Questioni di legittimità costituzionale: overruling della Consulta sull’ammissibilità, sotto il profilo della rilevanza, in materia di determinazione della competenza del giudice

Redazione Scientifica Processo amministrativo
10 Gennaio 2025

Secondo la Corte costituzionale, precludere a un giudice di sollevare questione di legittimità costituzionale sulla norma che è alla base della sua potestas iudicandi equivale a suggellare l'esistenza di una “zona d'ombra” nel controllo di legittimità costituzionale della legge, vincolando il giudice di merito all'applicazione di norme in ipotesi contrarie alla Costituzione, anche quando il giudice non abbia avuto la di sollevare tale questione.

Il Tribunale di Firenze sollevava questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 4, t.u. immigrazione, interpretato nel senso che è il giudice dell'esecuzione competente a revocare la sanzione sostitutiva dell'espulsione, anziché il giudice che accerti il reato di reingresso illegittimo nel territorio dello Stato di cui all'art. 13, comma 13-bis, del medesimo t.u., pur quando questo reato non sia ancora stato accertato con sentenza definitiva, per violazione degli artt. 3,24, secondo comma, e 27, secondo comma, Cost. Il giudice rimettente dubitava della legittimità costituzionale della disposizione censurata così come interpretata dalla Corte di cassazione in sede di risoluzione del conflitto negativo di competenza, sollevato dal medesimo Tribunale nel cui circondario era stata accertata la presenza dell'interessato, ed evidenziava il proprio dovere di conformarsi alle statuizioni della Suprema Corte, ai sensi dell'art. 25 c.p.p., per cui la competenza attribuitagli non può essere nuovamente messa in discussione. L'Avvocatura generale dello Stato eccepiva il difetto di rilevanza delle questioni perché il giudice designato non può rimettere in discussione la competenza attribuitagli dalla Corte di cassazione, con conseguente irrilevanza delle questioni in materia di competenza, dato che una eventuale decisione della Corte sulla legittimità costituzionale del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione, non avrebbe nessuna influenza.

La Corte ha respinto l'eccezione sollevata dalla difesa erariale. Al riguardo ha osservato che sinora la giurisprudenza costituzionale ha considerato inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale sulla determinazione della competenza del giudice, ove sollevate dal giudice dichiarato competente dalla Corte di cassazione in sede di risoluzione di un conflitto di competenza, in quanto la relativa determinazione è coperta dal giudicato. Pertanto, il giudice indicato quale competente dalla Corte di cassazione mai potrebbe discostarsi dalla relativa statuizione, stante l'effetto preclusivo spiegato dall'art. 25 c.p.p., non potendo la questione di legittimità costituzionale sollevata comportare una sorta di “revisione di grado ulteriore” delle interpretazioni, ovvero delle decisioni della Corte di cassazione.

Tuttavia, la Corte ha deciso di operare una rimeditazione del citato orientamento  precedente: se è vero che nel caso di annullamento con rinvio la Corte di cassazione si limita a “interpretare” la legge, enunciando una norma vincolante per il giudice del rinvio, che dovrà “applicarla” nel caso concreto, è anche vero che anche il giudice indicato competente dalla Corte di cassazione è chiamato a svolgere il giudizio sulla base della sua individuazione quale giudice competente da parte della Corte di cassazione. L'instaurazione e celebrazione del giudizio avanti una autorità giudiziaria e non ad altra, costituisce momento integrante dell'“applicazione” della disciplina della competenza nel caso concreto. Sino a che il giudizio non si instauri e non si svolga, la norma sulla competenza non può dirsi ancora (compiutamente) “applicata” al caso concreto. Quindi non ci sono ragioni perché il giudice indicato quale competente dalla Corte di cassazione non possa, come il giudice del rinvio, sollecitare la Corte a verificare la compatibilità con la Costituzione della norma posta dalla Corte di cassazione alla base della propria decisione e destinata a costituire il presupposto per lo svolgimento del successivo giudizio.

Inoltre, la Corte ha affermato che precludere a un giudice di sollevare questione di legittimità costituzionale sulla norma che è alla base della sua potestas iudicandi equivale a suggellare l'esistenza, se non proprio di una “zona franca”, di una “zona d'ombra” nel controllo di legittimità costituzionale della legge, il cui risultato è quello di vincolare il giudice di merito all'applicazione di norme in ipotesi contrarie alla Costituzione, anche quando il giudice non abbia avuto la possibilità, in un momento precedente del processo, di sollevare tale questione. Tale soluzione appare in contrasto con il dovere, incombente su ogni giudice, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, di vigilare sul rispetto della Costituzione da parte della legge e di investire la Corte di ogni dubbio di legittimità costituzionale che ritenga non manifestamente infondato, in relazione alle norme che trovano applicazione nel giudizio incluse quelle che ne stabiliscono la competenza.

D'altro canto, la Corte ha ribadito l'esigenza di assicurare che il controllo di costituzionalità esercitato sia tale da «coprire nella misura più ampia possibile l'ordinamento giuridico”. Riconoscere l'ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevata non vuol dire ammettere una “revisione di grado ulteriore”, né una impropria impugnazione della decisione della Corte di cassazione, alla quale spetta l'ultima parola in ogni controversia sull'esatta e uniforme interpretazione della legge, ex art. 65, primo comma, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario). Invece, simili questioni sollecitano la Corte a svolgere il proprio compito, ovvero verificare che la legge, così come interpretata in ultima istanza dalla Corte di cassazione, non si ponga in contrasto con la Costituzione.

La Corte, sulle conclusioni raggiunte ha richiamato il recente orientamento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, sulla facoltà del giudice, indicato quale titolare della giurisdizione in sede di regolamento di giurisdizione, di sollevare questione pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia UE sulla compatibilità con il diritto dell'Unione della norma sulla giurisdizione enunciata dalla Corte di cassazione, in via definitiva (Cass. civ., sez. un., sentenza 4 aprile 2022, n. 10860).

Nel merito la Corte ha affermato che l'istanza di revoca potrà essere presentata al giudice dell'esecuzione, ed essere da questi accolta, soltanto sulla base dell'accertamento definitivo del giudice di cognizione competente del delitto di illecito reingresso compiuto dallo straniero.  

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (t.u. dell'immigrazione), sollevate dal Tribunale ordinario di Firenze.

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