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Particolare tenuità del fatto

19 Dicembre 2024

La speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata inserita nel codice penale con il d.lgs. n. 28/2015 che, in attuazione della legge n. 67/2014, ha disciplinato i profili sostanziali dell'istituto, attraverso l'introduzione dell'art. 131-bis c.p., e quelli processuali, mediante la modifica degli artt. 411469 e 651-bis c.p.p. Pubblichiamo la bussola aggiornata alla riforma Cartabia.

Inquadramento

Coniata sul modello delle analoghe clausole “di esiguità” presenti nel processo minorile (art. 27 d.P.R. n. 448/1988: sentenza di non luogo a procedere per “irrilevanza del fatto”) e in quello di penale di pace (art. 34 d.lgs. n. 274/2000: “particolare tenuità del fatto”, qualificata ex lege come “causa di improcedibilità”), la speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto nasce come “costola” del principio di offensività ma le successive modifiche di disciplina che ha subito ne hanno in parte mutato la fisionomia in uno con le mutate sensibilità politico-criminali.

La dottrina, che è ancora alla ricerca della sua esatta identità dogmatica e stabile collocazione nel sistema, la definisce “valvola” deflativa di primaria importanza che trova fondamento nel principio di meritevolezza della pena, in stretta connessione con i principi di extrema ratio dell'intervento penale, di proporzione della sanzione penale e di economia processuale.

L'art. 131-bis c.p. prevede una generale causa di esclusione della punibilità che si raccorda con l'altrettanto generale presupposto dell'offensività della condotta, requisito indispensabile per la sanzionabilità finale di qualsiasi condotta in violazione della legge (C. cost. n. 120/2019).

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto costituisce “innovazione di diritto penale sostanziale” configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma – rispetto ad ogni fattispecie criminosa (Cass. pen., sez. un., n. 13681/2016) e, come stabilisce espressamente l'ultimo comma dell'art. 131-bis c.p., trova applicazione anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante; ciò, peraltro, non esclude, ma neppure automaticamente comporta, l'applicazione della causa di non punibilità (C. cost. n. 207/2007).

Il fatto particolarmente lieve cui fa riferimento l'art. 131-bis c.p. è comunque un fatto offensivo, che costituisce reato (come si desume dall'art. 651-bis c.p.p.) e che però il legislatore, in concreto, preferisce non punire, sia per riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la rieducazione del condannato, sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione (C. cost. n. 279/2017; C. cost. n. 120/2019; C. cost. n. 156/2020). Ne consegue che il fatto non è punibile non perché inoffensivo, ma perché il legislatore, pur in presenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, ritiene che sia inopportuno punirlo, ove ricorrano le condizioni indicate nell'art. 131-bis c.p. (Cass. pen., sez. un., n. 18891/2022).

Natura

La causa di esclusione di particolare tenuità del fatto lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storica e giuridica. Essa presuppone la sussistenza di un reato – cioè di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole – ritenuto, in concreto, non punibile per ragioni di opportunità circa la non applicazione della pena, lasciando peraltro impregiudicati gli effetti civili derivanti dal reato stesso.

L'istituto ha natura (anche od esclusivamente) sostanziale, inquadrabile tra le cause di non punibilità, come si ricava:

a) dal tenore letterale della norma («la punibilità è esclusa…»);

b) dalla rubrica dell'art. 131-bis c.p. («esclusione della punibilità»);

c) dalla collocazione all'interno del Titolo V, Libro I, del codice penale («Modificazione, applicazione ed esecuzione della pena»), relativo a valutazioni che il giudice deve effettuare dopo aver accertato la sussistenza di un reato e la sua attribuibilità all'imputato;

d) dalla Relazione allo schema di decreto legislativo (approvato con d.lgs. n. 28/2015), che sottolinea ripetutamente come l'applicazione del nuovo istituto presupponga l'esistenza di un reato, che tuttavia non viene punito;

e) nell'art. 651-bis c.p.p., che ricollega alle sentenze di proscioglimento, pronunciate in applicazione dell'art. 131-bis c.p. all'esito del dibattimento, efficacia di giudicato nei giudizi civili e amministrativi di danno, quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso (vedi ex plurimis: Cass. pen., sez. III, n. 15449/2015; Cass. pen., sez. VI, n. 44417/2015; Cass. pen., sez. II, n. 41742/2015; Cass. pen., sez. VI, n. 44683/2015; Cass. pen., sez. IV, n. 44132/2015; Cass. pen., sez. F., n. 38876/2015; Cass. pen., sez. F., n. 36500/2015; Cass. pen., sez. F., n. 34672/2015; Cass. pen., sez. III, n. 38389/2015; Cass. pen., sez. IV, n. 31920/2015).

