Il disconoscimento della prova telematica
18 Dicembre 2024
Massima Il disconoscimento ai sensi dell'art. 2719 c.c. della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata, previsto dall'art. 215, comma 1, n. 2 c.p.c.: infatti, mentre in quest'ultimo caso la mancanza di verificazione preclude l'utilizzo della scrittura, la contestazione circa la “non conformità all'originale”, di cui all'art. 2719 c.c., non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia prodotta rispetto all'originale, ricorrendo ad altri mezzi di prova ivi comprese le presunzioni. Il caso Nel caso di specie la parte ricorrente in cassazione lamentava che le prove documentali prodotte da controparte nei giudizi di merito fossero state allegate senza l'attestazione di conformità all'originale e, per tale motivo, non avrebbero potuto formare oggetto di prova. Più precisamente, veniva contestata una lettera contenente le sottoscrizioni di oltre settecento genitori di studenti di una scuola di Firenze che sarebbero state illeggibili e comunque non autenticate. Sia in primo che in secondo grado i giudici avevano ritenuto ammissibile il documento, benchè sprovvisto di attestazione di conformità all'originale, poiché, la sua autenticità avrebbe dovuto eventualmente essere contestata nelle modalità di cui all'art. 2719 c.c., ossia, con un'argomentazione chiara e univoca circa gli aspetti che avrebbero fatto dubitare della sua autenticità. Al contrario, secondo il ricorrente in cassazione, la lettera avrebbe dovuto essere accompagnata da un'attestazione di conformità all'originale, rilasciata dal difensore, secondo le regole che disciplinano il processo civile telematico. La questione Le prove documentali, prodotte su file in un giudizio introdotto in via telematica, devono essere sempre accompagnate da una attestazione di conformità all'originale? Quando è necessaria l'attestazione di conformità? La soluzione giuridica In primo luogo, un punto fermo: in tema di prova documentale, il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell'art. 2719 c.c., impone che la contestazione della conformità delle copie all'originale venga compiuta mediante una dichiarazione che evidenzi - in modo chiaro ed univoco - sia il documento che si intende contestare sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all'originale. Non sono, infatti, sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni. In mancanza di ciò, la contestazione è inefficace. Secondo la Corte, tale principio ha carattere generale e non v'è ragione per non estenderlo ai casi in cui il documento contestato sia stato depositato su file e riproduca un documento che in origine era analogico. Siffatta ricostruzione trae diretta origine dalla lettera delle norme in gioco, prima fra tutti l'art. 22 commi 3 e 4, d.lgs. n. 82/2005, applicabile ratione temporis, secondo cui: “le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all'art. 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all'originale non è espressamente disconosciuta. Le copie formate dai sensi dei commi 1,2,3 sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali formati in origine su supporto analogico e sono idonea ad assolvere gli obblighi di conservazione previsti dalla legge salvo quanto previsto dal comma 5.” Si tratta di disposizioni perfettamente in linea con l'art. 2712 c.c. secondo cui: “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.” Del resto, l'attestazione di conformità è richiesta con riguardo agli atti processuali di parte o del giudice (così art 16-decies d.l. n. 179/2012 convertito con modificazioni dalla l. n. 221/2012) e non ai documenti telematici in genere. Ciò significa che per le copie di atti che, ad esempio, sono destinati a provare o negare i fatti posti a fondamento delle domande trovano applicazione le ordinarie regole stabilite dal giudice civile in tema di efficacia contestazione e riconoscimento delle scritture private e degli atti pubblici. Il ricorso viene quindi rigettato. Osservazioni Con la sentenza n. 26200/2024, la Corte di Cassazione conferma l'ormai consolidato orientamento in tema di disconoscimento/contestazione in giudizio di prove documentali prodotte su formati fotostatici o su file, richiamando esplicitamente i principi già individuati con la sentenza n. 1324/2022. Le norme rilevanti sull'essenza delle prove documentali, su file, non parlano di “necessaria attestazione di conformità all'originale”, come preteso dal ricorrente, ma solo di “disconoscimento puntuale della documentazione prodotta”; pertanto non v'è la necessità di allegare una prova documentale attestante la sua conformità all'originale. D'altro canto, se si tornasse a ragionare come nell'era del processo “pre-telematico” a nessuno verrebbe in mente di allegare alla fotocopia di una prova documentale un'attestazione di conformità all'originale. Per essere più precisi e fugare ogni dubbio, si potrebbero delineare due ipotesi: il caso di allegazione di un documento - sic et simpliciter - teso a provare circostanze poste a fondamento della domanda (fotografie, contratti, e-mail ecc.) oppure il caso di allegazione di un documento che svolge una funzione essenziale per l'instaurazione, lo svolgimento e la definizione del giudizio (come, ad esempio, la copia della sentenza impugnata in un giudizio di appello). Seguendo il ragionamento della Corte, si avrebbero questi risultati:
La sentenza in commento appare ancorata, oltre che alle norme, alla pratica processuale e di difesa. |