Ricorso per ottemperanza: è ammissibile in caso di dissesto dell’Ente locale?

Redazione Scientifica Processo amministrativo
17 Gennaio 2025

Il ricorso per ottemperanza è generalmente ammissibile anche in caso di dissesto dell'Ente locale, ove l'amministrazione debba esercitare un potere di natura discrezionale non riducibile alla mera liquidazione di crediti di natura patrimoniale derivanti o meno da titolo giudiziario.

La pronuncia in esame riguarda un ricorso per l'ottemperanza della sentenza TAR Sicilia n. 1782/2023.

La ricorrente aveva ottenuto una precedente sentenza favorevole che accertava l'illegittima occupazione di terreni di sua proprietà da parte del Comune.  Tale occupazione era riconducibile alla determinazione dirigenziale riguardante l'approvazione di una perizia di variante per l'ammodernamento stradale. La procedura espropriativa, benché le particelle fossero incluse nel piano particellare di esproprio, non era mai stata portata a termine per mancanza di copertura finanziaria. La sentenza ottemperanda imponeva all'amministrazione di provvedere entro 120 giorni alternativamente alla restituzione dei terreni, con conseguente riduzione in pristino e risarcimento del danno, oppure all'acquisizione dell'immobile mediante accordo bonario o tramite la procedura ex art. 42-bis DPR 327/2001. A fronte dell'inerzia del Comune, la ricorrente ha proposto ricorso per ottemperanza.

In primo luogo, il Collegio ha precisato l'oggetto della vicenda che riguarda l'ottemperanza rispetto ad un giudicato i cui effetti patrimoniali, di competenza dell'organismo di liquidazione, stante lo stato di dissesto, sono solo conseguenziali alle scelte, da compiersi, in capo all'Ente locale. In proposito ha richiamato il principio secondo cui il ricorso per ottemperanza è generalmente ammissibile, anche in caso di dissesto dell'ente locale, quando l'amministrazione debba esercitare un potere discrezionale non riducibile alla mera liquidazione di crediti patrimoniali; invece quando sia in contestazione l'obbligo di emanazione dell'atto amministrativo che contempli il titolo di spesa, la competenza amministrativa e contabile resterebbe ancorata in capo all'organo straordinario per il divieto generale di esecuzione individuale e in forza del principio della par condicio creditorum.

Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto ammissibile il giudizio di ottemperanza, anche nei confronti di un Ente in dissesto, limitatamente alla coercizione di obblighi derivanti dal giudicato, che impongano l'esercizio di attività amministrativa, non riducibile alla mera liquidazione di un credito di natura pecuniaria, ovvero, come nel caso di specie, che impongano obblighi di facere (l'obbligo di restituzione o, in alternativa, l'acquisizione dell'immobile mediante valido titolo di acquisto ovvero tramite la procedura disciplinata dall'art. 42-bis del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327).

Invero ad avviso del Collegio, dalla sentenza ottemperanda non deriva l'obbligo di emanazione dell'atto di acquisizione sanante, ma residua in capo al Comune intimato un potere discrezionale di scelta tra la restituzione e l'acquisizione del suolo appreso illegittimamente; invece l'organo straordinario sarà eventualmente competente solo all'esito della scelta discrezionale (restituzione o acquisizione) che il Comune deve compiere e da cui dipendono anche la natura e l'entità delle conseguenti obbligazioni, di facere e di dare. Infatti, l'organo straordinario di liquidazione non esprime valutazioni caratterizzate da discrezionalità amministrativa ma mere valutazioni di ordine tecnico-contabile in sede di ricognizione della situazione debitoria dell'ente.

Il Collegio ha affermato l'ammissibilità del ricorso anche per quanto concerne le spese di lite della sentenza ottemperanda, sulla base del principio secondo cui rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione non solo le poste passive già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto, ma anche le obbligazioni che, pur sorte successivamente, costituiscano conseguenza diretta di atti e fatti di gestione precedenti al dissesto.

Il Collegio ha quindi accolto parzialmente il ricorso, ordinando al Comune di esercitare entro 60 giorni il proprio potere discrezionale di scelta tra restituzione e acquisizione dell'immobile. Ha inoltre nominato il commissario ad acta, precisando che i poteri dell'amministrazione e del commissario sono concorrenti fino all'effettiva adozione del provvedimento.

Il Collegio non ha invece accolto la richiesta di penalità di mora (astreinte) ex art. 114, comma 4, lett. e) c.p.a., ritenendo sussistenti ragioni ostative coincidenti nella non risalente formazione del titolo e nella peculiare condizione di dissesto dell'ente. Ha inoltre dichiarato inammissibile la parte del ricorso relativa all'esecuzione della condanna alle spese di lite della sentenza ottemperanda, in quanto per costante giurisprudenza, ai sensi dell'art. 248, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione le poste passive pecuniarie già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto e tutte le obbligazioni sorte in seguito che costituiscano comunque la conseguenza diretta ed immediata di “atti e fatti di gestione” precedenti alla dichiarazione di dissesto; nel  caso di specie la condanna al pagamento delle spese di lite rappresenta un'obbligazione che  trova origine in un fatto precedente alla dichiarazione di dissesto, ovvero l'occupazione dei terreni.

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