La (non) prededucibilità del credito dell'advisor nella liquidazione controllata

15 Gennaio 2025

Il Correttivo-ter sembrerebbe aver posto la parola fine alla prededucibilità del credito dell' “advisor” del debitore nella liquidazione controllata. Il contributo analizza l'evoluzione normativa e giurisprudenziale che, dalla legge fallimentare, ha portato a tale esito, e sottolinea l’esigenza di armonizzare la disciplina della sorte dei crediti degli “advisor” con una più accurata definizione dei ruoli degli OCC nella fase di accesso alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento.

Introduzione

La recente entrata in vigore del d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136, e, in particolare, le modifiche da questo apportate all'art. 6 e all'art. 277, comma 2, del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (c.c.i.i.) costituiscono l'occasione per tornare sul non sopito tema della prededuzione del credito del professionista nominato dal debitore per essere assistito nell'accesso alle procedure concorsuali e, nello specifico, di quello nominato per conseguire assistenza nell'accesso alla procedura di liquidazione controllata.

Al fine di meglio illustrare l'attuale assetto ordinamentale sul tema, giova ripercorrere l'evoluzione dell'istituto, prendendo le mosse dalle vicende che hanno interessato il fallimento (ora liquidazione giudiziale), istituto accomunabile nella sua essenza alla liquidazione controllata.

La prededuzione nella legge fallimentare

Il percorso sino al riconoscimento della prededuzione al professionista che avesse assistito il debitore nell'allestimento e deposito della richiesta di autofallimento. L'indipendenza di tale riconoscimento dalla necessarietà dell'assistenza tecnica

Antecedentemente all'entrata in vigore del c.c.i.i., la prededucibilità trovava il nucleo della propria disciplina nell'art. 111 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267.

Per la verità, il termine prededuzione era “sconosciuto” al primo redattore della legge fallimentare: l'art. 111 l. fall. nel testo originario disponeva unicamente che le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo dovessero essere primariamente destinate al pagamento delle spese e dei debiti contratti dall'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio della impresa (ove questa fosse stata autorizzata).

Vigente tale testo, era giocoforza ritenere che questa forma di soddisfazione prioritaria dei crediti potesse operare unicamente per quelli sorti in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento, con esclusione di tutti quelli antecedenti.

La riforma intervenuta con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 portò con sé un significativo mutamento di prospettiva.

Venne infatti inserito nell'art. 111 legge fallimentare il nuovo comma 2, che definiva in linea generale i crediti prededucibili, disponendo che tali fossero quelli così qualificati «da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali …».

La nuova formulazione della norma si inseriva in un più generale contesto di favore per la prededuzione, attestato anche dal coevo graduale incremento delle ipotesi di soddisfazione prioritaria per specifica previsione di legge (come quelle inserite dal pur discusso art. 182-quater l. fall. - introdotto dall'art. 48 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, e poi abrogato dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83 - che accordava il beneficio della prededuzione ai crediti derivanti da finanziamenti effettuati in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo o di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti).

Del resto, l'ampliamento delle ipotesi di prededuzione favoriva il ricorso a strumenti “controllati” di definizione della crisi, riducendo l'uso di soluzioni stragiudiziali “fai da te”, che spesso sfociavano in fattispecie illecite o di aggravamento del pregiudizio al ceto creditorio.

Il nuovo testo dell'art. 111 apriva la porta al riconoscimento della prededuzione a crediti che trovavano la propria genesi in eventi antecedenti all'apertura della procedura concorsuale e riconducibili ad iniziativa del debitore poi assoggettato a procedura concorsuale.

Studiosi e giurisprudenza si orientarono in misura prevalente nel senso di ritenere che l'espressione sorti in occasione o in funzione non costituisse un'endiadi, con la conseguenza che le ipotesi di prededuzione per “occasione” e per “funzionalità” furono reputate autonome, sebbene accomunate da un nesso di strumentalità al vantaggio della massa dei creditori (cfr. ad es. A. Didone, in Giust. Civ., fasc. 1, 2013,. 63: «la struttura sintattica dell'art. 111, comma 2, l. fall. è tale da escludere la validità di qualsiasi opzione ermeneutica che tenda a sovvertire l'enunciato normativo, sostituendo artificiosamente le ipotesi previste alternativamente dalla disposizione (“crediti [...] sorti in occasione o in funzione”) con una sola ipotesi (“crediti [...] sorti in occasione e in funzione)»; in giurisprudenza, cfr. Cass. civ. 5 marzo 2014, n. 5098; Cass. civ. 14 marzo 2014, n. 6031; Cass. civ. 10 ottobre 2019, n. 25471; contra Trib. Siracusa 2 maggio 2012, che cita Trib. Pordenone 9 ottobre 2009).

