Cumulo di domande nei giudizi di famiglia e compatibilità dei termini processuali del nuovo rito con il diritto di difesa
25 Novembre 2024
Massima È ammissibile la proposizione in via riconvenzionale della domanda di divorzio nell’ambito del giudizio di modifica di condizioni di separazione, nondimeno la piena cognizione di tale ultima domanda è compromessa dall’attuale disciplina dei termini processuali che regolano il nuovo rito in materia di famiglia, in particolare dal termine a difesa riconosciuto al ricorrente dall’art. 473-bis.17 c.p.c. Deve di conseguenza essere sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 473-bis.17 c.p.c. per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. nella parte in cui non garantisce adeguati termini processuali a difesa. Il Caso Tizia ricorre dinanzi al Tribunale di Genova secondo le norme proprie del nuovo rito in materia di famiglia al fine di ottenere una modifica delle condizioni di separazione stabilite tra la stessa e Caio dal medesimo Tribunale. Nel costituirsi in giudizio Caio propone in via riconvenzionale domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di cui Tizia eccepisce l’inammissibilità in quanto estranea al petitum e alla causa petendi del giudizio principale e, al contempo, solleva dubbi di legittimità costituzionale della riforma tratteggiata dalla riforma di Cartabia del diritto processuale di famiglia nella parte in cui i termini previsti per il deposito delle memorie difensive delle parti comprimerebbero il diritto di difesa a fronte dello svolgimento di domande nuove. La questione A quali condizioni più domande sono cumulabili all’interno del nuovo rito in materia di famiglia? A fronte dello svolgimento di domande riconvenzionali, la nuova disciplina processuale tratteggiata dal d.lgs. 149/2022 garantisce adeguatamente il diritto di difesa di tutte le parti coinvolte rispetto alle domande nuove proposte? Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Genova nella pronuncia in commento ha ritenuto ammissibile il cumulo tra la domanda principale di modifica di condizioni di separazione e la domanda riconvenzionale di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Nel farlo ha richiamato, in primo luogo, i principi generali che regolano la cognizione da parte del giudice della causa principale delle domande riconvenzionali ex art. 36 c.p.c. Il Tribunale genovese ha rilevato, in particolare, che a norma dell'art. 36 c.p.c. la domanda riconvenzionale è cumulabile con quella principale ove si fondi sulla medesima causa petendi, ovverosia sul titolo dedotto in giudizio in via principale o che già appartiene alla causa in via di eccezione. Sotto tale profilo la domanda di divorzio, fondandosi sulla disgregazione del nucleo familiare al pari della domanda di modifica di condizioni di separazione, ne condivide la medesima causa petendi. Nell'ambito di entrambi i giudizi, d'altronde, si discute delle medesime questioni giuridiche relative alla crisi familiare che possono ogni volta essere definite solo rebus sic stantibus. Le due cause, di conseguenza, condividono non solo il titolo ma anche, quanto meno in parte, l'oggetto, sicché tra le domande è ravvisabile anche un'ipotesi di continenza (art. 39 c.p.c.). In secondo luogo, il Tribunale si è soffermato sulle peculiarità del nuovo processo di famiglia introdotto dal d.lgs. 149/2022 e sull'introduzione di un rito unico che vale a superare le criticità legate alla precedente previsioni di riti differenti per i giudizi di modifica di condizioni di separazione o divorzio, di tipo camerale, e quelli di separazione e divorzio, di cognizione, al dichiarato scopo di evitare la pendenza di differenti giudizi aventi ad oggetto accertamenti in parte comuni, con il rischio di dispendio di attività processuale e il possibile contrasto di decisioni. Tanto premesso, il Tribunale genovese si è interrogato circa la compatibilità dei termini processuali del nuovo rito in materia di famiglia, scolpiti all'interno degli artt. 473-bis.14, 473-bis.16 e 473-bis..17 c.p.c., e il cumulo di domande che amplino il thema decidendum. A fronte della proposizione da parte del resistente di una domanda riconvenzionale nei trenta giorni precedenti l'udienza, possibilità ammessa dallo stesso art. 473-bis.16, il ricorrente ha infatti a disposizione soli venti giorni prima dell'udienza, quindi dieci giorni dal deposito della difesa del convenuto, per prendere posizione sulle domande avversarie e modificare in relazione ad esse le proprie domande. Tale termine è stato ritenuto troppo esiguo da parte del Tribunale di Genova in quanto le diverse domande si fondano anche su presupposti di fatto differenti, che richiedono la formulazione di specifiche istanze istruttorie che devono essere precedute da adeguata attività di studio. I termini così definiti finirebbero di conseguenza per comprimere il diritto di difesa e introdurrebbero una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai termini a difesa contemplati dagli altri riti disciplinati all'interno del sistema processual-civilistico. Né sarebbe possibile rimediare a tale irragionevole compressione del diritto di difesa con una interpretazione costituzionalmente orientata alla luce della perentorietà dei termini. Tenuto conto di quanto precede il Tribunale di Genova ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 473-bis..17 c.p.c.per violazione degli artt. 3,24 e 111 Cost. Osservazioni La pronuncia in commento affronta la questione del cumulo di domande all'interno del nuovo rito di famiglia, che ha sollevato un intenso dibattito già tra i primi commentatori