Contenuto

La clausola in disamina è congegnata attraverso uno sbarramento orizzontale individuato quoad poenam e una linea di demarcazione trasversale per escludere la punibilità – ma non l'illiceità penale come detto – delle condotte che risultino, in concreto, avere un tasso di offensività marcatamente ridotto, quando appunto l'«offesa è di particolare tenuità».

Al criterio qualitativo astratto, ancorato sulla pena, si innestano gli ulteriori requisitiammissivi e ostativi – contenuti nell'art. 131-bis c.p., che meglio delineano la fattispecie della particolare tenuità dell'offesa:

  1. deve ricorrere l'esiguità del danno o del pericolo, occorrendo a tal fine una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, comma 1, c.p., delle modalità della condotta, anche susseguente al reato, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (Cass. pen., sez. un., n. 13681/2016);
  2. il comportamento deve risultare non abituale.

   

Infine, sono previsti tre “elenchi” di reati per i quali «l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità», nonostante rientrino nell'area astrattamente abilitata e, in concreto, il «comportamento risult[i] non abituale». All'interno di questi elenchi, due sono le tecniche eccettuative prescelte: in alcuni casi – tutti risalenti alle versione originaria della norma – il criterio dell'esclusione dipende in concreto dalle modalità con cui fatto-reato è stato realizzato («l'autore ha agito…»); in altri – quelli inseriti dall'art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 150/2022 e dall'art. 3, comma 2, l. n. 93/2023 – il divieto di accesso alla clausola risulta in astratto sulla base del reato nominatim indicato, qualunque sia la sua forma di manifestazione («quando si procede...»).

Ambito di applicazione

Il legislatore – del 2014-2015 e poi del 2021-2022 – ha individuato il perimetro di applicabilità della particolare tenuità del fatto compiendo una graduazione qualitativa astratta, basata sulla pena edittale stabilita per il reato in questione.

In origine la speciale causa di non punibilità in esame riguardava i reati puniti con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, nonché, in esito a C. cost. n. 156/2020, i reati privi di minimo edittale di pena detentiva, anche quando il massimo edittale di quella pena fosse superiore a cinque anni.

Il d.lgs. n. 150/2022, nell'ambito dei generali obiettivi di deflazione processuale ed esecutiva perseguiti dalla riforma Cartabia, ha invece ora parametrato la speciale causa di non punibilità non più sul massimo edittale, bensì sul minimo della comminatoria di ciascun reato (due anni di pena detentiva), che meglio riflette – come suggerito dalla dottrina – il possibile minore disvalore delle fattispecie delittuose nella loro modalità di realizzazione concreta. Con ciò il novellatore ha ampliato il generale raggio d'azione dell'istituto anche rispetto a reati di elevata incidenza statistica (anche se, al contempo, ha ampliato l'elenco dei reati “ostativi”):

Ad esempio, il furto aggravato ex art. 625, comma 1, c.p. (punito con la reclusione da due a sei anni), la ricettazione ex art. 648, comma 1, c.p. (punita con la reclusione da due a otto anni) o la falsità materiale del pubblico ufficiale in atti pubblici, ex art. 476 c.p. (punita con la reclusione da uno a sei anni)

A livello intertemporale, trattandosi di istituto sostanziale di favore, inquadrabile tra le cause di non punibilità, è applicabile l'art. 2, comma 4, c.p., con la conseguenza che l'estensione dell'ambito di applicazione dell'art. 131-bis, comma 1, c.p. alle nuove figure delittuose ricavabili quoad poenam dal nuovo criterio basato sul minimo edittale ha effetto retroattivo relativamente ai procedimenti (e processi) pendenti per reati commessi prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma Cartabia (così Cass. pen., sez. IV, n. 9466/2023; Cass. pen., sez. VI, n. 7573/2023, Giurisprudenza commentata, con commento di A. Natalini, Riforma Cartabia ed estensione della particolare tenuità del fatto: le modifiche di favore sono applicabili retroattivamente; Cass. pen., sez. I, n. 46924/2023, secondo cui la Cassazione deve verificare direttamente l'applicabilità dell'istituto nel giudizio di legittimità, senza disporre il rinvio del processo nella sede di merito).

