Effetti del giudicato: in sede di esecuzione rilevano anche circostanze normative o di fatto sopraggiunte che limitano o escludono gli effetti ulteriori del giudicato?
31 Dicembre 2024
I comproprietari di un'area comunale impugnavano avanti il TAR per la Puglia la delibera del Comune di adeguamento del piano regolatore generale (PRG) alla delibera della Giunta della Regione di approvazione del nuovo P.R.G. che, diversamente dal precedente P.R.G., eliminava la destinazione residenziale all'area di loro proprietà. A seguito dell'ottemperanza del Comune alla sentenza del TAR, mediante la previsione per le aree in questione della destinazione residenziale, la Regione Puglia, con delibera della Giunta, non approvava tale classificazione. Avverso tale deliberazione della Giunta regionale gli appellanti adivano nuovamente il TAR per la Puglia, che accoglieva il ricorso. La Regione Puglia impugnava la sentenza del TAR avanti il Consiglio di Stato che respingeva il ricorso. Quindi, il Comune per ottemperare alla sentenza del Consiglio di Stato chiedeva alla Regione l'approvazione della variante urbanistica al PRG dell'area di proprietà dei ricorrenti, ma la Regione, pur deliberando l'approvazione, reintroduceva i limiti e vincoli sulle aree in applicazione del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR). I proprietari chiedevano l'ottemperanza della predetta decisione del Consiglio di Stato. In via preliminare, la Sezione disponeva una verificazione dalla quale emergeva che l'area andava qualificata come zona residenziale in forza del giudicato conseguente alla sentenza del TAR Puglia e che alla data della sentenza del TAR le prescrizioni nella nuova delibera regionale di approvazione della variante risultavano incompatibili con il giudicato cui dare esecuzione, definendo vincoli maggiormente restrittivi rispetto alle previsioni urbanistiche all'epoca vigenti. Il Collegio, dunque, ha focalizzato l'esame sulla legittimità della reintroduzione, con la nuova delibera di approvazione, dei limiti al diritto di edificare, riconducibili al nuovo PRG, ovvero sulla sopravvivenza dei vincoli ai fini dell'adozione della variante; infatti, la Regione sosteneva che la propria scelta “discrezionale” fosse vincolata da atti pianificatori sovraordinati, che avrebbero impedito l'autorizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Tuttavia il Collegio ha osservato che già la decisione del Consiglio di Stato, della quale si chiede l'esecuzione, aveva esaminato, in rapporto a quanto previsto dal precedente Piano Urbanistico Territoriale Tematico (PUTT), la sopravvivenza dei vincoli ai fini dell'adozione della variante; in quella occasione la Regione Puglia, rilevando che i vincoli e gli atti pianificatori richiamati dalla Regione sono preesistenti al giudicato della sentenza del TAR, al giudizio e alle delibere ivi impugnate. Con la nuova approvazione della variante l'amministrazione reintroduce nuovi limiti con diversa qualificazione. Pertanto, il Collegio ha chiarito che, come è emerso in esito alla verificazione, il giudicato della prima sentenza del TAR si era già formato sulla base della normativa all'epoca vigente, di modo che non residuava un potere discrezionale della Regione per una nuova scelta pianificatoria; come evidenziato da consolidata giurisprudenza, l'esecuzione del giudicato amministrativo non può essere il luogo per tornare a mettere in discussione la situazione oggetto del ricorso introduttivo di primo grado, su cui il giudicato ha conclusivamente deciso; se così fosse, il processo rischierebbe di non avere mai termine, in contrasto con il diritto alla ragionevole durata del giudizio, all'effettività della tutela giurisdizionale, alla stabilità e certezza dei rapporti giuridici; da qui l'obbligo in capo all'amministrazione di esecuzione secondo buona fede e senza frustrare la legittima aspettativa del privato alla stabile definizione del contesto procedimentale (Cons. Stato, Ad. Plen., 9 giugno 2016, n. 11). Quanto all'incidenza delle sopravvenienze, il Collegio ha sottolineato che, come evidenziato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2, l'esigenza di certezza, propria del giudicato, non può proiettare l'effetto vincolante verso tutte le situazioni sopravvenute di riedizione del potere ove coinvolga situazioni nuove e non contemplate in precedenza. Però, la riedizione del potere deve essere assoggettata a precisi limiti e vincoli secondo l'impostazione soggettiva nel nostro modello processuale e con la Corte europea dei diritti dell'uomo (18 novembre 2004, caso Zazanis c. Grecia) per cui l'amministrazione, in sede di attuazione di una decisione esecutiva del giudice amministrativo, non può rimettere in discussione quanto accertato in sede giurisdizionale. Tuttavia, il Collegio, con riferimento al caso specifico, ha precisato che, sebbene in via generale l'amministrazione, nel rispetto della buona fede e leale collaborazione può, nel riesercitare il potere pianificatorio, discostarsi dal dictum giurisdizionale, nel caso di specie, trattandosi di un'area già edificata che non era soggetta ai vincoli, l'introduzione dei nuovi limiti frusterebbe le aspettative riposte nell'esecuzione del giudicato, neutralizzando il giudicato maturato sin dalla prima sentenza del TAR e, poi, con quella del Consiglio di Stato. Pertanto, ad avviso del Collegio, atteso l'inequivoco tenore della sentenza ottemperanda, l'amministrazione deve garantire la perfetta esecuzione delle decisioni citate, alle condizioni che esistevano al momento del passaggio in giudicato della sentenza del TAR e senza dar rilievo alle sopravvenienze; infatti, la sentenza del Consiglio di Stato, come ivi già affermato, non essendo stata appellata dalle Amministrazioni comunale e regionale, le ha private di ogni potestà discrezionale di pianificazione rispetto alla classificazione dell'area; dalla sentenza del T.a.r deriva chiaramente che le attività del Comune e della Regione, successive alla sentenza non potevano condurre ad una classificazione diversa dell'area . Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha dichiarato la nullità degli atti impugnati per elusione del giudicato nei limiti in cui essi contrastano con la propria sentenza ottemperanda. |