PTT: scambio di comunicazioni tra le parti a mezzo PEC
Daniela Mendola
20 Dicembre 2024
Con la digitalizzazione del processo tributario è previsto che la PEC sia domicilio digitale eletto per tutte le comunicazioni, in sostituzione del domicilio fisico. Tuttavia, l'atto irritualmente notificato non è nullo se ha comunque prodotto il risultato di conoscenza a cui è preposto, secondo il principio di raggiungimento dello scopo.
Introduzione. Il domicilio digitale
Con la digitalizzazione del processo tributario le comunicazioni avvengono tramite l'indirizzo di posta elettronica certificata. Quest'ultima rappresenta il domicilio digitale eletto (che ha sostituito il domicilio fisico) presso il quale devono essere effettuate tutte le comunicazioni.
È pur vero che, per prassi giurisprudenziale, l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo PEC non ne comporta la nullità, se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale, atteso che in tema di notifiche digitali, la previsione dell'utilizzo di un determinato indirizzo di posta è richiesta solo per l'individuazione dell'indirizzo del destinatario e non per il mittente (Corte Giustizia Trib. II grado, Milano, sez. II, 2 agosto 2024, n. 2217).
Quanto detto sta a significare che opera il c.d. principio del raggiungimento dello scopo da cui deriva la conservazione dell'atto giuridico in quanto, nonostante non siano state rispettate le formalità richieste dalla legge, esso ha prodotto ugualmente i suoi effetti.
Le comunicazioni devono avvenire mediante gli indirizzi di posta elettronica certificata contenuti all'interno dei pubblici registri. Come asserito dalla giurisprudenza, l'atto notificando deve essere inviato all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC, cfr. Corte Giustizia Trib. II grado Roma, sez. III, 22 maggio 2023, n.3043).
Sulla validità o meno delle comunicazioni effettuate non avvalendosi degli indirizzi resi pubblici, appare ancora ondivaga la giurisprudenza. Di recente la Corte di Giustizia Tributaria di Milano, con la sentenza n. 4405 (depositata l'8 novembre 2024) ha considerato “inesistente” la notifica effettuata ad un indirizzo PEC non contenuto nei pubblici elenchi, in controtendenza da quanto asserito in precedenza dalla Corte di Cassazione (ord. n.19677/2024).
Al di là della suddetta quaestioiuris, occorre evidenziare che se il destinatario della notifica ha eletto domicilio in luogo fisico, oltre a quello digitale, le due alternative concorrono, e, quindi, anche laddove la parte abbia solamente eletto domiciliazione fisica, la domiciliazione digitale, pur non impedendo l'utilizzo della prima, per espressa volontà legislativa rimane sempre una possibilità che può essere esperita, con tutte le conseguenze che la notifica eseguita presso tale recapito comporta alla parte destinataria (Cass. civ., 14 dicembre 2021, n. 39970).
L'indirizzo PEC ufficiale sarebbe obbligatorio solo per il contribuente, secondo quanto previsto dalla giurisprudenza, a tenore della quale, in tema di processo tributario telematico, se, ai sensi dell'art. 26, comma 2, d.P.R. n. 602/1973, la notifica della cartella di pagamento può essere eseguita all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi PEC, nulla è espressamente previsto in merito all'indirizzo dell'ente emittente, in relazione al quale nessuna norma giuridica stabilisce la nullità della notificazione da parte dell'amministrazione finanziaria in quanto proveniente da un indirizzo PEC non risultante dai pubblici registri (Corte Giustizia Trib. I grado Milano, sez. II, 13 marzo 2023, n.869).
Violazione delle disposizioni e liquidazione delle spese
L'art. 17-ter d.lgs. n. 546/1992, prevede che gli atti debbano essere redatti in modo chiaro e sintetico.
Si tratta di una previsione generale che tiene conto della necessità di agevolare gli organi di giustizia tributaria alla lettura degli atti e, di conseguenza, ad addivenire ad una più rapida decisione.
