L’accesso al mercato degli appalti pubblici dell’UE degli operatori economici di paesi terzi non firmatari di accordi internazionali con l’Unione

31 Dicembre 2024

Con sentenza nella causa C-652/22 la CGUE ha affermato che, in assenza di misure di esclusione adottate dall'Unione, il diritto dell'Unione non impedisce agli operatori economici di paesi terzi non firmatari di accordi internazionali con l'UE sull'accesso reciproco e paritario agli appalti pubblici di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico disciplinata dalla direttiva 2014/25. Tuttavia, il diritto dell'Unione osta a che detti operatori economici possano avvalersi delle tutele previste dalla direttiva o delle disposizioni nazionali di recepimento della stessa ed esigere, quindi, un pari trattamento della loro offerta rispetto a quelle presentate dagli offerenti degli Stati membri e dagli offerenti dei paesi terzi firmatari di accordi internazionali con l'UE.

Si tratta di precedente storico, avendo la Corte chiarito per la prima volta il tema della legittimazione a partecipare al mercato degli appalti pubblici dell'UE e le relative condizioni di partecipazione da parte degli operatori economici di paesi terzi non firmatari di accordi internazionali con l'UE sull'accesso reciproco e paritario agli appalti pubblici ( cc.dd. “operatori economici di paesi terzi non contemplati”).  La pronuncia riveste particolare interesse per i suddetti operatori atteso che il mercato interno degli appalti pubblici dell'UE rappresenta il mercato delle commesse pubbliche più importante al mondo con un valore annuo stimato di 2 trilioni di euro (pari al 14% del prodotto interno lordo dell'UE).

Massime

Dalla pronuncia in commento è possibile enucleare i seguenti principi di diritto:

- gli operatori economici di paesi terzi che non hanno concluso con l'Unione un accordo internazionale che garantisce l'accesso reciproco e paritario gli appalti pubblici non hanno il diritto di accedere alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici dell'Unione e possono essere esclusi in forza di misure di esclusione adottate dall'Unione. In assenza di misure di esclusione adottate dall'Unione, spetta all'ente aggiudicatore valutare se gli stessi possano essere ammessi a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico disciplinata dalle direttive;

- qualora siano stati ammessi a partecipare alla procedura, i predetti operatori non hanno il diritto di esigere che alla propria offerta sia riservato un pari trattamento rispetto a quelle presentate dagli offerenti degli Stati membri e dagli offerenti dei paesi terzi firmatari di accordi internazionali sull'accesso reciproco e paritario agli appalti pubblici. Ne consegue che le autorità di uno Stato membro non possono applicare a tali operatori economici né le disposizioni della direttiva 2014/25, né le relative disposizioni nazionali di recepimento, pena la violazione della competenza esclusiva dell'Unione nel settore della politica commerciale comune;

- in caso di ammissione alla procedura, l'ente aggiudicatore ha la facoltà di indicare nei documenti di gara il trattamento differenziato applicabile che può consistere anche in un adeguamento del punteggio risultante dal confronto tra le offerte presentate;

- pur essendo ammissibile che le modalità di trattamento di siffatti operatori rispettino i principi di trasparenza e di proporzionalità, un ricorso presentato dagli stessi per denunciare la violazione di siffatti principi può essere esaminato solo alla luce del diritto nazionale e non alla luce del diritto dell'Unione;

- in assenza di un accordo tra l'Unione e un paese terzo, gli Stati Membri non possono adottare atti generali per stabilire se ed eventualmente con quali modalità gli operatori economici del paese terzo possono partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici dell'Unione, pena la violazione della competenza esclusiva dell'Unione in materia di politica commerciale comune concernente gli scambi di beni e servizi con i paesi terzi. Soltanto l'Unione è competente ad adottare un atto di portata generale relativo all'accesso a tali procedure da parte degli operatori economici di un paese terzo, istituendo un regime di accesso garantito in loro favore, oppure un regime che li escluda ovvero un regime che preveda un adeguamento del loro punteggio.

Invero, nel caso in esame la Corte era stata interpellata dal giudice amministrativo ad altri fini, ovvero per chiarire in quali circostanze le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere chiarimenti agli offerenti sulle offerte o integrazioni documentali dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, senza violare i principi di parità di trattamento e di trasparenza sanciti dalla direttiva.

