Affidamento condiviso: per le decisioni di ordinaria amministrazione non è necessario il consenso congiunto
10 Gennaio 2025
Massima Nei casi di affidamento condiviso, per questioni di ordinaria amministrazione può decidere anche il solo genitore collocatario senza alcuna lesione del diritto alla bigenitorialità. Il caso Il Tribunale di Torino, a seguito di richiesta di modifica dei provvedimenti precedentemente adottati in ordine all’affidamento di un figlio minore, rigettava la avanzata istanza di affidamento esclusivo del figlio al padre confermando, dunque, l’affidamento condiviso, ma con la riduzione dei tempi di permanenza dello stesso presso la madre. Veniva altresì dal Tribunale disposta la presa in carico dei genitori da parte del Servizio Sociale affinchè fosse intrapreso un percorso di mitigazione della conflittualità tra loro e di ripresa delle loro modalità comunicative, necessarie per una sana crescita del figlio. Il provvedimento veniva reclamato dal padre avanti la Corte d’Appello che respingeva la avanzata richiesta di affidamento super-esclusivo e, in ragione delle difficoltà mostrate dalla madre nel relazionarsi con il figlio, riteneva fosse da modificare la regolamentazione delle visite. Ma, soprattutto, la Corte d’Appello, confermando l’affido condiviso, precisava che, quanto alle decisioni di maggiore interesse relative alla istruzione, all’educazione, alla salute ed alla scelta della residenza abituale del minore, le stesse avrebbero dovuto essere sempre concordate da entrambe i genitori; per quanto riguardava, invece, le questioni di ordinaria amministrazione, la Corte attribuiva al genitore collocatario, cioè al padre, il potere di assumere decisioni in autonomia di tipo scolastico, sportivo e ricreativo. Il padre ricorreva, dunque, in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello, attribuendo al padre, nell’ambito di un affidamento condiviso, il potere di assumere le suddette decisioni in autonomia, avrebbe creato una figura di affidamento condiviso “spuria”, non prevista dalla normativa né dalla giurisprudenza, in quanto la fattispecie avrebbe dovuto giustificare e sfociare in una pronuncia di affidamento esclusivo. Il ricorrente, a tal proposito, rimarcava che era stata la stessa Corte a confermare che la madre non era idonea a svolgere la sua funzione genitoriale richiamando, all’uopo, il passaggio della CTU in cui si evidenziava che la stessa “non riesce ad essere accogliente ed empatica rispetto alle richieste del figlio ma rimane distante ed immobile “ La mancata motivazione in ordine al mancato accoglimento della domanda di affido super esclusivo e la contraddittorietà della decisione di affido condiviso rispetto alle conclusioni della CTU, rappresentavano ulteriore motivo di impugnazione avanti la Suprema Corte. La resistente, con ricorso incidentale, assumeva che la sentenza impugnata, pur partendo dalla corretta premessa della statuizione di affido condiviso, avrebbe violato il principio della bigenitorialità e dell’istituto stesso, escludendo la madre da ogni decisione inerente la regolamentazione della vita ordinaria, con evidenti ripercussioni anche sull’immagine e sulla autorevolezza della genitrice nei confronti del figlio. La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza quivi in esame, rigetta, in quanto inammissibili, i motivi di impugnazione avanzati dal ricorrente e, al contempo, ritiene il motivo del ricorso incidentale infondato. La questione La questione su cui la Suprema è stata chiamata ad intervenire concerne il concetto di affido condiviso e la sua concreta applicazione, nonché l’esame dei presupposti che possono giustificare la pronuncia di affidamento esclusivo e super esclusivo (c.d. rafforzato). Le soluzioni giuridiche Come è noto, l’attuale contesto normativo in tema di provvedimenti relativi alla prole si fonda sul diritto alla bigenitorialità riconosciuto al minore. Ne consegue che l’affido condiviso, previsto dall’art 337-ter c.c., resta il modello di riferimento nei casi di scioglimento della famiglia, restando comunque sempre il compito del Giudice di garantire e preservare il preminente e superiore interesse del minore. In applicazione dell’art 337-quater c.c., tuttavia, l’organo giudicante può disporre l’affido esclusivo ad uno solo dei genitori qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. Trattasi di soluzione che rappresenta l’extrema ratio da adottarsi solo qualora l’affidamento condiviso si riveli pregiudizievole per il figlio. Ad esempio, nel caso in cui un genitore sia indifferente nei confronti del figlio, con contegno assente o disinteressato, ovvero non contribuisca al suo mantenimento, oppure manifesti un disagio esistenziale incidente sulla relazione affettiva, tale da non poterlo considerare adempiente ai propri doveri genitoriali, non vi è dubbio che tali condotte giustifichino la deroga al regime dell’affidamento condiviso. Da parte di alcuna giurisprudenza di legittimità, anche l’elevata conflittualità tra genitori, laddove idonea ad alterare e porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli e, quindi, in grado di pregiudicare il loro superiore interesse, è stata considerata quale elemento giustificativo della pronuncia di affido esclusivo. Ma affinchè si possa derogare al regime dell’affidamento condiviso, occorre che la motivazione del Giudice si fondi non solo sul fatto che risulti nei confronti di uno dei due genitori una condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa, ma anche che sia comprovata, in positivo, l’idoneità del genitore affidatario. Nel modello di affidamento monogenitoriale, il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva ha l’esercizio della responsabilità genitoriale su di loro, ma le decisioni di maggior interesse per i figli medesimi devono essere adottate da entrambi i genitori, secondo quanto previsto dall’art 337-quater c.c. In particolare, recita