Il delicato bilanciamento tra i diritti alla cronaca e all'oblio

La Redazione
18 Dicembre 2024

Legittimo il rigetto della richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale dell'uomo coinvolto in una vicenda penale, che chiedeva la rimozione o il divieto di indicizzazione su motori di ricerca dei relativi articoli del 2013. Lo ha stabilito la Suprema Corte, sottolineando l'importanza del bilanciamento tra i diritti alla cronaca e all'oblio.

Con l'ordinanza in analisi, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di una richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale da parte di un uomo che chiedeva anche la rimozione o in subordine il divieto di indicizzazione sui motori di ricerca di determinati articoli di giornale sulla vicenda penale del 2013 in cui lo stesso era stato coinvolto.

In particolare, richiamando precedenti sentenze della Cassazione, il Tribunale aveva sì evidenziato che l'esito assolutorio non costituisse l'unico requisito per la de-indicizzazione, ma, secondo il ricorrente, il giudice aveva ritenuto l'assoluzione quale unico criterio dal quale far decorrere il diritto all'oblio, senza tener conto del «lungo arco di tempo» comunque intercorso tra il 2013 e le domande di oblio.

Il ricorrente sosteneva che, trascorso un tempo tutt'altro che minimale, gli articoli del 2013 riguardanti il suo arresto e l'avvio, quindi, della sua vicenda penale si sarebbero dovuti aggiornare. Tuttavia, la doglianza appariva troppo generica in quanto non indicava in che cosa avrebbe dovuto consistere l'aggiornamento da effettuarsi anteriormente alla sentenza assolutoria.

Secondo i Giudici, nel caso di specie, il Tribunale aveva correttamente evidenziato il principio di bilanciamento tra i diritti alla cronaca e all'oblio, rimarcando che le richieste attinenti all'art. 5, lettera c), 17 e 21 del Regolamento generale sulla protezione dei dati e la richiesta di mediazione erano proponibili non quando furono presentate, cioè quando «risultava ancora pendente il giudizio in Cassazione», ma solo dopo l'assoluzione.

Pertanto, dopo aver analizzato gli altri motivi, anch'essi inammissibili, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali per le diverse testate giornalistiche controparti nel processo.

Fonte: (Diritto e Giustizia)

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