Per calcolare il limite astratto di pena, il penultimo comma dell'art. 131-bis c.p. fissa un criterio di calcolo che ricalca in larga misura quello previsto dall'art. 4 c.p.p.: non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle ad effetto speciale e di quelle che stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. Come ha precisato la giurisprudenza, deve aversi riguardo alla pena edittale prevista per il reato, indipendentemente da eventuali riduzioni premiali per il rito prescelto (Cass. pen., sez. V, n. 38447/2023); l'esclusione quoad poenam si riferisce anche al delitto tentato (Cass. pen., sez. V, n. 17348/2019).

Criteri strutturali

All'interno della graduazione qualitativa astratta, basata sulla natura e sull'entità della pena, i criteri sintomatici (cd. “indici-criteri”) della particolare tenuità del fatto – per espressa (e qui immutata) scelta del legislatore delegato del 2015 – sono due:

  1. la particolare tenuità dell'offesa
  2. la non abitualità del comportamento.

a) La particolare tenuità dell'offesa

Iniziando dal primo “indice-criterio” – la particolare tenuità dell'offesa – esso esige, a sua volta, la specifica valutazione degli “indici-requisiti” della modalità della condotta (nella sua componente oggettiva e soggettiva) e dell'esiguità del danno o del pericolo cagionato, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall'art. 133, comma 1, c.p., cui segue, in caso di vaglio positivo, l'ulteriore verifica della non abitualità della condotta, costituente il secondo “indice-criterio”. Da tale complessiva connotazione emerge che l'esiguità del disvalore è frutto di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno, alla colpevolezza (Cass. pen., sez. un., n. 13682/2016; Cass. pen., sez. un., n. 18891/2022). Il giudizio di tenuità si fonda, cioè, su un accertamento onnicomprensivo delle peculiarità del fatto, atto a valorizzare ai sensi dell'art. 133, comma 1, c.p. una serie di indici, quali: le modalità della condotta, il grado di colpevolezza, l'abitualità del comportamento, l'entità del danno o del pericolo, nonché la condotta susseguente al reato. Ciò non implica, peraltro, che l'organo giudicante debba valutare tutti questi elementi, risultando sufficiente la disamina di quelli ritenuti rilevanti (Cass. pen., sez. VI, n. 55107/2018)

In esito alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150/2022, ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell'offesa l'art. 131-bis, comma 1, c.p. ora attribuisce espresso rilievo anche alla «condotta susseguente al reato»: attraverso questa formula “elastica”, il legislatore della riforma Cartabia ha inteso non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare il comportamento post delictum, può fare affidamento su una locuzione ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all'art. 133, comma 2, n. 3, c.p., sicché possono rilevare a tal fine: le restituzioni, il risarcimento del danno, l'integrale o parziale adempimento del debito tributario (Cass. pen., sez. IV, n. 14073/2024), le condotte riparatorie, le demolizioni, l'accesso a programmi di giustizia riparativa, ecc. In ragione della natura sostanziale dell'istituto, anche in questa parte la novella del 2022 si applica retroattivamente (Cass. pen., sez. I, n. 46924/2023; Cass. pen., sez. I, n. 30515/2023; Cass. pen., sez. VI, n. 7573/2023, in Giurisprudenza commentata, con commento di A. Natalini, Riforma Cartabia ed estensione della particolare tenuità del fatto: le modifiche di favore sono applicabili retroattivamente) e può essere invocata per la prima volta anche nel giudizio di legittimità in quanto non sia stata proponibile in precedenza (Cass. pen., sez. II, n. 392/2024; Cass. pen., sez. IV, n. 9466/2023). La condotta successiva alla commissione del reato:

  • di per sé sola non rende, però, di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa (Cass. pen., sez. III, n. 18029/2023), ai fini dell'apprezzamento del danno cagionato ovvero come possibile spia dell'intensità dell'elemento soggettivo (Cass. pen., sez. III, n. 20279/2023);
  • può diventare elemento suscettibile di valutazione negativa ai fini dell'applicabilità dell'esimente nel caso in cui determini un aggravamento dell'offesa, non rilevando invece comportamenti successivi sol perché espressivi di capacità a delinquere (Cass. pen., sez. VI, n. 41941/2023; Cass. pen., sez. III, n. 18029/2023, in Giurisprudenza commentata, con commento di A. Natalini, Riforma Cartabia e estensione della tenuità del fatto: retroattivo anche il criterio della condotta susseguente).

