Albo pretorio online: no alla pubblicazione di informazioni personali del dipendente pubblico

02 Dicembre 2024

Non è possibile pubblicare sul sito istituzionale le delibere integrali relative ad un rapporto di lavoro unitamente ad atti e documenti contenenti informazioni personali. Se il dipendente pubblico contrariato propone un reclamo, infatti, scatta certamente una sanzione.

Lo ha ribadito il Garante per la protezione dei dati personali con il provvedimento n. 612 del 17 ottobre 2024.

Un impiegato comunale cessato dal servizio ha presentato censure all'Autorità in conseguenza dell'avvenuta pubblicazione all'albo pretorio di tutte le delibere relative alla complessa conclusione formale del suo rapporto di lavoro. Il Garante ha avviato un'istruttoria che si è conclusa con l'applicazione di una pesante sanzione amministrativa. La disciplina di protezione dei dati personali, specifica il provvedimento, «prevede che i soggetti pubblici, nell'ambito del contesto lavorativo, possono trattare i dati personali degli interessati, anche relativi a categorie particolari, se il trattamento è necessario, in generale, per la gestione del rapporto di lavoro e per adempiere a specifici obblighi o compiti previsti dalla legge o dal diritto dell'unione o degli stati membri (…). Il datore di lavoro, titolare del trattamento, è, in ogni caso, tenuto a rispettare i principi generali in materia di protezione dei dati personali e deve trattare i dati mediante il personale autorizzato e istruito in merito all'accesso e al trattamento dei dati.» Ma trattare i dati correttamente non significa diffonderli liberamente sul web.

Con riguardo alla base giuridica che avrebbe giustificato la diffusione dei dati personali del reclamante, prosegue il collegio, «il comune non ha comprovato l'esistenza di una specifica norma di legge che obblighi l'ente a pubblicare atti e documenti quali, tra gli altri, le dimissioni volontarie del reclamante e le conseguenti determinazioni derivanti dalla richiesta dell'interessato del riconoscimento dei giorni di congedo ordinari non fruiti dallo stesso.» Al riguardo va ricordato che il Garante, in più occasioni, ha chiarito che anche la presenza di uno specifico regime di pubblicità, non può comportare alcun automatismo rispetto alla diffusione online dei dati e informazioni personali, né una deroga ai principi in materia di protezione dei dati personali. In numerose decisioni in merito agli obblighi derivanti dall'art. 124, d.lgs. n. 267/2000, invocato dal comune, l'Autorità ha ribadito che anche alle pubblicazioni nell'albo pretorio online si applicano tutti i limiti previsti dai principi della protezione dei dati con riguardo alla liceità e alla minimizzazione dei dati. In ogni caso si evidenzia una diffusione ben oltre il termine dei 15 giorni previsto dalla normativa invocata e pertanto, anche nel caso in cui vi fosse stata una norma che stabilisse la pubblicazione dei predetti documenti ai sensi dell'art 124 sopra richiamato, una volta trascorso il periodo previsto per la pubblicazione il comune non avrebbe comunque potuto continuare a diffondere i dati personali in essi contenuti.

Con riferimento al richiamo agli obblighi di trasparenza di cui al d.lgs. 33/2013, si osserva, preliminarmente, che la pubblicazione delle delibere in questione è avvenuta nella sezione «albo pretorio» del sito web istituzionale del comune e non, invece, in quella «amministrazione trasparente», essendo, pertanto, tale richiamo normativo inconferente rispetto ai fatti oggetto di reclamo.

In particolare, nessuna delle previsioni del d.lgs. 33/2013 impone la pubblicazione di informazioni riguardanti le vicende riferite alla cessazione del rapporto di lavoro del reclamante con il comune e delle conseguenti determinazioni, oggetto del presente procedimento. A conferma di quanto sopra richiamato si rappresenta, inoltre, che le disposizioni in materia di trasparenza dell'azione amministrativa, invocate dal comune, non sono sufficienti a garantire la legittimità della pubblicazione dei predetti atti in quanto il comune, qualora avesse voluto pubblicare le delibere in esame, che non aveva l'obbligo di pubblicare, avrebbe dovuto, sin da subito, «disporre la pubblicazione nel proprio sito istituzionale di dati, informazioni e documenti […] procedendo alla indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti.»

Dai documenti pubblicati in chiaro emergono anche dati particolari come la possibile adesione dell'interessato ad un sindacato. E ciò - a parere dell'estensore del provvedimento - aggrava ulteriormente l'illiceità del trattamento, conclude il collegio.

Fonte: (Diritto e Giustizia)

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