La prededuzione “per occasione” era riconosciuta in base ad un criterio cronologico, in forza del quale si consideravano prededucibili i crediti sorti nel corso della procedura concorsuale per effetto di atti degli organi della stessa. La Suprema Corte aveva chiarito che il criterio dell'occasione doveva «essere integrato, per avere senso compiuto, con un implicito elemento soggettivo e cioè quello della riferibilità del credito all'attività degli organi della procedura» (Cass. civ. 15 gennaio 2014, n. 1513; Cass. civ. 20 ottobre 2016, n. 20113; Cass. civ. 11 dicembre 2020, n. 28364).

La prededuzione “per funzionalità” era invece riconosciuta a crediti sorti anche antecedentemente all'apertura delle procedure concorsuali, in base ad un criterio strettamente teleologico, che prescindeva – nelle opinioni maggioritarie - dalla componente soggettiva della derivazione da atti degli organi della procedura (Cass. civ.  17 aprile 2014, n. 8958; Cass. civ. 15 aprile 2016, n. 7579; sino alle più recenti Cass. civ. 21 giugno 2024, n. 17248 e Cass. civ. 8 luglio 2024, n. 18533; va dato atto che permanevano orientamenti più restrittivi, che subordinavano la prededucibilità per funzionalità al controllo attuato ex post dal giudice sulla riconducibilità dei crediti all'attività degli organi di procedura: cfr. Cass. civ. 24 gennaio 2014, n. 1513).

Approssimandoci al tema - che qui maggiormente interessa - dell'assistenza al debitore nelle procedure liquidatorie, nel vigore della legge fallimentare la giurisprudenza assolutamente prevalente affermava la prededucibilità del credito del professionista che avesse assistito il debitore, poi fallito, nella fase di preparazione, allestimento e deposito della domanda di fallimento, ritenendo che tale credito fosse funzionale all'interesse della massa. La prededucibilità veniva riconosciuta a prescindere dalla circostanza che, non essendo necessaria l'assistenza tecnica, la scelta del debitore di farsi assistere fosse stata determinata da ragioni di mera opportunità o convenienza (Cass. civ. 9 settembre 2014, n. 18922, richiamata obiter da Cass. civ. 15 aprile 2016, n. 7579; Cass. civ. 21 aprile 2016, n. 8091; Cass. civ. 28 giugno 2019, n. 17596; Cass. civ. 20 settembre 2021, n. 25313; Cass., sez. un., 31 dicembre 2021, n. 42093).

La legge 27 gennaio 2012 n. 3

La prededuzione del credito del professionista che assisteva il debitore nell'accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio

In tale contesto ordinamentale, il 27 gennaio 2012 interveniva la disciplina del sovraindebitamento, che nella versione in gazzetta ufficiale nulla disponeva in punto di prededucibilità dei crediti.

Tuttavia, già con le modifiche del d.l. 18 ottobre 2012 n. 179 (convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221) la prededuzione riceveva disciplina specifica anche nell'ambito delle procedure riservate al debitore sottosoglia, con la previsione che fossero prededucibili i finanziamenti effettuati (oltre che in esecuzione) in funzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti poi omologato (art. 10, comma 5), i crediti sorti in occasione o in funzione dei procedimenti di cui alla sezione I del capo II della legge (accordo con i creditori e piano del consumatore), compresi quelli relativi all'assistenza dei professionisti (art. 13, comma 4-bis), nonché i crediti sorti in occasione o in funzione dei procedimenti di cui alla sezione II del capo II della legge, tra cui rientrava la liquidazione del patrimonio, antesignana dell'odierna liquidazione controllata (art. 14-duodecies, comma 2).

Benché la prededuzione dei crediti dei professionisti che avessero prestato assistenza al debitore fosse espressamente prevista unicamente per i procedimenti di cui alla sezione I del capo II della legge (quelli di natura compositiva), i più ritenevano che il credito dell'advisor di cui si fosse munito il debitore per accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio fosse del pari prededucibile (cfr. Trib. Pavia 1° marzo 2021, in IUS Crisi d'impresa, 15 aprile 2021; Trib. Napoli 16 novembre 2017 e linee guida del Tribunale di Livorno 5 marzo 2021).