   

Dopo aver demandato al giudice una ponderazione quantitativa rapportata al disvalore di azione, a quello di evento, nonché al grado della colpevolezza, il legislatore ha poi limitato la discrezionalità del giudizio escludendo alcune contingenze ritenute incompatibili con l'idea di speciale tenuità. L'art. 131-bis c.p. enuclea, infatti, una serie di elementi che contraddistinguono in negativo la tenuità dell'offesa, nel senso che al loro ricorrere deve essere escluso il primo indice della tenuità del fatto: l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del comma 1 dell'art. 131-bis c.p., quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili (art. 61, n. 1, c.p.) o con crudeltà (art. 61, n. 4, c.p.) anche in danno di animali (art. 544-bis c.p.), o ha adoperato sevizie (art. 61, n. 4 c.p.), ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa (art. 61, n. 5, c.p.) ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona (art. 586 c.p.; art. 588, comma 2, c.p.).

b) La non abitualità del comportamento

Il secondo “indice-criterio” – la non abitualità del comportamento – consiste in un elemento di impronta personale, pure esso tipizzato, tassativo, relativo all'abitualità o meno del comportamento. In base all'art. 131-bis, comma 4, c.p., il comportamento «è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate».

Secondo la giurisprudenza massimamente nomofilattica «il comportamento è abituale quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame», rilevando a tal fine non solo le condanne irrevocabili e gli illeciti per cui è processo, ma anche i reati in precedenza ritenuti a loro volta non punibili ex art. 131-bis c.p. (Cass. pen., sez. un., n. 13681/2016); possono rilevare i precedenti giudiziari, anche non definitivi (Cass. pen., sez. V, n. 39473/2013), mentre non rileva la mera presenza di denunce o di precedenti di polizia di cui si ignori la sorte (Cass. pen., sez. IV, n. 51526/2018).

La stessa Cassazione ha escluso che la pluralità di reati unificati dal vincolo della continuazione ex art. 81, comma 2, c.p. (come interpretato da Cass. pen., sez. un., n. 28659/2017) osti, di per sé, alla configurabilità della speciale causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis c.p., «la quale può essere riconosciuta all'esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta che tenga conto di una serie di indicatori rappresentati dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall'entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall'intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti» (Cass. pen., sez. un., n. 18891/2022).

Casistica

Nella casistica giurisprudenziale è stata esclusa l'applicazione della speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ostandovi la ravvisata abitualità del comportamento, nei reati:

  • di omesso versamento del contributo di mantenimento dei figli (art. 570 c.p.), ritenuta fattispecie “a consumazione prolungata” (Cass. pen., sez. VI, n. 20941/2022; Cass. pen., sez. VI, n. 22523/2020; Cass. pen., sez. VI, n. 11780/2020; Cass. pen., sez. II, n. 23020/2016);
  • di frode in pubbliche forniture (Cass. pen., sez. VI, n. 12073/2020);
  • di guida senza patente nel caso di recidiva nel biennio (Cass. pen., sez. IV, n. 28657/2024).

   

L'art. 131-bis c.p. è stato invece ritenuto applicabile:

  • ai reati di pericolo presunto e con soglie di offensività (Cass. pen., sez. un., n. 13681/2016);
  • ai reati tributari (d.lgs. n. 74/2000) caratterizzati dalla soglia di punibilità, se il superamento della stessa è di poco superiore (Cass. pen., sez. III, n. 15020/2019; Cass. pen., sez. III, n. 13218/2015; contra Cass. pen., sez. III, n. 51020/2015).
  • ai reati permanenti, in quanto caratterizzati dalla persistenza, ma non dalla reiterazione, della condotta (Cass. pen., sez. III, n. 47039/2015).
  • ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica, a condizione che ciascuna singola condotta, isolatamente considerata, sia di lieve entità (Cass. pen., sez. III, n. 38849/2017).

Esclusioni

Per espressa esclusione normativa – scolpita nel riscritto art. 131-bis, comma 2, c.p. – l'offesa non può mai ritenersi di particolare tenuità quando si procede per una serie di reati ritenuti di particolare gravità o allarme sociale:

1) per delitti, puniti con pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive (v. art. 583-quater, comma 1, c.p.);

2) per i delitti previsti dagli artt. 336337 e 341-bis c.p., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di p.s. o di p.g. nell'esercizio delle proprie funzioni, nonché per il delitto previsto dall'art. 343 c.p. (cfr. C. cost. n. 77/2019, che ha ritenuto non manifestamente irragionevole l'esclusione legislativa nei casi di cui all'art. 337 c.p.)