A differenza degli anni passati ove la sottoscrizione con firma digitale rappresentava una eccezione, attualmente, il comma 2 dell'art. 17-ter prevede che “tutti gli atti e i provvedimenti del giudice tributario, dei suoi ausiliari e quelli delle segreterie delle Corti di Giustizia Tributaria, nonché gli atti delle parti e dei difensori sono sottoscritti con firma digitale”. Ne deriva che ogni difensore debba munirsi di una firma digitale.
Al fine di responsabilizzare le parti del processo all'utilizzo dei mezzi di comunicazione digitale l'art. 17-ter, d.lgs. n. 546/1992, ha previsto conseguenze anche sotto il profilo della liquidazione delle spese processuali qualora le previsioni in tema di uso di strumenti digitali non vengano rispettate. A tal proposito si prevede che la liquidazione delle spese di giudizio debba tenere conto della violazione ad opera dei difensori delle parti delle previsioni concernenti il deposito degli atti e le notifiche di cui al comma 4-bis dell'art. 16-bis d.lgs. n. 546/1992 che impone di sottoscrivere gli atti mediante la firma digitale.
Si tratterebbe, allora, di una sanzione che non colpirebbe la natura dell'atto, bensì un profilo meramente processuale, quale è, appunto, quello attinente le spese processuali.
L'art. 16-bis d.lgs. n. 546/1992, è rubricato “Comunicazioni, notificazioni e depositi telematici” e prevede testualmente al comma 1 che le comunicazioni siano effettuate mediante posta elettronica certificata ai sensi del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
L'indirizzo di posta elettronica deve essere indicato all'interno del ricorso o del primo atto difensivo.
Ne consegue che ogni variazione dell'indirizzo PEC debba essere comunicato tempestivamente dall'interessato.
Il comma 2 dell'art. 16-bis d.lgs. n. 546/1992, prevede una clausola di salvezza laddove prescrive che in assenza di indicazione dell'indirizzo PEC ovvero qualora questo non sia reperibile nei pubblici elenchi ovvero qualora il messaggio non possa essere consegnato per causa imputabile al destinatario le comunicazioni sono eseguite mediante deposito nella segreteria della Corte di Giustizia tributaria di primo e secondo grado.
La regolarizzazione delle violazioni e la sanzione della nullità
La mancata sottoscrizione dell'atto con firma digitale determina la nullità dell'atto. L'ordinamento giuridico, pertanto, infligge la sanzione più grave in considerazione della gravità della violazione. La mancata sottoscrizione con firma digitale equivale alla mancanza di firma che, generalmente, cagiona la nullità di un atto.
Trattandosi, tuttavia, di nullità permane la possibilità che il vizio sia sanato dal raggiungimento dello scopo (se fosse stato sanzionato con l'inesistenza non sarebbe stato sanabile, cfr. Cass. civ., sez. II, 13 giugno 2023, n. 16778).
Prevale, dunque, l'interesse alla conservazione dell'atto in luogo della sua rimozione dal mondo giuridico. Il comma 3 dell'art. 17-bis d.lgs. n. 546/1992 contiene un'altra clausola di salvezza laddove prevede che, qualora, non siano state rispettate le norme tecniche del processo tributario telematico, le parti sono tenute alla regolarizzazione entro il termine perentorio stabilito dal giudice.
Conclusioni
Quanto suesposto dimostra che è necessario sempre operare sulla base di un bilanciamento di interessi. Come nel caso della violazione delle disposizioni normative che prescrivono l'uso dello strumento digitale. Non sarà “invalidato” l'atto privo della firma digitale qualora abbia raggiunto il suo scopo.
Quanto detto si pone in linea anche con l'obiettivo del processo di dematerializzazione del processo tributario che è, appunto, quello di efficientare e di ridurre i tempi. Sicché la sanzione della nullità rischierebbe, invece, di “aggravare” il processo tributario. La digitalizzazione apre a scenari nuovi che pur non pregiudicando gli strumenti tradizionali prediligono l'utilizzo di quelli propri della digital era, ma ciò non deve comportare come conseguenza la violazione di quei principi che ormai sono acquisiti dal nostro ordinamento, quale è quello di conservazione degli atti giuridici.
Vuoi leggere tutti i contenuti?
Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter continuare a
leggere questo e tanti altri articoli.
Sommario
La regolarizzazione delle violazioni e la sanzione della nullità