Tale orientamento, che si ricollegava agli arresti cui si era pervenuti sotto l'egida della legge fallimentare, riteneva che alle procedure di composizione della crisi fosse in ogni caso applicabile l'art. 111 l. fall. in forza della previsione espressa dell'art. 6, comma 1, della predetta legge (Trib. Milano 26 maggio 2022, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) – ilfallimentarista, con commento di F. Rasile; Trib. Milano 6 giugno 2022, in Rivista dei Dottori Commercialisti, 2022, 3, 449), a maggior ragione per quanto concerne la liquidazione controllata, in forza dell'assimilazione ontologica al fallimento (Trib. Como 18 dicembre 2019 e Trib. Bari 3 giugno 2021).

Il codice della crisi e dell'insolvenza

Il mutamento di rotta dell'ordinamento nei confronti della prededuzione. La correlazione dell'assenza di necessità dell'assistenza tecnica con l'assenza di riconoscimento della prededuzione al compenso dell'advisor

L'entrata in vigore del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza ha segnato un deciso mutamento di rotta rispetto alla disciplina previgente, indirizzato ad una restrizione delle ipotesi di prededucibilità, in coerenza con le previsioni della legge delega [art. 2, comma 1, lett. l), l. 19 ottobre 2017, n. 155], orientata a contenere le ipotesi di prededuzione, onde evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorbisse in misura rilevante l'attivo delle procedure.

Sulla base di tale indirizzo del legislatore delegante, nel codice della crisi è venuta meno la previsione generale di una categoria di crediti prededucibili connotati dall'essere sorti in mera funzione delle procedure concorsuali (è stata soppressa la c.d. “prededuzione funzionale generica”).

In luogo di tale previsione sono state enucleate delle ipotesi specifiche – che i più ritengono tassative o comunque di stretta interpretazione (App. Trieste 21 marzo 2024; A. Crivelli, La prededuzione dei professionisti, in dirittodellacrisi.it) - di crediti prededucibili per funzionalità rispetto alle procedure concorsuali [trattasi dei crediti sorti “in vista” della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o per la richiesta delle misure protettive - ex art. 6, lett. c), c.c.i.i. - nonché dei crediti sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo e del deposito della relativa proposta e piano, ex art. 6, lett. c), c.c.i.i.].

Nell'elencazione dell'art. 6 è assente la previsione di prededucibilità dei crediti sorti in funzione della domanda di liquidazione giudiziale.

Al contrario, per i crediti sorti in funzione della liquidazione controllata, la prededuzione è stata prevista dal secondo comma dell'art. 277 c.c.i.i., che contempla(va) l'unica ipotesi di prededuzione ulteriore rispetto a quella dei crediti dell'OCC nel panorama dei procedimenti di composizione delle crisi da sovraindebitamento.

Tale disparità di previsione risultava di non agevole comprensione, specie se raffrontata a quanto accadeva nelle procedure non liquidatorie, ove ad esser privi di prededuzione risultavano essere i professionisti che assistevano il debitore nelle procedure riservate alle imprese sotto soglia, mentre i professionisti ausiliari del debitore nelle omologhe procedure riservate alle imprese sopra soglia venivano beneficiati della prededuzione (a dispetto, in entrambi i casi, della larga sovrapponibilità di molte delle attività da svolgersi e del rinvio, operato dall'art. 74 c.c.i.i., alle norme previste per il concordato preventivo).

Aggravava il carattere non armonico della disciplina del c.c.i.i. la circostanza che ex art. 166 c.c.i.i. fossero esenti da revocatoria tutti i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti dal debitore alla scadenza per ottenere prestazioni di servizi strumentali all'accesso agli strumenti di regolazione della crisi ed alle procedure di insolvenza previste dal codice, con la conseguenza che, ai fini della revocatoria, ricevevano pari trattamento, beneficiando dell'esenzione, gli advisor che nella disciplina della prededuzione erano assoggettati a diverso regime.

Il paradosso era (ed è) di veder muniti di maggior tutela i professionisti che – a parità di prestazioni svolte – riuscissero ad “auto prededurre” i compensi, facendosi pagare in anticipo al di fuori del controllo della procedura.

Peraltro, il tenore dell'art. 277 c.c.i.i. non era tale da poter assumere con sicurezza che i crediti degli advisor che avessero assistito il debitore nella procedura di liquidazione controllata fossero prededucibili, perché la rubrica della norma (“crediti posteriori”) favoriva interpretazioni restrittive, che limitavano la portata della prededuzione ai crediti sorti successivamente alla sentenza di apertura della liquidazione stessa.

