restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento".
La modifica è sicuramente opportuna, considerato che "Sono stati segnalati casi in cui all'errore nell'individuazione del rito è seguita una pronuncia di inammissibilità della domanda; evenienza, questa, che contrasta con il buon funzionamento del sistema giudiziario in quanto contraddice il principio secondo cui ogni procedimento deve essere definito con una pronuncia sul bene della vita che ne costituisce oggetto, anziché con una pronuncia di mero rito" (cfr. Relazione Illustrativa d.lgs 164/2024).
Qualche perplessità sorge, però, per il regime delle preclusioni e delle decadenze. Il legislatore ha infatti deciso di replicare la norma del rito del lavoro (artt. 426/427 c.p.c.) senza tener conto, però, delle peculiarità del rito familiare uniforme dove, nella maggior parte dei casi, entrano in gioco i c.d. diritti indisponibili, sottratti a preclusioni e decadenze. In tale ottica la previsione per cui "restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento" stride fortemente con le previsioni di cui all'art. 473-bis.2 c.p.c., art. 473-bis.40 c.p.c., art. 473-bis.17 c.p.c.: è probabile, dunque, che la norma sia destinata a essere disapplicata.
Criteri di ripartizione tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni (art. 38 disp. att.c.c.)
Il Governo ha rimodificato - per la terza volta in due anni- l'art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile che fissa i criteri di riparto della competenza tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni.
In particolare è stato modificato il secondo comma dell'articolo come segue (barrata la parte eliminata, in grassetto la parte modificata): " Il tribunale per i minorenni è competente per il ricorso per l'irrogazione delle sanzioni in caso di inadempienze o violazioni, per i procedimenti previsti dagli articoli 473-bis.38 e 473-bis.39 del codice di procedura civile quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, un procedimento previsto dagli articoli 330,332,333,334 e 335 del codice civile. Nei casi in cui è già pendente o viene instaurato autonomo procedimento per l'irrogazione delle sanzioni procedimento ai sensi degli articoli 473-bis.38 e 473-bis.39del codice di procedura civile davanti al tribunale ordinario, quest'ultimo, d'ufficio o a richiesta di parte, senza indugio e comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua".
La Relazione illustrativa precisa che la modifica sarebbe "innovatrice solo sul piano della tecnica redazionale…. per maggior chiarezza del precetto si è sostituito, infatti, il generico richiamo ai procedimenti in materia di famiglia per l'irrogazione di sanzioni in caso di inadempienze o violazioni con il puntuale richiamo alle nuove disposizioni che contemplano tali procedimenti, gli art. 473-bis.38 e 473-bis. 39 del codice di procedura civile".
Dalla lettura della relazione illustrativa non è chiaro se il legislatore sia stato, o meno, consapevole dell'ingorgo giudiziario che la modifica è destinata a creare.
In primo luogo, non può sottacersi il fatto che, la precedente modifica dell'art. 38 disp. att. c.c. circoscriveva correttamente la vis actractiva del Tribunale per i minorenni ai soli procedimenti per le irrogazioni delle sanzioni. Il richiamo, operato dalla novella, agli articoli 473-bis.38 e 473-bis.39 invece, allarga l'operativa della concentrazione a favore del giudice minorile anche ai procedimenti aventi a oggetto la risoluzione delle controversie tra genitori (p.e. scelta dell'istituto scolastico) nonché a tutti i procedimenti di attuazione di precedenti provvedimenti, disciplinati dall'art. 473-bis.38 c.p.c.
In realtà, la modifica è tutto tranne che frutto di una diversa "tecnica redazionale".
D'altra parte, la Relazione Illustrativa al d.lgs 149/2022 ben chiariva il motivo della precedente formulazione dell'art. 38 disp att. c.c. ("Analogamente, nel secondo comma, si è sostituito il richiamo all'articolo 709-ter c.p.c mediante l'indicazione di ricorso (e di procedimento) per l'irrogazione delle sanzioni in caso di inadempienze o violazioni. Il meccanismo della translatio previsto dalla norma è ora previsto dall'articolo 473-bis.39 c.p.c., ma non già anche per i procedimenti con i quali si chiede (unicamente) l'irrogazione delle sanzioni, e per tale ragione la disposizione merita di essere mantenuta, coordinandola con il nuovo testo", Rel. ill. d.lgs 149/22, p. 13).
Il problema non è però, solo terminologico, come riduttivamente si potrebbe essere indotti a pensare, ma pratico, perché destinato a creare numerosi conflitti di competenza o "rimpalli" tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni.
Un esempio pratico aiuta a comprendere meglio il problema.
Tizio deposita ricorso per essere autorizzato all'iscrizione del figlio presso l'Istituto A, ai sensi dell'art. 473-bis.38 c.p.c. Caia deposita ricorso al Tribunale per i minorenni per l'adozione dei provvedimenti ex art. 333 c.p.c.; il Tribunale ordinario, in composizione monocratica, autorizza l'iscrizione e trasmette gli atti al Tribunale per i minorenni; Caia impugna il provvedimento del tribunale ordinario in Corte d'appello. Tizio, con successivo ricorso, chiede al Tribunale ordinario, ai sensi del comma 1 dell'art. 38 disp. att. c.c., la modifica dei provvedimenti, ex art. 473-bis. 29 c.p.c., insistendo per un affidamento esclusivo del figlio a sé con limitazione della responsabilità genitoriale di Caia. Il Tribunale per i minorenni, in composizione collegiale, assume i provvedimenti urgenti e ritrasmette gli atti al Tribunale ordinario. Tizio impugna in Corte d'appello i provvedimenti urgenti. In sostanza, per un solo nucleo familiare, saranno impegnati 10 differenti giudici, con un rimbalzo continuo tra giudice ordinario e giudice minorile (dal primo al secondo e poi dal secondo al primo).