Tuttavia, per ragioni procedurali inerenti alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, il focus dell'indagine della Corte si è spostato sull'applicabilità della direttiva alla fattispecie in esame concernente la partecipazione ad una procedura d'appalto europea da parte di un operatore economico stabilito in un paese terzo non contemplato (la Repubblica di Turchia, paese non firmatario di alcun accordo internazionale in materia di appalti con l'UE).

All'esito del procedimento il caso si è concluso con una pronuncia in rito di irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale per inapplicabilità alla fattispecie della direttiva 2014/25 sotto il profilo soggettivo (ratione personae) senza, quindi, affrontare il merito delle questioni pregiudiziali sottoposte.

Per dovere di completezza si ricorda un precedente analogo in materia in attesa di definizione.

Nella causa CRRC Qingdao Sifang e Astra Vagoane Călători (C‑266/22) l'avvocato generale ha ritenuto parimenti inapplicabile la normativa europea (e segnatamente i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto) in relazione al divieto di partecipazione ad una procedura d'appalto indetta in Romania opposto ad un operatore economico cinese in forza di una normativa nazionale restrittiva entrata in vigore dopo la pubblicazione del bando di gara.

Orbene, prima di analizzare il caso materiale assunto in esame e l'iter logico e giuridico seguito dalla Corte, è necessario compiere una breve premessa sullo stato dell'arte in materia.

Premessa

Analisi normativa e di contesto

I referenti normativi in materia sono rappresentati dall'art. 25 della direttiva appalti 2014/24 sui settori ordinari e dall'art. 43 della direttiva 2014/25 sui settori speciali.

Tali norme, formulate in modo speculare, obbligano le stazioni appaltanti degli Stati membri a garantire la parità di trattamento, con conseguente applicazione delle disposizioni della direttiva, ai soli operatori economici di paesi terzi firmatari di accordi internazionali con l'UE sugli appalti pubblici (v. in tal senso anche il considerando n. 17 della direttiva 2014/24).

La ratio di queste norme è quella di garantire l'osservanza a livello interno degli obblighi assunti a livello internazionale dall'UE.

Esse costituiscono, inoltre, espressione della strategia della reciprocità perseguita dall'UE nell'ambito della politica commerciale comune con gli Stati terzi per indurre gli stessi a stipulare accordi internazionali ispirati ai principi di libero scambio e di liberalizzazione dei mercati mondiali degli appalti pubblici, ampliando le opportunità commerciali per le imprese europee.

La pronuncia in analisi è stata al centro di vivaci discussioni da parte di autorevoli studiosi del settore, i quali hanno ravvisato un atteggiamento eccessivamente protezionista della Corte del Lussemburgo, oltre a porre in evidenza diverse problematiche applicative scaturenti dall'arresto.

Non si concorda con le critiche mosse al presunto atteggiamento protezionista nella Corte. I giudici del Lussemburgo si sono limitati ad operare una ricognizione del quadro normativo vigente in materia.

A tal proposito, si ricorda che l'UE ha sempre avuto e tuttora mantiene (come risulterà evidente nel prosieguo) un approccio di apertura del proprio mercato degli appalti pubblici nei confronti degli operatori economici di paesi terzi non contemplati da accordi internazionali sugli appalti pubblici, tollerando la loro partecipazione, nell'aspettativa di far conseguire alle imprese europee l'accesso al mercato delle commesse pubbliche dei suddetti paesi.

Nelle linee guida sulla partecipazione di offerenti e beni di paesi terzi al mercato degli appalti dell'UE, la Commissione ha dichiarato che: “L'UE persegue attivamente l'apertura delle opportunità di appalto alle società europee auspicando l'apertura reciproca dei mercati degli appalti dei paesi terzi (…) L'UE si è impegnata in diversi accordi internazionali (come l'accordo sugli appalti pubblici e gli accordi bilaterali di libero scambio con capitoli sugli appalti) a concedere accesso al proprio mercato degli appalti pubblici per alcuni lavori, forniture, servizi ed operatori economici di diversi paesi terzi. Conseguentemente, le direttive sugli appalti pubblici prevedono che i committenti pubblici dell'UE accordino ai lavori, alle forniture, ai servizi e agli operatori economici dei firmatari di tali accordi un trattamento non meno favorevole di quello concesso ai lavori, alle forniture, ai servizi e agli operatori economici dell'Unione, nella misura in cui questi siano contemplati da tali accordi. Oltre a tale obbligo, gli operatori economici di paesi terzi che non hanno alcun accordo che prevede l'apertura del mercato degli appalti dell'UE o i cui beni, servizi e lavori non sono contemplati in un tale accordo, non hanno un accesso garantito alle procedure di appalto nell'UE e possono essere esclusi” (v. comunicazione della Commissione del 24 luglio 2019 a pag. 3).