In giurisprudenza è prevalsa la tesi che il credito dell'advisor che abbia assistito il debitore nella procedura di liquidazione controllata non sia prededucibile (Trib. Mantova 15 dicembre 2023, n. 64; Trib. Genova 10 novembre 2023; Trib. Ascoli Piceno 13 luglio 2023; Trib. Torino 3 agosto 2023; Trib. Forlì 28 settembre 2023; Trib. Spoleto 5 aprile 2024, n. 24, Trib. Terni 4 luglio 2024). L'orientamento restrittivo nega la prededuzione poggiando – per l'appunto - sulla rubrica legis dell'art. 277 c.c.i.i. e sulla circostanza che non è prevista come obbligatoria l'assistenza al debitore nella predisposizione e nel deposito della domanda di liquidazione controllata.

Risulta evidente lo scostamento dagli arresti della giurisprudenza sviluppatasi sotto l'egida della legge fallimentare, che invece avevano slegato la prededuzione dalla necessarietà dell'assistenza tecnica.

Di contrario avviso Trib. Treviso 19 aprile 2024, che ha riconosciuto la prededuzione del credito del professionista che abbia assistito il debitore nella procedura di liquidazione controllata, ritenendo, da un lato, che l'art. 277, comma 2, c.c.i.i. si pone in un rapporto di specialità rispetto all'art. 6 del codice (norma che fa salve le ulteriori ipotesi di prededuzione previste dalla legge) e, dall'altro lato, che non sia rilevante la circostanza che il debitore possa presentare il ricorso personalmente, richiamandosi alle statuizioni rese dalla giurisprudenza di legittimità nell'egida dell'art. 111 della legge fallimentare e, in particolare, all'arresto della nota sentenza di capodanno 2021 delle Sezioni Unite.

Per contiguità di argomento giova osservare che anche per quanto concerne la liquidazione giudiziale si sta affermando un orientamento restrittivo, che nega il riconoscimento della prededuzione al professionista che abbia assistito il debitore nella predisposizione ed allestimento della domanda di apertura della procedura (Trib. Bergamo, verbale udienza di esame dello stato passivo del 19 febbraio 2024 e Trib. Verona, verbale udienza di esame dello stato passivo del 19 giugno 2024, in dirittodellacrisi.it), anche se sussistono pronunzie che si ricollegano agli orientamenti assertivi vigenti al tempo della legge fallimentare (Trib. Reggio Emilia 2 maggio, 2023).

Il Terzo Correttivo (d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83) non ha mutato il quadro di disciplina della prededuzione per quanto riguarda le procedure liquidatorie.

Il Correttivo-ter, l'abrogazione dell'art. 277, comma 2, e i primi spunti giurisprudenziali sul tema

Il d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 è invece intervenuto sul tema che ci occupa, in direzione che risulta ancor più restrittiva, disponendo l'abrogazione dell'art. 277, comma 2, c.c.i.i.

Contestualmente all'abrogazione dell'art. 277, comma 2, la novella ha modificato la lett. d) dell'art. 6 del codice della crisi con norma che assoggetta al regime di prededuzione «i crediti legalmente sorti durante la procedura di liquidazione giudiziale o controllata oppure successivamente alla domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell'insolvenza, per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi o dal debitore per il buon esito dello strumento».

Il riferimento ai crediti «legalmente sorti durante la procedura … di liquidazione controllata» del nuovo testo dell'art. 6 della lett. d) viene interpretato dai primi commentatori della norma nel senso letterale di accordare la prededuzione ai soli crediti sorti successivamente all'apertura della procedura di liquidazione (il testo, del resto, non lascia ampio spazio ad interpretazioni di diverso tenore).

Il riferimento alle prestazioni professionali chieste dal debitore per il buon esito dello strumento viene interpretato anch'esso restrittivamente dai primi commentatori, con riferimento alle prestazioni professionali richieste per il buon esito dei soli procedimenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza diversi dalla liquidazione controllata e dalla liquidazione giudiziale («il riferimento allo “strumento” porta ad escludere qualsiasi collegamento con i professionisti nominati in procedure liquidatorie…» così A. Crivelli, La prededuzione dei professionisti, in dirittodellacrisi.it).

L'intervento sembra aver posto quindi la parola fine alle discussioni sull'applicabilità del regime di prededuzione ai crediti dei professionisti che assistano il debitore nella predisposizione e nel deposito della domanda di liquidazione controllata, escludendo che gli stessi possano godere di priorità di soddisfazione rispetto a quelli concorsuali.

In tal senso si è espresso anche il primo precedente giurisprudenziale noto successivo all'entrata in vigore del Correttivo, riferito a ricorso depositato antecedentemente all'emanazione della novella, ma che risulta soggetto alla nuova disciplina ex art. 56, comma 4, d.lgs. 136/2024.