3) per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, comma 1, 320, 321, 322, 322-bis, 391-bis, 423, 423-bis, 558-bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, n. 1, e comma 2, 583, comma 2, 583-bis, 593-ter, 600-bis, 600-ter, comma 1, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-undecies, 612-bis, 612-ter, 613-bis, 628, comma 3, 629, 644, 648-bis, 648-ter;

4) per i delitti, consumati o tentati, previsti dall'art. 19, comma 5, l. n. 194/1978, in tema di interruzione della gravidanza, dall'art. 73. d.P.R. n. 309/1990 in tema di stupefacenti, salvo che per i delitti di lieve entità di cui al comma 5, e dagli artt. 184 e 185 d.lgs. n. 58/1998, in tema di reati finanziari;

4-bis) per i delitti previsti dalla sezione II del capo III del titolo III della legge n. 633/1941, salvo che per i delitti di cui all'art. 171 della medesima legge in tema di diritto d'autore.

Questo catalogo di reati “ostativi” – progressivamente ampliatosi negli anni – è espressione di una disciplina di sfavore incidente su norme sostanziali, come tale applicabile irretroattivamente ai soli fatti commessi successivamente all'entrata in vigore delle leggi che hanno introdotto le suddette eccettuazioni normative (Cass. pen., sez. VI, n. 23623/2024).

Onere della prova

L'art. 131-bis c.p. non individua un ulteriore elemento costitutivo del fatto, bensì un limite negativo alla sua punibilità, che non può prescindere poi da un accertamento nel merito; pertanto, la prova della ricorrenza di tale limite negativo è demandata all'imputato, tenuto a provare la sussistenza dei relativi presupposti mediante l'indicazione di elementi specifici. Dunque, la richiesta di declaratoria per particolare tenuità del fatto non può essere genericamente proposta dal difensore dell'imputato, ma va supportata da puntuali allegazioni circa la sussistenza dei relativi presupposti applicativi (Cass. pen., sez. III, n. 13657/2024; Cass. pen., sez. II, n. 32989/2015).

Quanto alla posizione della persona offesa, ove intenda opporsi alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, deve indicare – a pena di inammissibilità – le specifiche “ragioni del dissenso” alla sussumibilità del fatto nell'ipotesi di cui all'art. 131-bis c.p. (Cass. pen., sez. IV, n. 10402/2018; Cass. pen., sez. V, n. 3817/2018).

Qualora invece sia l'indagato ad opporsi all'archiviazione, il cui interesse sia quello di dimostrare l'insussistenza del reato in radice, deve proporre un'opposizione informata – a pena di inammissibilità – agli stessi requisiti di concretezza e pertinenza previsti, per l'opposizione della persona offesa, dall'art. 410 c.p.p., sia pur con riferimento alle ragioni del dissenso contemplato dall'art. 411, comma 1-bis, c.p.p. rispetto alla fondatezza della notizia di reato (Cass. pen., sez. III, n. 14740/2019).

Aspetti processuali

Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. deve essere iscritto nel casellario giudiziale, a norma dell'art. 3, comma 1, lett. f), del d.P.R. n. 313/2002, ferma restando la non menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione (Cass. pen., sez. un., n. 38954/2019).

L'ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ex art. 411, comma 1-bis, c.p.p., a seguito di opposizione dell'indagato, è impugnabile con ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. (Cass. pen., sez. V, n. 36468/2023), a condizione che sia allegato un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento (Cass. pen., sez. VI, n. 611/2024).

La declaratoria di particolare tenuità del fatto è una sentenza di proscioglimento.

Essa, ai sensi dell'art. 651-bis c.p.p., quando è pronunciata in seguito a dibattimento ed è divenuta irrevocabile ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. Quindi è proprio l'illiceità penale, tra l'altro, che fa stato nel giudizio civile o amministrativo con conseguente configurabilità del danno anche non patrimoniale perché cagionato da reato (art. 185, comma 2, c.p.).

La sentenza che dichiara la particolare tenuità del fatto, emessa all'esito di giudizio abbreviato, è appellabile dal p.m. senza i limiti di cui all'art. 443, comma 3, c.p.p., trattandosi di sentenza di proscioglimento, ancorché presenti marcate peculiarità (Cass. pen., sez. VI, n. 21981/2023).

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