A tal proposito, si osserva che nessuna disposizione di diritto unionale vieta espressamente una loro partecipazione.

Nel corso del 2022 si è avuto un cambio di rotta nella politica commerciale comune in materia all'insegna di un rafforzamento del principio di reciprocità.

I prodromi di questo mutato atteggiamento vanno rintracciati nella riunione del Consiglio del 21 e 22 marzo 2019 in cui il Consiglio ha invitato la Commissione a salvaguardare gli interessi dell'Unione dalle pratiche sleali di paesi terzi, utilizzando appieno gli strumenti di difesa commerciale e le norme in materia di appalti pubblici, nonché garantendo l'effettiva reciprocità in tale materia.

Il cambiamento è stato consacrato con l'adozione dello strumento per gli appalti internazionali - IPI (regolamento UE 2022/1031), al fine di favorire la reciprocità e offrire un mezzo di pressione per negoziare con i paesi terzi l'apertura dei loro mercati degli appalti alle aziende, ai beni e ai servizi dell'UE, e del regolamento sulle sovvenzioni estere (Foreign Subsidies Regulation - FSR) (regolamento UE 2022/2560), per arginare gli effetti distorsivi sulla concorrenza creati all'interno del mercato unico dalle sovvenzioni estere utilizzate per acquisire commesse pubbliche nell'UE tramite offerte indebitamente vantaggiose.

In caso di misure o pratiche restrittive nei confronti di operatori economici, beni o servizi dell'Unione, l'IPI conferisce alla Commissione il potere di ostacolare e persino quello di impedire l'accesso al mercato degli appalti dell'UE agli operatori economici, ai beni o ai servizi di un paese terzo non contemplato, richiedendo alle amministrazioni aggiudicatrici nazionali di imporre un adeguamento del punteggio o di escludere le offerte presentate dagli stessi (v. articolo 6, paragrafo 6).

L'FSR, invece, trova applicazione anche agli operatori di paesi terzi coperti da un accordo internazionale con l'UE ed attribuisce alla Commissione il potere di vietare l'aggiudicazione di un appalto a un operatore economico che abbia beneficiato di una sovvenzione estera distorsiva del mercato interno e che non vi abbia posto rimedio, adottando misure di riparazione.

I risultati di questi due nuovi strumenti sono tangibili.

Basti pensare che l'apertura di un'indagine su eventuali sovvenzioni estere da parte della Commissione, in forza del regolamento FSR, ha portato due consorzi a ritirarsi da una procedura d'appalto indetta in Romania per la progettazione, costruzione e messa in funzione di un parco fotovoltaico dal valore di 375 milioni, finanziato parzialmente con fondi UE. I due consorzi erano composti, rispettivamente, da un'impresa tedesca interamente posseduta e controllata da un'impresa cinese e da due imprese cinesi interamente possedute e controllate da un'impresa statale cinese. Un'altra indagine in materia ha indotto il produttore cinese di treni CRRC Qingdao Sifang a ritirarsi da una procedura d'appalto indetta in Bulgaria.

Il caso

I fatti di causa nel procedimento dinanzi al giudice nazionale

Nel settembre del 2020, la HŽ Infrastruktura d.o.o., società di diritto croato, ha avviato una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per la costruzione di un'infrastruttura ferroviaria che collega due località in Croazia, da aggiudicare secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Al fine di dimostrare le loro capacità tecniche e professionali i concorrenti avrebbero dovuto produrre un elenco dei lavori di costruzione di infrastrutture ferroviarie o stradali nei dieci anni precedenti l'avvio della procedura per un valore totale di almeno 4 milioni di euro, IVA esclusa.

