La dichiarazione di adottabilità del minore e l’attualità della verifica sulle criticità genitoriali, quale presupposto necessario
Stefania Tonini
05 Dicembre 2024
Con l’ordinanza n. 27999 del 30 ottobre 2024, la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della necessità di accertare, prima dell’eventuale interruzione di ogni rapporto fra il figlio e la propria famiglia biologica, se sia stata attuata una verifica completa e all’attualità delle condizioni di criticità dei genitori biologici e dei familiari entro il quarto grado disponibili a prendersi cura del minore, e con quale tempistica siano stati approntati gli interventi miranti a fornire un adeguato supporto di recupero della genitorialità. Il provvedimento fornisce lo spunto all’Autore per analizzare, anche ripercorrendo i precedenti giurisprudenziali in materia di adozione di minori d’età, lo stato dell’arte della giurisprudenza, che ha visto dispiegarsi un’evoluzione in senso possibilista e favorevole alla conservazione dei rapporti familiari nell’ottica del perseguimento del migliore interesse del minore, passando dall’adozione piena, a quella di adozione c.d. mite, sino alla più recente ipotesi di adozione piena “aperta”.
Il quadro normativo
Com'è noto, l'istituto dell'adozione di minori d'età, preceduto dalla l. n. 431/1967 sull'adozione speciale, è stato disciplinato dalla l. n. 184/1983, parzialmente modificata dalla l. n. 149/2001, recante misure sull'adozione e sull'affidamento dei minori. Merita, altresì, menzione la l. n. 476/1998 che ha disciplinato l'adozione di minori stranieri; -la ratifica della Convenzione dell'Aja del 1993, in merito alla protezione dei minori e alla cooperazione tra Paesi in materia di adozione internazionale; -l'istituzione dell'organismo nazionale di riferimento e controllo delle adozioni internazionali, C.A.I., al fine di stroncare il traffico di bambini e bambine.
I principi fondamentali sanciti dalla legge n. 184/1993, in merito ai diritti dei minori, sono il risultato di un ripensamento persino nel titolo della legge stessa (“Diritto del minore ad una famiglia”), come modificato dalla l. n. 149/2001:
Ogni bambino ha il diritto di essere amato, di crescere ed essere educato nella propria famiglia e nel proprio paese di origine.
Quando un bambino risulta solo o privo delle cure psicofisiche indispensabili alla sua crescita ha il diritto ad una nuova famiglia.
Qualsiasi provvedimento deve tenere in considerazione il supremo interesse del minore ed essere assunto dopo aver espletato tutti i possibili interventi di sussidiarietà.
L'adozione, recita l'art. 7 della legge n. 18471983, «è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di abbandono», che sono quei minori (art. 8) «perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio». La forza maggiore viene meno se i genitori o gli altri parenti tenuti ad occuparsi del minore rifiutano le misure di sostegno offerte di servizi sociali e se tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato.
Questo apparato di norme è il fulcro del sistema e contiene in sé l'esplicazione dei diritti e dei doveri per i genitori nell'esercizio della responsabilità genitoriale e dei diritti dei minori a vedere preservato il diritto a vivere in una famiglia, preferibilmente la propria, o in una nuova famiglia in determinate condizioni.
Ma che cosa accade nell'ipotesi in cui qualcosa non funziona, se cioè non siano stati approntati tutti gli strumenti utili a scongiurare l'uscita del minore dalla propria famiglia d'origine? Se rimangono vivi significativi legami familiari? Se la frattura completa delle relazioni non corrisponda al superiore interesse per quel minore?
La giurisprudenza della Cedu
La Corte EDU, dal famoso caso Zhou c. Italia (ricorso n 33773/11, sentenza 21 gennaio 2014), sulla dedotta violazione dell'art 8 CEDU, in forza del quale «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare» ed è inoltre prevista una limitazione all'ingerenza dell'autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto, è più volte intervenuta affermando, in materia di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore:
che la decisione di recidere i legami familiari deve essere preceduta da una valutazione delle capacità di svolgere il proprio ruolo di genitore e dall'attuazione di misure di sostegno e di assistenza volte al superamento delle difficoltà, in modo da preservare i legami familiari (così, di recente, CEDU sez. I, 20 gennaio 2022, (n. 60083/19) D.M. ed N. c. Italia);
che la misura drastica dell'adozione piena, quale extrema ratio, sia preferibile o comunque necessaria, escludendo così il ricorso a soluzioni alternative, qualora risulti essere la scelta più tutelante e corrispondente all'interesse superiore del minore. L'ingerenza nella vita familiare deve essere proporzionata allo scopo legittimo perseguito. Diversamente, si deve ritenere che non sia stata sufficientemente valutata la proporzione della gravità dell'ingerenza rispetto alle garanzie di tutela e agli interessi sottostanti, dei genitori e del minore, in violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
Sulla base di tali principi, lo Stato italiano è stato più volte sanzionato, da qui l'attenzione che la giurisprudenza nostrana è invitata a porre, adeguando il proprio orientamento nel senso di una maggiore aderenza ed effettività a tali diritti.
