Inammissibilità del concordato minore per incompletezza della relazione particolareggiata
20 Gennaio 2025
Il Tribunale esordisce, nella propria motivazione, citando il recente orientamento della Suprema Corte (sentenza n. 30538 del 27 novembre 2024), espresso con riguardo ad una fattispecie di accordo di ristrutturazione ex l. n. 3/2012 ma che mantiene, a detta del Tribunale, intatta la sua validità con riferimento alle norme del codice della crisi d'impresa in parte qua. Con tale pronuncia, la Corte ha sottolineato, anche in tema di accordo di ristrutturazione dei debiti del sovraindebitato, il rilievo assunto dalla valutazione del comportamento del debitore e, segnatamente, che le cause del sovraindebitamento incidono sulla valutazione della fattibilità del piano sotto il profilo della affidabilità del proponente: «La condotta del debitore, infatti, va valutata per scriminare la sostenibilità del piano proposto ovverosia la sua idoneità a assolvere concretamente la sua funzione causale, valutazione che impone e presuppone un giudizio prognostico sulla “affidabilità” del proponente». Ebbene, a tal proposito, il Tribunale evidenzia, circa la condotta pregressa della società ricorrente e dei suoi soci, che la massa passiva della società e del socio accomandatario è costituita solamente da debiti verso l'Erario, accumulati – per espressa ammissione della ricorrente - sin dall'inizio della propria attività a causa della assenza di redditualità, «in sostanza finanziando la prosecuzione della attività di impresa a mezzo del mancato pagamento delle imposte». Pur a fronte di tale situazione, la ricorrente ha scelto di continuare ad operare aggravando il proprio dissesto, dimostrando una totale carenza di diligenza nella gestione dell'impresa». Circa, poi, la proposta in sé, il Tribunale evidenzia che la ricorrente ha presentato un piano caratterizzato da continuità pura e privo di ogni elemento liquidatorio con cui, invariata la organizzazione imprenditoriale, ci si auspica di accantonare, dai proventi dell'attività, 450 euro mensili complessivi, oltre alla somma che la socia accomandante si impegna a versare post-omologa (senza alcuna forma di garanzia in merito), per un fabbisogno totale di 37 mila euro, a fronte di un passivo pari a 271 mila euro. Neppure è presente una analisi dettagliata dei costi, e segnatamente degli oneri fiscali, che prospettivamente verranno maturati nel corso dei successivi cinque anni di attività. Ciò detto, il ricorso viene peraltro dichiarato inammissibile in ragione della non completezza della relazione particolareggiata, ritenuta «non idonea ad assolvere le sue funzioni». La relazione del gestore ha, infatti, ricorda il Tribunale, la duplice funzione di sostituire il giudizio del tribunale sulla fattibilità economica del piano e di fornire un supporto informativo completo ai creditori ai fini della espressione di voto. Il Tribunale rileva che:
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