Diritto di prelazione nel project financing: torna alla CGUE la questione concernente la compatibilità della disciplina nazionale con il diritto unionale

26 Novembre 2024

Il Consiglio di Stato rimette alla CGUE la questione pregiudiziale concernente la compatibilità della disciplina nazionale della prelazione, di cui all'art. 183 comma 15 d.lgs. n. 50/2016, con i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli artt. 49 e 56 Tfue, nonché la direttiva n. 2014/23/UE, interpretati alla luce dei principi di proporzionalità, buona amministrazione ed efficienza, e l'art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, per il caso in cui la Corte lo ritenga applicabile.

La questione oggetto del giudizio. La controversia ha ad oggetto una procedura indetta da un Comune e conclusasi con la stipulazione del contratto per la progettazione, fornitura, posa in opera, gestione e manutenzione di servizi igienici pubblici automatizzati.

L'appellante, già soccombente in primo grado, impugna la determina di aggiudicazione in favore del r.t.i. controinteressato, avvenuta a seguito dell'esercizio della prelazione riconosciuta allo stesso in qualità di promotore dell'iniziativa.

La questione giuridica (già oggetto di rimessione alla CGUE con l'ordinanza del Consiglio di Stato 7 giugno 2023, n. 5615, cui seguì l'ordinanza CGUE del 12 dicembre 2023  nella causa C‑407/23, che dichiarò manifestamente irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale) - rilevante in quanto  l'appellante contesta la legittimità della clausola di prelazione al fine di ottenere l'aggiudicazione, avendo presentato la migliore offerta - si impernia sulla clausola di prelazione di cui all'art. 183, comma 15, del d.lgs n. 50/2016 che, nel caso di specie, ha consentito al raggruppamento di ottenere l'affidamento del contratto.

Il ragionamento del Collegio. Il Collegio dubita che il citato art. 183, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016 costituisca puntuale recepimento del diritto europeo e rimette la questione alla CGUE.

La clausola di prelazione, difatti, pur assicurando lo svolgimento di una gara, è idonea a sovvertirne l'esito se il promotore la esercita: il proponente che non risulti aggiudicatario secondo le regole di gara, adeguando la propria proposta a quella individuata come migliore, può infatti risultare aggiudicatario. La prelazione produrrebbe quindi, secondo i giudici, effetti diretti sulla parità di trattamento che informa le gare pubbliche, mettendone in discussione l'essenza.

Inoltre, nella direttiva n. 2014/23/UE, dedicata alle concessioni, tale clausola non viene richiamata né disciplinata. Il Collegio si interroga, dunque, sulle conseguenze desumibili da detta omissione, domandandosi se sia consentito dedurre da ciò che la direttiva osti alla previsione della clausola di prelazione nella legge di gara.

Nondimeno, proseguono i giudici, nell'ordinamento unionale si rinvengono elementi che sembrano avere una ratio analoga a quella dell'istituto in questione, quali: la previsione di una certa flessibilità nel definire e organizzare la procedura di selezione del concessionario; l'individuazione del punto di equilibrio tra tale flessibilità e il principio di parità di trattamento nella trasparenza e nel rispetto delle informazioni diffuse; le informazioni minime riguardanti la natura e l'ambito di applicazione della concessione ma anche la limitazione del numero di candidati; le norme di carattere generale necessarie per garantire parità di trattamento, che possono fare riferimento a fattori di carattere non puramente economico ma tali da influenzare il valore di un'offerta dal punto di vista dell'amministrazione, così da permettere di individuare un vantaggio economico globale per l'amministrazione; la positiva considerazione dell'inclusione, tra i criteri di aggiudicazione, di fattori ambientali, sociali o relativi all'innovazione; la rilevanza della comunicazione non discriminatoria delle informazioni che possano avvantaggiare determinati candidati o offerenti rispetto ad altri ai fini del rispetto del principio di parità di trattamento; la possibilità, infine, per l'amministrazione che riceva un'offerta che propone una “soluzione innovativa”, di modificare, in via eccezionale, l'ordine dei criteri di aggiudicazione per tenere conto di tale soluzione innovativa.

D'altra parte, osserva il Collegio, il principio di proporzionalità postula, quale principio generale, che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni non vadano oltre quanto è necessario per conseguire gli obiettivi previsti dalla medesima direttiva, con la conseguenza che le restrizioni alla libertà economica sono ammissibili se funzionali alla realizzazione della concorrenza (per il mercato).

Infine, vengono altresì in rilievo i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli artt. 49 e 56 del TFUE, per gli incisivi effetti della prelazione sulla parità di trattamento e sull'essenza delle gare pubbliche, che chiamano in causa i principi in nome dei quali la direttiva la impone e per la mancanza di una specifica disposizione di riferimento all'interno della direttiva, che può rendere rilevante il vaglio dell'istituto anche alla luce dei principi sovraordinati.

Conclusioni. La prelazione, quindi, promuovendo le proposte del privato nei confronti dell'attività pubblica, costituisce attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118 Cost.) ed è espressione di una modalità di cooperazione che può rendere più efficace, in termini di tempo e risorse, la realizzazione degli interessi pubblici, promuovendo un rinnovamento dell'amministrazione anche attraverso l'acquisizione di expertise proveniente dal settore privato.

Nondimeno, essa potrebbe risultare inidonea a conseguire lo scopo o comunque risultare sproporzionata, potendosi ipotizzare sistemi che, pur premiando l'iniziativa, producano effetti meno incisivi per la gara.

La disciplina italiana di cui all'art. 183 comma 15 del d. lgs. 50/2016, pur premiando l'iniziativa del privato che si assume l'onere di formulare una proposta senza conoscerne in anticipo i rischi e l'esito, nondimeno:

- garantisce l'aggiudicazione al promotore, anche se l'offerta migliore è stata presentata da altro candidato;

- non premia necessariamente il soggetto che ha presentato l'offerta preferibile per l'amministrazione;

- non delimita l'ambito di applicazione dell'istituto, richiedendo che l'oggetto del contratto in gara abbia caratteristiche volte a circoscrivere l'utilizzo dell'istituto, che non siano limitate alla tipologia di finanziamento e alla rispondenza all'interesse pubblico;

- non presuppone il carattere innovativo della proposta, in termini di caratteristica intrinseca dell'oggetto della proposta o di novità dello stesso rispetto alla precedente attività svolta dall'amministrazione;

- non richiede una trasparenza iniziale in ordine alla posizione privilegiata del promotore, dal momento che la prelazione è resa nota con l'avvio della gara successiva alla presentazione della proposta, mentre la posizione privilegiata trova causa in una condotta che precede detta comunicazione;

- difetta di garanzie e moduli procedimentali in caso vi siano più promotori che presentano una proposta (circostanza che non ricorre nel caso di specie ma che è indicativa della disciplina dell'istituto).

Per tale ragione, il Collegio chiede alla CGUE se i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi e la direttiva 2014, interpretati alla luce dei principi di proporzionalità, buona amministrazione ed efficienza, ostino alla disciplina della clausola di prelazione contenuta nell'art. 183 comma 15 del d.lgs. 50/2016.

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