Il Tribunale di Firenze si pone in aperto contrasto con la Cassazione, sostenendo che la disposizione che riserva ai servicer iscritti all'albo ex art. 106 TUB l'attività di riscossione dei crediti cartolarizzati abbia natura imperativa e determini l'impossibilità di stare in giudizio dello special servicer, in rappresentanza del master servicer
Massima
L'atto con cui la società veicolo conferisce direttamente la procura per la riscossione dei propri crediti ad una società non iscritta all'alboex art. 106 TUB è affetto da nullità per violazione di norma imperativa, con la conseguenza che la società procuratrice deve ritenersi priva del potere di rappresentanza sostanziale.
Tale nullità si riverbera sul potere di rappresentanza processuale della società incaricata ex art. 77 c.p.c., ma il conseguente difetto di capacità processuale può essere sanato ai sensi dell'art. 182 c.p.c. tramite il conferimento del potere di rappresentanza ad un soggetto regolarmente autorizzato ex art. 106 TUB.
La fattispecie
Ottenuta da una società veicolo in ambito di operazioni di cartolarizzazione un decreto ingiuntivo, questa incaricava dell'attività di recupero del credito una società non iscritta nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B., ma solo autorizzata all'esercizio dell'attività di recupero crediti ai sensi dell'art. 115 del TULPS. Ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo, i debitori proponevano opposizione ai sensi dell'art. 654 c.p.c., eccependo che, non essendo la società procuratrice della titolare del credito iscritta all'albo di cui all'art. 106 T.U.B., la cessione del credito sottostante doveva ritenersi nulla e per l'effetto detta società era da ritenersi priva di capacità di stare in giudizio.
Le questioni affrontate e il contrasto in giurisprudenza
Come è noto, le operazioni di cartolarizzazione (cessione di crediti e nella successiva conversione di tali crediti in titoli negoziabili collocabili sul mercato) possono essere effettuate solo tramite le società veicolo (c.d. SPV, che emettono i titoli sul mercato) di cui all'art. 3 della l. n. 130/1999, iscritte in un elenco tenuto dalla Banca d'Italia.
L'art. 2 della l. n. 130/1999 prevede infatti che, in presenza di credito cartolarizzato, l'attività di cd. servicing, finalizzata al recupero del credito, debba essere svolta solo dalle società vigilate, iscritte all'albo di cui all'art. 106 TUB, preventivamente indicate nell'avviso di cessione pubblicato in G.U. e corrispondenti quindi alle società indicate nei singoli prospetti informativi afferenti ai titoli collocati sul mercato. Accade tuttavia che spessol'attività di recupero crediti devolute alle società vigilate (c.d. master servicer) venga ceduta a società non vigilate, titolari della licenza di cui all'art. 115 TULPS (c.d. special servicer), le quali non sono iscritte nell'albo di cui all'art. 106 TUB; ciò avviene tramite una subdelega del master servicer al sub servicer (detto anche special servicer).
In tal caso, vi è da chiedersi se l'affidamento dell'attività di recupero creditiad una società non vigilata dalla Banca di Italia possadeterminare la violazione dell'art. 2, l. n. 130/1999, il quale ha la finalità di far sì che le attività di riscossione, incasso e pagamento vengano svolti da soggetti in grado di garantire gli interessi e le ragioni dei sottoscrittori.
A tale quesito la giurisprudenza ha dato rispostapositiva, tuttavia dividendosicirca le conseguenzedello svolgimento dell'attività di recupero crediti da parte dello special servicer non iscritto nell'albo di cui all'art. 106 TUB.
Si discute infatti se l'art. 2 citato costituisca una disposizione imperativa inderogabile, ossia una norma posta a presidio di «preminenti interessi generali della collettività» o di «valori giuridici fondamentali», con l'effetto che l'esercizio di una tale attività da parte di un soggetto non iscritto nell'albo in questione è in grado di riverberarsi sulla validità, anche in ambito civilistico, degli atti compiuti da tale soggetto oppure se, al contrario, la norma in discorso attenga semplicemente alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e finanziario.
PRIMO ORIENTAMENTO
SECONDO ORIENTAMENTO
Trib. Alessandria, sez. I, 17 giugno 2024
L'art. 2, l. n. 130/1999 che riserva ai servicer iscritti all'albo ex art. 106 TUB l'attività di riscossione dei crediti cartolarizzati ha naturaimperativa. Tale violazione ha rilievoanche civilistico e determina la nullitàdel contratto, in quanto la norma imperativa che richiede l'iscrizione all'albo degli intermediari exart. 106 TUB è diretta a tutelare gli investitori e gli interessi generali del mercato, di rilievo costituzionale (art. 47 Cost.).