Nel gennaio del 2022 l'ente aggiudicatore ha deciso di aggiudicare l'appalto ad un raggruppamento costituito da tre società, rispettivamente, di diritto austriaco, di diritto croato e di diritto ceco (in prosieguo: il “raggruppamento Strabag”).

Una società di diritto turco, la Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret AȘ (in prosieguo: la “Kolin”), ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi alla commissione croata di controllo delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.

La commissione di controllo ha annullato il provvedimento di aggiudicazione, ritenendo che il raggruppamento non avesse debitamente dimostrato il possesso delle capacità tecniche e professionali richieste.

Nell'ambito del successivo procedimento di riesame e di rivalutazione delle offerte, l'ente aggiudicatore ha chiesto al raggruppamento Strabag di fornire un elenco completo dei lavori realizzati, unitamente ad un certificato di regolare esecuzione.

Il raggruppamento ha prodotto tale elenco, inserendo il riferimento ad alcuni lavori relativi ad un'infrastruttura non citata nell'elenco originario allegato all'offerta iniziale, integrando il requisito di partecipazione carente.

All'esito del procedimento di riesame, l'ente aggiudicatore ha adottato una nuova decisione di aggiudicazione in favore del raggruppamento.

La Kolin ha proposto ricorso avverso la nuova decisione di aggiudicazione sempre dinanzi alla commissione di controllo, deducendo l'illegittimità dell'invito volto ad integrare l'elenco di lavori.

Quest'ultima, tuttavia, ha respinto il ricorso, osservando che nessuna disposizione nazionale preclude l'integrazione dell'elenco dei lavori mediante l'indicazione della realizzazione di lavori diversi da quelli ivi inizialmente indicati. Infatti, la legge croata sugli appalti pubblici consente all'amministrazione aggiudicatrice di invitare un offerente a integrare o a chiarire le prove fornite.

La Kolin ha impugnato la decisione della commissione di controllo innanzi alla Corte amministrativa d'appello croata, lamentando l'illegittimità dell'invito a completare l'elenco dei lavori inizialmente allegato all'offerta e il suo esame, in quanto il riferimento a nuovi lavori modifica l'offerta iniziale in modo sostanziale e viola il principio della parità di trattamento.

Alla luce dell'art. 76 della direttiva 2014/25 (sulla facoltà per gli enti aggiudicatori di chiedere chiarimenti sulle offerte o integrazioni documentali in caso di informazioni carenti, inesatte o di documenti mancanti) letto in combinato disposto con l'art. 36 della stessa direttiva (sui principi di parità di trattamento e di non discriminazione degli operatori economici), tale giudice nutre dubbi sulla facoltà per l'ente aggiudicatore di prendere in considerazione documenti complementari relativi alle capacità tecniche e professionali prodotti per la prima volta dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte.

Da qui la decisione del giudice nazionale croato di sospendere il procedimento e di chiedere chiarimenti alla Corte.

La questione e le soluzioni giuridiche

L'analisi della Corte

Prima di esaminare le questioni pregiudiziali sottoposte al vaglio della Corte, il giudice europeo ha dovuto verificare la loro ricevibilità, accertando se le disposizioni eurounionali su cui vertono le questioni pregiudiziali siano applicabili alla controversia.

Diversamente le stesse sono irrilevanti ai fini della soluzione della controversia e devono, quindi, essere dichiarate irricevibili.

Pertanto, in una prima fase del proprio ragionamento, la Corte ha verificato se il ricorso proposto da un operatore economico di un paese terzo non contemplato possa essere esaminato alla luce delle norme eurounionali in materia di appalti pubblici.

Il giudice dell'UE esordisce col ricordare che l'Unione è vincolata nei confronti di alcuni paesi terzi da accordi internazionali, quali l'accordo sugli appalti pubblici concluso nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio (AAP) o gli accordi di libero scambio con capitoli sugli appalti (ALS) che garantiscono l'accesso reciproco e paritario agli appalti pubblici.

L'articolo 43 della direttiva 2014/25 (corrispondente all'omologo articolo 25 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti nei settori ordinari), nell'attuare tali impegni internazionali dell'Unione, dispone che, nella misura in cui siano contemplati dall'AAP o da altri accordi internazionali, gli enti aggiudicatori degli Stati membri devono accordare agli operatori economici dei paesi terzi che sono parti di siffatti accordi un trattamento non meno favorevole di quello concesso agli operatori economici dell'Unione.