Pronunce della consulta e recenti orientamenti giurisprudenziali
L'interruzione dei rapporti del minore con la famiglia d'origine e delle conseguenze da essa derivanti e l'adozione in casi particolari sono state oggetto, di recente, di due pronunce della Corte Costituzionale, precisamente nel 2022 (Corte Cost. n. 79/2022 ) e nel 2023 (Corte Cost. n. 183/2023), mentre nel 2024 con riguardo all'adozione di maggiorenne (Corte Cost. n. 5/2024), in tutte e tre valorizzando quello che è stato denominato il c.d. “principio personalista”, nel senso che la sfera dei poteri pubblici debba essere a servizio della persona, intesa non solo come singolo individuo, ma anche in relazione con gli altri. Per quanto qui d'interesse, la sentenza Corte Cost. n. 183/2023 enuncia il principio secondo il quale, nonostante la non fondatezza della incostituzionalità dell'art. 27, comma 3, l. 184/1983, laddove la questione sollevata riteneva l'articolo in questione produrre una disparità di trattamento ingiustificata tra l'istituto dell'adozione “piena” e quello dell'adozione in casi particolari di cui all'art. 44 e ss. l. 184/1983, tuttavia riconosce la possibilità per i giudici di valutare la situazione caso per caso del singolo minore, al fin di poter prevedere, nel suo superiore interesse, il mantenimento delle relazioni con uno o con alcuni membri della famiglia d'origine.
Il tema è particolarmente sentito anche dalla giurisprudenza di legittimità, che ha recentemente affermato:
che la dichiarazione di adottabilità del minore costituisce una "extrema ratio" che si fonda sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale, da compiersi tenendo conto che il legislatore, all'art. 1 l. n. 184/1983, ha stabilito il prioritario diritto del minore di rimanere nel nucleo familiare anche allargato di origine, quale tessuto connettivo della sua identità; (Cass. n. 24717/2021);
che il prioritario diritto dei minori a crescere nell'ambito della loro famiglia di originenon esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l'impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli, e non risulti possibile prevedere con certezza l'adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l'esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica (cfr. Cass. n. 21554/2021 e Cass. n. 16357/2018, entrambe richiamate, in motivazione, dall'ancor più recente Cass. n. 40495/2021);
che, nell'ipotesi di adozione mite, l'eventuale segretezza delle identità dell'adottando, dell'adottante e della famiglia d'origine, può essere disposta solo ed esclusivamente nell'interesse del minore, quindi a fronte di una giustificazione giuridica che affondi le radici in una valutazione specifica del caso. (Cass. n. 10278/2024);
che in tema di dichiarazione di adottabilità, l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 27, comma 3, l. n. 184/1983, di cui alla sentenza della Corte cost. n. 183/2023, impone al giudice di valutare se la cessazione delle relazioni socio-affettive con la famiglia biologica, in conseguenza della rottura del legame giuridico-parentale, sia in concreto conforme all'interesse del minore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in sede di dichiarazione di adottabilità, aveva consentito che non venissero recisi i rapporti dei minori con la madre e la nonna, in ragione del legame affettivo emerso all'esito della c.t.u.) (Cass. n. 11138/2024).
L'ordinanza della cassazione n. 27999/2024
Con questa pronuncia, la Suprema Corte si inserisce nel solco dei precedenti giurisprudenziali che, come si è visto, si sono uniformati alla giurisprudenza sovranazionale, nel senso di non potersi prescindere dalla verifica della sussistenza dei requisiti confermativi e attuali per affermarsi lo stato di adottabilità e, dunque, la recisione radicale dei rapporti familiari con la famiglia biologica, nel perseguimento del superiore interesse del minore e a tutela del suo effettivo ed armonioso benessere psico-fisico.
La fattispecie, di cui si è occupata la Corte con il provvedimento in esame, riguardava il caso di un accertamento dello stato di adottabilità effettuato dal Tribunale per i minorenni di Catania, in considerazione del grave degrado in cui vivevano tre minori e dell'incapacità dei genitori di occuparsi del loro accudimento, in quanto la madre affetta da epilessia e ritardo mentale medio e il padre in situazione di grave disagio per la perdita del lavoro, dell'alloggio e di riferimenti familiari. Il Tribunale, in ragione della ritenuta scarsa affidabilità della coppia genitoriale e della incapacità di adeguata progettualità del padre, dopo avere acquisito nelle more del processo le relazioni dei Servizi Sociali, una approfondita inchiesta sociale riguardo ai nonni materni da parte del Servizio NPI, il deposito della CTU, l'audizione delle famiglie affidatarie, una integrazione peritale della situazione dei minori, dichiarava il loro stato di adottabilità, per la scarsa consapevolezza da parte dei genitori della complessità della situazione dei bambini. La Corte d'appello di Catania confermava la sentenza del Tribunale per i minorenni, ritenendo di non dovere disporre una rinnovazione della CTU e, dunque, sulla scorta delle risultanze istruttorie acquisite nel procedimento di primo grado, riteneva provato lo stato di abbandono, anche in considerazione dell'irreversibilità dell'incapacità del padre di svolgere adeguatamente il proprio ruolo genitoriale.