l’articolo, «il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse». È quindi doveroso precisare che il provvedimento di affido esclusivo non incide sulla titolarità della responsabilità genitoriale, ma ne modifica solo l’esercizio, nel senso che il genitore cui non sono affidati i figli ha sempre il diritto ed il dovere di vigiliare sulla loro istruzione ed educazione . In altre parole, l’affido esclusivo comporta un maggior grado di autonomia decisionale per il genitore affidatario che può prendere decisioni sulla vita quotidiana del figlio senza il consenso dell’altro genitore. Ma per le decisioni rilevanti, quali quelle legate alla salute o alla formazione scolastica, il genitore non affidatario mantiene il diritto di essere consultato e informato. Vi è, poi, il modello di affidamento “rafforzato” o “super eslcusivo” che, pur non essendo contemplato a livello normativo, è una figura coniata dalla giurisprudenza e ormai applicata dai Tribunali. Tale istituto può essere ritenuto un sistema alternativo alla privazione della responsabilità genitoriale del genitore non affidatario di cui all’articolo 337-quater c.c. A differenza dell’affidamento esclusivo, dove l’esercizio della responsabilità genitoriale è preclusa al genitore affidatario, ma le decisioni di maggior importanza per i figli continuano ad essere prese in comune dai genitori, nell’affidamento super esclusivo anche le decisioni di maggior importanza vengono assunte solo dal genitore affidatario senza il coinvolgimento dell’altro. Inquadrati, dunque, i tre suddetti istituti, veniamo all’esame della decisione quivi in esame. In primo grado, rigettando l’istanza di un padre di affidamento esclusivo, presso il quale era già collocato prevalentemente il figlio minore, tenuto conto delle risultanze della CTU, il Tribunale confermava l’affido condiviso dello stesso riducendo i tempi di permanenza del minore presso la madre. La Corte d’Appello di Torino, a seguito di reclamo proposto dal padre, rigettava l’istanza di affidamento super-esclusivo, ma, in virtù delle criticità manifestate dalla madre, nel confermare l’affido condiviso, stabiliva che le decisioni di maggior interesse relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore avrebbero dovuto essere sempre concordate da entrambe i genitori, mentre per le questioni di ordinaria amministrazione, il padre collocatario avrebbe avuto il potere di assumere le decisioni in autonomia sulle questioni ordinarie di tipo scolastico, sportivo e ricreativo. Una tale decisione ha indotto il padre a ricorrere in Cassazione per avere la Corte d’Appello creato una figura di affidamento condiviso “spuria”, non prevista dalla legge e dalla giurisprudenza, dal momento che porre le decisioni sulle scelte ordinarie a carico esclusivo del padre avrebbe dovuto comportare la pronuncia di affido esclusivo, risultando svuotata di fatta la peculiarità dell’affido condiviso. La Suprema Corte, respingendo l’avanzato ricorso, ha invece confermato come l’affidamento condiviso sia del tutto compatibile con l’attribuzione al padre, collocatario, dei suddetti poteri, avendo ben motivato la Corte d’Appello le ragioni per escludere i presupposti per l’affidamento esclusivo e super-esclusivo. Tali motivazioni si basavano sul fatto che, pur essendo emerse alcune criticità della madre circa le modalità empiriche con cui si rapportava al figlio, pur a fronte della osservata incapacità della stessa di coinvolgere il figlio in attività emotive e divertenti ed incapacità decisionale, tuttavia era indubbio il reciproco forte legame tra madre e figlio; tale difficoltà relazionale avrebbe potuto essere superata con un percorso di psicoterapia. La soluzione concreta più confacente era quella di ridurre i tempi delle visite della madre, anche a fronte di alcuni rifiuti da parte del figlio di trascorrere i giorni convenuti con lei. Osservazioni Al centro delle argomentazioni della presente ordinanza della Suprema Corte vi è il tema della compatibilità con il regime di affidamento condiviso del riconoscimento al genitore collocatario del potere di assumere in modo autonomo le decisioni sulle questioni ordinarie di tipo scolastico, sportivo e ricreativo. Ciò in quanto l'art 337-ter c.c., riguardo al regime di affido condiviso, stabilisce che le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione ed alla salute ed alla scelta della residenza abituale del minore debbano essere assunte di comune accordo tra i genitori, mentre l'art 337-quater c.c. dispone che, in regime di affidamento esclusivo, salvo che non sia disposto diversamente, le decisioni di maggior interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Orbene: esaminando l'ordinanza in questione, a parere di chi scrive emerge effettivamente un problema interpretativo circa la qualificazione di decisioni su “questioni ordinarie di tipo scolastico, sportivo e ricreativo”, attribuite nel caso di specie al padre pur in regime di affidamento condiviso, e “decisioni di maggior e interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione ed alla salute” che la legge prevede debbano essere assunte congiuntamente in costanza del medesimo regime. Se è vero che, in base al citato art. 337-ter c.c., il Giudice, limitatamente alle questioni di ordinaria amministrazione, può stabilire che genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente, è altrettanto vero che lo stesso Giudice dovrebbe, a questo punto, chiarire quali decisioni di tipo scolastico, sportivo e ricreativo siano da intendersi ricomprese nelle scelte ordinarie, dal momento che la dicitura dell'art 337-ter c.c. , riguardo le scelte da condividere, si riferisce all'istruzione, all'educazione ed alla salute. Ciò pare necessario indipendentemente dal potere discrezionale che la legge pare attribuire al Giudice nella decisione, caso per caso, della regolamentazione del regime dell'affido condiviso.
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