Vi sono poi delle zone grigie, destinate ad aumentare.
Anche in questo caso, esemplificare aiuta.
Il pubblico ministero deposita ricorso per l'adozione dei provvedimenti ex art. 330/333 c.c. al Tribunale per i minorenni. Tizio, dopo l'apertura del procedimento, deposita ricorso al Tribunale ordinario per i provvedimenti di cui all'art. 473-bis. 39 c.p.c. Il giudice ordinario ritiene di assumere, anche in via d'ufficio, in ragione dei poteri di cui all'art. 473-bis.2 c.p.c., un provvedimento di modifica del precedente provvedimento. Qual è il giudice competente? Il Tribunale per i minorenni, in ragione del secondo comma dell'art. 38 disp. att c.c., considerato che la norma richiama non il tipo di procedimento (irrogazione delle sanzioni) ma l'art. 473-bis. 39 c.p.c oppure il Tribunale ordinario, in base al primo comma dell'art. 38 disp. att. c.c.?
La modifica, in una sorta di eterogenesi dei fini, è destinata a produrre un proliferare di conflitti di competenza.
Poteri del pubblico ministero
La novella ha previsto:
- l'introduzione di un punto 3.bis all'art. 70 c.p.c. (Intervento in causa del pubblico ministero) che dunque oggi recita : "Il pubblico ministero deve intervenire a pena di nullità rilevabile d'ufficio .. 3bis) nellae cause in cui devono essere emessi provvedimenti relativi ai figli minori";
- l'abrogazione del comma 5 della Legge sul divorzio, n. 898/1970 (La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. ll pubblico ministero può, ai sensi dell'art. 72 c.p.c. proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci);
- l'introduzione di un ultimo comma all'art. 473-bis.47 in cui viene trasposto l'abrogato comma 5 della legge divorzile.
La sistemazione dei poteri del pubblico ministero potrebbe indurre a ritenere che lo stesso non abbia (più) il potere di impugnare i provvedimenti ex art. 330/333 c.c. se emessi all'interno dei giudizi di separazione, divorzio, scioglimento dell'unione civile, in quelli riguardanti i c.d. "figli non matrimoniali" e in quelli di modifiche di precedenti provvedimenti.
Forse il decreto correttivo avrebbe potuto essere l'occasione per una sistemazione più organica dei poteri di impugnazione del Pubblico ministero. Giova ricordare che l'attuale impianto era stato pensato in un momento storico in cui prevaleva una netta ripartizione tra il Tribunale per i minorenni, sempre competente per i provvedimenti de potestate, oggi de responsabilitate e Tribunale ordinario. Le continue modifiche (la stragrande maggioranza delle quali assolutamente condivisibili) all'art. 38 disp. att. c.c. avrebbero potuto indurre a un supplemento di attenzione.
In ogni caso, si dovrebbe ritenere assolutamente certo che il Pubblico Ministero, anche dopo la modifica dell'art. 473-bis.47 c.p.c., continui a mantenere il potere di impugnazione dei provvedimenti de responsabilitate, trattandosi di provvedimenti per i quali il PM (sia presso il Tribunale ordinario sia presso il Tribunale per i minorenni) ha autonomo diritto di azione, in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 69 e 70 c.p.c. e 336 c.c.("I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti, del curatore speciale, se già nominato o del pubblico ministero").
In sintesi, le modifiche apportate dal decreto correttivo, anche per quanto risulta dalla Relazione illustrativa, devono leggersi non come limitative dei poteri del Pubblico Ministero ma, semmai come estensive.
La c.d. “parte pubblica” può impugnare dunque:
a) tutti i provvedimenti di accoglimento o rigetto di una misura limitativa o ablativa della responsabilità genitoriale, indipendentemente dal tipo di procedimento (separazione, divorzio, procedimento innanzi al TM) in cui i detti provvedimenti sono emessi;
b) tutti i provvedimenti "economici” qualora ritenuti in contrasto con gli interessi dei figli minorenni o legalmente incapaci.
Entrata in vigore
L'art.7, d.lgs. 164/2024 prevede l'applicazione delle modifiche a tutti i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023. La previsione pone delle criticità quanto alle domande relative alla comunione legale introdotte nel giudizio di separazione ovvero con autonomo ricorso ex art. 473-bis.12 c.p.c., ove nei relativi giudizi sia già stata celebrata la prima udienza. Si tratta di domande che, nella rigida applicazione della riforma, dovrebbero essere dichiarate inammissibili anche se, magari, già istruite. Sul punto, non rimane che attendere i doverosi chiarimenti della giurisprudenza.
In deroga al principio generale fissato dal comma 1, il successivo comma 6, dispone che le norme che disciplinano, dopo il d.lgs. 149/2022, i presupposti e i limiti per l'affidamento del minore al Servizio Sociale, si applichino a tutti i provvedimenti emessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo anche se in procedimenti iniziati prima del 28 febbraio 2023. Una precisazione quanto mai opportuna, onde evitare una disparità di trattamento tra figli minorenni in ragione del diverso momento in cui è iniziato il procedimento nel quale devono essere assunti i provvedimenti che lo riguardano.
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Sommario
Ambito di applicazione (art. 473 bis c.p.c)
Criteri di ripartizione tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni (art. 38 disp. att.c.c.)