Trattasi della sentenza 25 ottobre 2024 del Tribunale di Forlì, che ha confermato l'orientamento già prevalente, statuendo che il compenso spettante al difensore del debitore per l'assistenza nella presentazione del ricorso «non può essere considerato quale spesa in prededuzione, non essendo tale voce prevista dall'art. 6 CCII e non risultando peraltro necessaria l'assistenza tecnica per presentare la domanda di apertura della liquidazione controllata, con la conseguenza che il credito professionale del legale dovrà essere oggetto di insinuazione al passivo ed ammesso in base al privilegio professionale ex art. 2751-bis n. 2 c.c.».

In conclusione

Con il Correttivo-ter sembrerebbe completata la fuga dell'ordinamento dal riconoscimento della prededuzione all'advisor che assiste il debitore nell'accesso alla procedura di liquidazione controllata e più in generale nell'accesso alle procedure di regolazione delle crisi da sovraindebitamento.

Per altro verso, risulta confermato il sostanziale “monopolio” dei crediti dell'OCC tra quelli dei professionisti che assistono il debitore nell'accesso alla procedura di liquidazione controllata.

Tale assetto ordinamentale appare tuttavia prematuro se rapportato alle attuali prassi applicative, che risentono dell'incertezza normativa sulla ricostruzione del ruolo degli OCC, i quali hanno rilevato dagli advisor la prededuzione che un tempo era riconosciuta alle prestazioni professionali rese dai professionisti nominati dal debitore, senza riuscire a ricoprirne totalmente il ruolo nelle prassi applicative.

Il riconoscimento della prededuzione all'OCC e la contestuale sua negazione agli advisor si basa largamente sull'opinione che la presenza dell'OCC renda superflua l'assistenza di professionisti di altra natura nella presentazione delle domande di accesso agli strumenti di composizione/definizione della crisi, benché la funzione di “ausilio” al sovraindebitato nella composizione della crisi da sovraindebitamento - presente nella l. 3 del 2012 - sia sparita dal linguaggio del legislatore in sede di definizione del ruolo dell'OCC nel codice della crisi, per essere sostituita dall'ancor più incerta locuzione di “tramite” nella presentazione delle domande.

In realtà, come osservato anche in dottrina (cfr. G. Gianna, Il ruolo dell'avvocato nelle procedure da sovraindebitamento, dalla L. 3/2012 al CCII, in  IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista , 24 aprile 2023), la prassi ha “tradito” il dato normativo (originario), attribuendo a soggetti diversi la redazione della proposta e della relazione. La prima è ordinariamente attribuita agli advisor e la seconda agli OCC.

Il “tradimento” è tuttavia parzialmente giustificato dalla circostanza che il legislatore ha assegnato all'OCC un ruolo multiforme (connotato - nella tesi legislativa - da indipendenza), che si estende dalla funzione di ausilio al debitore sino a quelle di “fidefacente nei confronti del tribunale e dei creditori” (così Trib. Vicenza 29 aprile 2014) e di ausilio al giudicante nella funzione di controllo dei contenuti della proposta del debitore.

Lasciando in disparte la discussione sul tema di come possa coniugarsi l'indipendenza richiesta all'OCC sulla valutazione della domanda con la funzione di ausilio al debitore nella predisposizione di una domanda che è chiamato a valutare, ai fini che qui interessano è opportuno evidenziare che se la scelta del legislatore si è definitivamente indirizzata verso l'intento di sclerotizzare la figura dell'advisor, sarebbe opportuno che tale intento venisse attuato mediante una più chiara definizione del ruolo dell'OCC, che oggi risulta non adeguatamente diviso tra l'ausilio al debitore e l'ausilio alla massa o all'autorità giudiziaria.

Indefinito e compresso il ruolo di ausilio al debitore dell'OCC e disincentivati economicamente i professionisti esterni, il sovraindebitato sembra collocato in uno stato di apparente solitudine nella predisposizione di domande che richiedono una competenza tecnica certamente superiore (per usare un eufemismo…) a quella del quivis de populo.

Nell'attuale contesto normativo e, soprattutto, nell'attuale stato di applicazione della normativa, il mancato riconoscimento della prededuzione all'advisor del debitore rischia di costituire un ostacolo all'assunzione dell'iniziativa di accedere alle procedure di sovraindebitamento e all'accesso ad esse, favorendo un ritorno alle soluzioni “fai da te”, della cui criticità si è già detto sopra.

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