della riforma Cartabia. La previsione di un rito unico in materia di famiglia è stata infatti salutata con favore da quanti hanno auspicato che alla semplificazione delle regole processuali potesse corrispondere la trattazione di una pluralità di domande all'interno del medesimo giudizio, nella logica della concentrazione dei tempi processuali e al fine di evitare decisioni contrastanti. Proprio per fare fronte a tali esigenze il legislatore ha espressamente disciplinato il cumulo della domanda di separazione e di quella di divorzio (art. 473-bis.49 c.p.c.), prevedendo la possibilità per entrambe le parti di proporre la domanda di divorzio e le domande ad essa connesse nell'ambito del giudizio di separazione nonché la possibilità di riunione delle diverse domande proposte davanti a Giudici diversi. La tassatività della previsione normativa aveva dato adito a dubbi circa la possibilità di cumulare domande differenti all'interno del medesimo processo, in particolare se la previsione di cui all'art. 473-bis.49 c.p.c. potesse estendersi alle domande congiunte di separazione e divorzio. La Corte di cassazione adita in sede di rinvio pregiudiziale ha chiarito che il cumulo è possibile anche ove le domande siano state introdotte congiuntamente dai coniugi (Cass. 28727/2023), proprio facendo leva sulle esigenze di concentrazione della tutela e di attività processuale che sta alla base della previsione di cui all'art. 473-bis.49 c.p.c. Ma che dire di domande diverse da quelle di separazione e divorzio? Il Tribunale genovese ha affrontato il caso della domanda di modifica di condizioni di separazione e della domanda di divorzio introdotta in via riconvenzionale, risolvendo in senso affermativo la questione. La pronuncia in commento è condivisibile: anche nel silenzio normativo al cumulo di domande vanno applicati i principi generali scolpiti agli artt. 30 ss. c.p.c. e, in particolare, all'art. 36 c.p.c., per cui il giudice competente per la causa principale è competente anche per le domande riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall'attore o che già vi appartiene come mezzo di eccezione. Ragionando in tal modo il cumulo potrà essere esteso anche a domande differenti, si pensi alla domanda di adozione di provvedimenti ex art. 473-bis.39 c.p.c. e alla domanda di divorzio che ben potrebbe essere proposta dal resistente in via riconvenzionale nell'ambito del medesimo giudizio. D'altronde la giurisprudenza è sempre più incline a riconoscere l'ammissibilità del simultaneus processus anche in ipotesi più complesse in cui non vi è nemmeno piena coincidenza tra le parti in causa, come accade nelle azioni di stato (si veda ultimo Cass. civ., sez. un. 8268/2023 che ha mostrato un'apertura rispetto alla proponibilità nel medesimo giudizio dell'azione di disconoscimento di paternità e quella di dichiarazione giudiziale di paternità, ferma restando ai fini della procedibilità di quest'ultima del passaggio in giudicato della sentenza di disconoscimento, secondo un meccanismo non dissimile da quello previsto dall'art. 473-bis.49 c.p.c.). Altro sarà valutare la compatibilità delle scansioni processuali coniate dal legislatore della riforma Cartabia con il diritto di difesa rispetto alle domande nuove cumulate, questione rispetto alla quale occorrerà attendere la pronuncia della Corte costituzionale. Ove la Consulta dovesse ritenere fondate le censure sollevate dal Tribunale ligure naturalmente dovrà demandare al legislatore la revisione di tutti i termini di cui all'art. 473-bis.17 c.p.c. compatibilmente con il termine di 90 giorni che deve intercorrere tra il deposito del ricorso e la fissazione dell'udienza dinanzi al giudice delegato. Diversa questione, cui si può solo fare un breve cenno nella presente sede, è se la medesima esigenza di concentrazione della tutela giurisdizionale consenta di trattare nel rito unico di famiglia anche domande la cui soggezione a tale rito è incerta. Mi riferisco in particolare alla domanda di risarcimento del danno endo-familiare, di scioglimento della comunione legale dei coniugi e di ripartizione delle spese straordinarie dei figli, non espressamente contemplate dall'art. 473-bis.1 c.p.c. che definisce l'ambito di applicazione del rito unico in materia di famiglia. La questione non è priva di rilievo: ove, infatti, le domande di cui precede non siano soggette al rito unico in materia di famiglia è discusso che le si possa trattare all'interno del medesimo procedimento volto, p.e., a pronunciare la separazione personale dei coniugi, dal momento che cause soggette a riti diversi possono essere trattate nel medesimo procedimento solo in caso di connessione c.d. forte (cfr. art. 40 c.p.c.). Al fine di fugare i principali dubbi interpretativi il legislatore ha elaborato il decreto correttivo al d.lgs. 149/2022 prevedendo all'art. 473-bis.1 c.p.c. che siano soggette al rito unico in materia di famiglia le domande di risarcimento del danno conseguente a violazione dei doveri familiari, mentre siano esclusi i procedimenti di scioglimento della comunione legale. La modifica lascia intendere la volontà del legislatore di assoggettare al rito unico di famiglia le sole questioni strettamente attinenti o dipendenti dalle domande principali dedotte nei giudizi di famiglia (separazione e relativo addebito, divorzio, affidamento e mantenimento dei figli etc.), con esclusione di tutte quelle domande che, afferendo solo indirettamente alle domande in esame, non dipendano di medesimi fatti oggetto di accertamento nei giudizi di famiglia in senso stretto e che dovranno essere trattate con il rito ordinario. |