Impugnata la sentenza dal padre dei minori, la Suprema Corte si è pronunciata, affermando:
Le indagini psico-sociali: secondo il consolidato orientamento della Corte di legittimità, «in tema di adozione del minore, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto della positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori (tra le tante da ultimo Cass. 4002/2023)».
Irrecuperabilità della idoneità genitoriale: la dichiarazione di adottabilità di un minore, inoltre, poiché costituisce una extrema ratio, deve fondarsi «sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale, da compiersi tenendo conto che il legislatore, all'art. 1 l. n. 184 del 1983, ha stabilito il primario diritto del minore di rimanere nel nucleo familiare anche allargato di origine, quale tessuto connettivo della sua identità».
Approfondimento, completezza e attualità delle condizioni di criticità: la natura non assoluta, ma bilanciabile, del diritto del minore, «impone un esame approfondito, completo e attuale delle condizioni di criticità dei genitori e dei familiari entro il quarto grado disponibili a prendersi cura del minore e delle loro capacità di recupero e di cambiamento».
Interventi di recupero e supporto adeguati anche al contesto socioculturale di riferimento: in conformità alla più recente giurisprudenza (Cass. 24717/2021), la Suprema Corte ribadisce che si deve «prioritariamente tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o di disagio familiare» e solo quando, a seguito del fallimento del tentativo, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di crescere in uno stabile contesto familiare, è legittima la dichiarazione di adottabilità (tra le tante, Cass. 3059/2022; Cass. 20948/2022).
Fatti gravi e ipotesi di situazioni psicologica e/o fisica grave e non transitoria del genitore: inoltre, occorre accertare la sussistenza di reiterati comportamenti gravi e pregiudizievoli per il minore, che siano indicativi di una incapacità genitoriale in concreto non recuperabile, poiché è risultato infruttuoso il ricorso a tutte le misure assistenziali e di sostegno disponibili. Nelle ipotesi di eventuale disturbo o di “carenze personologiche” del genitore, anche se quest'ultimo è ispirato da sentimenti di amore sincero e profondo ma è inidoneo ad assumere la piena responsabilità genitoriale, si deve guardare ai danni irreversibili che possono derivare allo sviluppo e all'equilibrio psichico del minore, carenze tali «che non siano in alcun modo emendabili con adeguate misure di sostegno».
Misure alternative all'adozione piena. La Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso del padre dei minori nei limiti comunque dei motivi indicati in sentenza, perviene alla remissione della causa al giudice del merito di secondo grado, in diversa composizione, al quale demanda il compito, se del caso, di accertare se l'interesse del minore a non vedere recisi i legami con il genitore biologico debba prevalere o meno rispetto al quadro deficitario delle sue capacità genitoriali «potendosi prevedere, almeno in via temporanea, un regime di affidamento extrafamiliare, potenzialmente sostituibile da un'adozione ex art. 44.lett. d) l. n. 184/1983 (così Cass 28371/2022; Cass. 10278/2024 e Cass. 11138/2024, in tema di recisione dei legami familiari in ipotesi di adozione legittimante)».
In conclusione
Non si può non ravvisare, a parere di chi scrive, come nella giurisprudenza qui trattata il delicatissimo diritto del minore alla propria identità, al bilanciamento fra la permanenza nella propria famiglia d’origine, pur in presenza di fragilità dei propri genitori, o l’esigenza di tutelarlo inserendolo in un nuovo nucleo familiare, sino alla conservazione dei rapporti e dei legami familiari in ipotesi di adozione piena ma aperta o di adozione mite, si avverta un dato ineluttabile: come è cambiato nel corso di questi anni l’istituto della famiglia, così è cambiato l’istituto dell’adozione.
La riflessione del giurista non può prescindere neppure dal dato offerto dalla statistica, che descrive un calo delle adozioni piene e un aumento delle adozioni in casi particolari, quest’ultimo modello sempre più preferito dall’autorità giudiziaria, in un’ottica di rafforzamento e di salvaguardia delle relazioni socio - affettive con i componenti della famiglia d’origine, finendo per smantellare il modello granitico dell’adozione piena, per aprire le porte delle famiglie verso modelli più rispondenti al diritto e agli interessi del minore.
La prudenza, sembra potersi concludere, con la quale i Giudici che si occupano dell’adottabilità dei minori istruiscono i processi, va in quella direzione.
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