Il contraddittorio cartolare coatto nel periodo dell'emergenza epidemiologica
Inevitabilmente, una complessa attività di bilanciamento tra diritti ed altri interessi giuridici rilevanti è stata effettuata nel periodo della emergenza epidemiologica da Covid-19.
Il richiamo è all'art. 27, l. 18 dicembre 2020, n. 176, recante la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto - legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid - 19”, il quale ha introdotto misure urgenti sullo svolgimento del rito tributario, applicabili per tutta la durata dello stato di emergenza, ove sussistano divieti, limiti, impossibilità di circolazione su tutto o parte del territorio nazionale ovvero altre situazioni di pericolo per l'incolumità pubblica o dei soggetti a vario titolo interessati nel processo tributario.
Nulla quaestio per quanto riguarda il primo comma della suddetta disposizione, che aveva un carattere meramente “autorizzatorio”, riconoscendo, nel caso di impedimenti allo svolgimento delle udienze camerali o pubbliche in presenza, la possibilità di collegamento da remoto o “parzialmente” a distanza alle uniche condizioni della preventiva autorizzazione del Presidente della Commissione Tributaria e, nel rispetto delle garanzie costituzionali, della comunicazione alle parti, sia della data fissata per la trattazione della causa, sia dell'ora e delle modalità di svolgimento prescelte.
A suscitare perplessità è, stato, invece, il comma 2 dell'art. 27, l. n. 176/2020 che prevedeva in alternativa al collegamento da remoto, la possibilità che le controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica passassero “in decisione allo stato degli atti” a meno che una delle parti “non insista per la discussione”, ancorché a distanza.
Qualora, poi, non sia proprio possibile procedervi, si prospetta la c.d. “udienza cartolare”, mediante “trattazione scritta”, riconoscendo il diritto per le parti di depositare memorie “conclusionali” e di “replica”, dieci e cinque giorni prima della trattazione, salvo rinviare a nuovo ruolo qualora i suddetti termini non possano essere rispettati.
Tale disposizione è apparsa fin da subito una distorsione del sistema, in quanto prevedeva il passaggio in decisione senza che al contribuente venisse riconosciuto il diritto a confrontarsi con il giudice.
Si rammenta che il processo tributario, al pari del procedimento tributario sono documentali, alias cartolari, sicché il rapporto tra il giudice e la prova si forma nel corso del processo, unico momento durante il quale il contribuente può esporre le proprie ragioni all'Autorità Giudiziaria.
Sebbene, infatti, nel processo tributario la discussione in udienza pubblica da sempre abbia rappresentato un'eccezione e non la regola (art. 33, comma 1, d.lgs. n. 546/1992), essa costituisce pur sempre un diritto di cui è titolare il contribuente e il cui libero esercizio rileva soprattutto alla luce del fatto che l'istruttoria amministrativa abbia già carattere “documentale” e sia, pertanto, sprovvista di qualsivoglia profilo di oralità.
Il passaggio della causa “allo stato degli atti” impedisce, evidentemente, la dialettica processuale tra le parti, di cui l'udienza costituisce la sede naturale e produce un effetto vulnerante sul diritto di difesa.
E, se è pur vero che il menzionato comma 2 dell'art. 27, l. n. 176/2020, faceva salva la possibilità per l'interessato di “insistere” per la discussione, è anche vero, però, che, qualora non fosse possibile procedervi, la regola sarebbe stata quella della trattazione scritta e, dunque, di un confronto documentale, introducendo, indiscutibilmente, la possibilità di un contraddittorio, sia pur cartolare, che, a sua volta, si traduceva in una vera e propria “udienza cartolare”.
Né, qualora non sia possibile rispettare i termini per la presentazione delle memorie, soddisfa l'extrema ratio dell'ammissibilità del rinvio a nuovo ruolo, in quanto, con tale espediente, si finirebbe per pregiudicare ulteriormente l'esigenza di concentrazione e di speditezza a fondamento della digitalizzazione del “sistema giustizia”.