Il diritto ad un trattamento non meno favorevole consiste nel diritto alla parità di trattamento, implicando che tali operatori economici possano avvalersi delle garanzie di tutela previste dalle disposizioni della direttiva.

Per quanto concerne gli operatori economici di paesi terzi non contemplati, la Corte rileva che il diritto dell'Unione non osta a che tali operatori economici, in assenza di misure di esclusione adottate dall'Unione, siano ammessi a partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico disciplinata dalla direttiva 2014/25, così come confermato dalle linee guida della Commissione sulla partecipazione di offerenti di paesi terzi.

Secondo i giudici europei il diritto dell'Unione osta, tuttavia, a che detti operatori economici possano, nell'ambito della loro partecipazione a una siffatta procedura, avvalersi della direttiva medesima ed esigere quindi un pari trattamento della loro offerta rispetto a quelle presentate dagli offerenti degli Stati membri e dagli offerenti dei paesi terzi di cui all'articolo 43 della direttiva stessa (v. paragrafo 45).

Infatti, ne risulterebbe violato il ridetto art. 43 della direttiva che limita il diritto al trattamento non meno favorevole agli operatori economici di paesi terzi contemplati e, in definitiva, verrebbero disattesi gli impegni internazionali assunti dall'Unione in materia.

Alla luce di tali elementi la Corte conclude il proprio ragionamento affermando che gli operatori economici di paesi terzi non contemplati non hanno il diritto di presentare un'offerta in relazione ad un avviso di indizione di una gara d'appalto ex art. 45, paragrafo 1, della direttiva 2014/25.

In caso di ammissione alla procedura da parte dell'ente aggiudicatore gli stessi non possono beneficiare del diritto a un trattamento non meno favorevole e, quindi, delle disposizioni della direttiva.

Venendo alla fattispecie in esame, la Corte rammenta che la Repubblica di Turchia non è parte dell'AAP né ha concluso finora con l'Unione un altro accordo internazionale volto alla reciproca apertura dei mercati delle commesse pubbliche tra l'Unione e la Turchia. Infatti, i negoziati per l'apertura dei mercati delle commesse pubbliche di entrambe le parti avviati in data 11 aprile del 2000 non hanno condotto ad oggi ad alcun risultato.

Di conseguenza gli operatori economici turchi non possono avvalersi degli articoli 36 e 76 della direttiva in materia di parità di trattamento e di non discriminazione per quanto riguarda la selezione dei partecipanti e l'aggiudicazione degli appalti.

In una seconda fase del proprio iter logico e giuridico, la Corte ha verificato se le questioni fossero, comunque, ricevibili in ragione del fatto che le disposizioni nazionali croate di recepimento della direttiva vengono applicate indistintamente a tutti gli offerenti dell'Unione e dei paesi terzi non contemplati.

A tal fine, la Corte afferma che il principio della ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell'Unione anche in situazioni non rientranti nella sua sfera di applicazione (a causa di un rinvio diretto e incondizionato operato dal diritto nazionale), sancito nell'interesse dell'ordinamento giuridico dell'Unione ad un'interpretazione uniforme delle stesse, non può trovare applicazione quando le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva sono applicate dalle autorità di uno Stato membro in violazione di una competenza esclusiva dell'Unione (v. paragrafi 52-54).

La politica commerciale comune di cui all'art. 207 TFUE, concernente gli scambi commerciali con i paesi terzi, è una materia di competenza esclusiva dell'Unione (ex art. 3, par. 1, lett. e), TFUE). In tale materia soltanto l'UE può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti, mentre gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall'Unione oppure al fine di dare attuazione agli atti adottati dalla stessa (ex art. 2, par. 1, TFUE).

A tal proposito, si ricorda che l'articolo 3, par. 2, stabilisce, altresì, la competenza esclusiva dell'Unione per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata.

Rientra nella competenza esclusiva dell'Unione qualsiasi atto di portata generale che stabilisca se e con quali modalità gli operatori economici dei paesi terzi possano partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell'Unione (v. paragrafo 57).