Pertanto, l'atto con cui la società veicolo conferisce direttamente la procura per la riscossione dei propri crediti ad una società non iscritta all'albo exart. 106 TUB deve ritenersi affetta da nullità per violazione di norma imperativa e la società procuratrice risulta priva del potere di rappresentanza sostanziale, non potendo riscuotere i crediti in nome e per conto di quest'ultima. Tale nullità si riverbera sul potere di rappresentanza processuale della società incaricata ex art. 77 c.p.c.
In termini, v. ex multis: Trib. Monza 22 gennaio 2024; Trib. Arezzo, 24 gennaio 2024; Trib. Siena, 1° febbraio 2024; Trib. Torre Annunziata, 15 febbraio 2024; Trib. Modena, sez. III, 26 marzo 2024; Trib. Livorno, 18 dicembre 2023.
Cass. civ., sez. III, 18 marzo 2024, n. 7243
Il conferimento dell'incarico di recupero dei crediti cartolarizzati ad un soggetto non iscritto nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. e i conseguenti atti di riscossione da questo compiuti non sono affetti da invalidità, in quanto l'art. 2, comma 6, l. n. 130/1999 non ha immediata valenza civilistica, ma attiene, piuttosto, alla regolamentazione amministrativadel settore bancario e finanziario, la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri, anche sanzionatori, facenti capo all'autorità di vigilanza e presidiati da norme penali, con la conseguenza che l'omessa iscrizione nel menzionato albo può assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con la predetta autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici.
La soluzione proposta
Il giudice adito, pur consapevole della soluzione patrocinata dal giudice di legittimità, sposa la tesi del rilievo civilistico dell'art. 2, l. n. 130/1999, osservando in primo luogo che la circostanza che la norma citata non stabilisca in maniera espressa la nullità degli atti compiuti in violazione del precetto «non esclude la possibilità di configurare una nullità cd. virtuale, potendo la stessa derivare dal principio generale sancito dall'art. 1418, comma 1, c.c., il quale, prevedendo la nullità per contrasto a norme imperative, fa salvo solo il caso in cui "la legge disponga diversamente"».
Nel caso portato alla sua attenzione, osserva il Tribunale che la norma, in quanto diretta a tutelare gli investitori e gli interessi generali del mercato, riveste carattereimperativo, per cui la sua violazione determina la nullità della procura con cui la società veicolo aveva conferito la procura allo special servicer per la riscossione dei propri crediti e il conseguente difetto di rappresentanza processuale exart. 77 c.p.c., il quale tuttavia può essere sanato ai sensi dell'art. 182 c.p.c. tramite il conferimento del potere di rappresentanza ad un soggetto regolarmente autorizzato ex art. 106 TUB.
Infatti, a differenza di quanto opinato dalla Cassazione, le sanzioni amministrative e penali non appaiono in grado di esaurire «la risposta dall'ordinamento contro l'esercizio dell'attività vietata in quanto non vi è alcuna incompatibilità logica tra le due ipotesi, ben potendo le sanzioni essere cumulabili tra loro». Quindi, secondo il giudice di merito, accanto alla risposta sul piano amministrativo ed eventualmente penale, occorre pertanto affiancare la sanzione civilistica della nullità, quale rimedio che meglio assicura l'effettività della norma in quanto «sono i debitori gli unici soggetti che hanno un interesse, coincidente con quello dell'ordinamento, a far valere eventuali violazioni, esercitando quindi un potere di impulso rispetto ad un controllo di legalità che verrebbe evidentemente meno qualora da tale violazione non vi fosse alcuna conseguenza sul piano civilistico». Difatti, la Banca d'Italia difficilmente potrebbe intervenire non svolgendo un'attività di vigilanza diretta sui soggetti non iscritti e quindi potendo venire solo indirettamente a conoscenza di eventuali violazioni.
Sul punto merita di essere segnalato il Trib. Brindisi, 16 aprile 2024 il quale, ritenendo che la Cassazione si fosse limitata a prendere posizione sulla ipotesi di mancata iscrizione nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. del solo sub servicer, ha disposto un rinvio pregiudiziale alla stessa Suprema Corte, ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c., al fine di sollecitare una nuova pronuncia in merito agli effetti della mancata iscrizione del servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B.
Con il provvedimento del 17 maggio 2024, la prima Presidente della Cassazione, nel dichiarare inammissibileil rinvio pregiudiziale, ha indicato quali punti di riferimento interpretativi per risolvere la questione le pronunce di legittimità Cass. civ., sez. I, 20 febbraio 2024, n. 4427 e la già citata Cass. civ., sez. III, 18 marzo 2024, n. 7243.
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