Il carattere esclusivo della competenza dell'Unione in materia è confermato implicitamente dal potere dell'Unione di sospendere o limitare l'accesso al mercato degli appalti pubblici dell'UE agli operatori economici di paesi terzi non contemplati in caso di difficoltà riscontrate dalle imprese di uno o più Stati membri nell'ottenere l'aggiudicazione di appalti pubblici in detti paesi terzi (v. art. 86 della direttiva 2014/25), oltre che espressamente dal regolamento IPI che prevede analoghe misure generali di esclusione o di limitazione dell'accesso.

In tal senso il considerando n. 3 del regolamento IPI prevede che l'accesso di operatori economici di paesi terzi al mercato degli appalti pubblici dell'Unione rientra nell'ambito di applicazione della politica commerciale comune).

Ne discende, dunque, che solo l'Unione può adottare atti di portata generale concernenti l'accesso ai mercati degli appalti pubblici degli operatori economici di paesi terzi non contemplati.

La Corte aggiunge che in assenza di atti generali adottati dall'Unione, spetta all'ente aggiudicatore valutare l'ammissione di un operatore economico di un paese terzo non contemplato alla partecipazione ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico e, in caso di ammissione, quella di indicare nei documenti di gara modalità di trattamento differenziato che possono consistere anche in un adeguamento del punteggio risultante dal confronto concorrenziale (v. paragrafi 63 e 64).

Ne discende, secondo i giudici del Lussemburgo, che le autorità nazionali non possono applicare ai predetti operatori economici, laddove ammessi a partecipare ad una procedura d'appalto, le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva 2014/25, pena la violazione della competenza esclusiva dell'Unione in detto settore (v. paragrafi 65 e 66).

Per i giudici, pur essendo ammissibile che il trattamento differenziato dei suddetti operatori debba comunque essere improntato ai principi di trasparenza e di proporzionalità, un loro ricorso volto a denunciare la violazione di siffatti requisiti può essere esaminato solo alla luce del diritto nazionale e non alla luce del diritto dell'Unione (v. paragrafo 66).

La Corte conferma, pertanto, che l'interpretazione degli articoli 36 e 76 della direttiva 2014/25 sulla possibilità di chiedere agli offerenti chiarimenti sull'offerta o integrazioni documentali non è, in alcun modo, pertinente ai fini della soluzione della controversia principale e dichiara irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale.

Osservazioni

Nell'ambito dei dibattiti che si sono sviluppati a seguito della pronuncia, insigni giuristi hanno osservato che la Corte avrebbe lasciato un ampio spazio di discrezionalità alle amministrazioni aggiudicatrici chiamate a decidere di volta in volta se escludere dalle procedure di appalto le offerte di operatori economici di paesi terzi non contemplati e, in caso di loro ammissione, se prevedere modalità di trattamento differenziate tramite un adeguamento del punteggio.

La soluzione al primo problema richiede un coordinamento con le misure IPI adottate dalla Commissione sull'esclusione delle offerte di operatori economici originari di un paese terzo non contemplato.

Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori dovranno, quindi, previamente verificare l'esistenza di tali misure.

In assenza di misure IPI di esclusione gli enti aggiudicatori potranno valutare, a loro insindacabile giudizio, l'ammissione delle offerte.

Quanto, invece, al tema del trattamento differenziato applicabile, dalla sentenza sembrerebbe emergere la possibilità di prevedere a monte regole di partecipazione distinte e quindi una lex specialis caratterizzata da diversi regimi applicabili a seconda del profilo soggettivo dell'offerente.

Tale opzione potrebbe complicare eccessivamente la fase di predisposizione della documentazione di gara e quella successiva di scelta del contraente con un appesantimento delle attività delle stazioni appaltanti.

Per ovviare a tale problema si potrebbero prevedere dei punteggi premiali per gli operatori economici dell'UE e per quelli dei paesi terzi contemplati oppure si potrebbero modulare i criteri di selezione, limitando le referenze valutabili a quelle riguardanti i contratti aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici, dagli enti aggiudicatori oppure dalle istituzioni dell'UE.

Si confida che le direttive di nuova generazione sugli appalti pubblici riusciranno ad operare un riordino della materia, colmando le lacune evidenziate.

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