Memorie integrative ed istruttorie nel rito semplificato post conversione: incompatibilità?

Cesare Taraschi
24 Gennaio 2025

Il Tribunale di Verona si è pronunciato su varie questioni inerenti alla conversione del rito ordinario in rito semplificato di cognizione, ora disciplinata dal quarto comma dell'art. 171-bis c.p.c., come sostituito dal d.lgs. n. 164/2024, che ha anche contestualmente abrogato l'art. 183-bis c.p.c.

Massima

In tema di conversione del rito ordinario in rito semplificato di cognizione, le memorie integrative degli atti introduttivi, previste dall'art. 171-bis, comma 4 c.p.c., come sostituito dal d.lgs. n. 164/2024, possono contenere, per l'attore, la formulazione di difese riconvenzionali conseguenti a quelle del convenuto e, per entrambe le parti, la precisazione del thema decidendum, la formulazione di nuove istanze istruttorie e l'allegazione di nuovi documenti.

Nel caso di procedimento semplificato derivante dalla conversione del rito ordinario disposta in sede di verifiche preliminari, dopo la scadenza dei termini perentori assegnati ai sensi dell'art. 171-bis, comma 4 c.p.c. deve ritenersi preclusa alle parti la possibilità di ulteriori difese integrative e, a maggior ragione, l'assegnazione del doppio termine previsto dall'art. 281-duodecies, comma 4, c.p.c., dovendosi altrimenti ritenere violata la perentorietà dei predetti termini e pregiudicata l'esigenza di maggiore speditezza che caratterizza il procedimento semplificato rispetto al rito ordinario.  

La fattispecie

Con il decreto emesso in sede di verifiche preliminari, nell'ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo introdotto con il rito ordinario, il g.i. del Tribunale di Verona, in ragione della non complessità dell'istruttoria, ha ritenuto di dover disporre la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato di cognizione, secondo quanto previsto dall'art. 171-bis, comma 4 c.p.c., nella formulazione conseguente al d.lgs. n. 164/2024.

Con il provvedimento in esame, quindi, è stata fissata l'udienza di cui all'art. 281-duodecies c.p.c., con assegnazione alle parti di due termini, di cui il primo per il deposito di memorie integrative e documenti ed il secondo per il deposito di memorie di replica.

 La questione affrontata

Le questioni esaminate dal Tribunale scaligero sono essenzialmente tre:

  1. se, nel caso di introduzione dell'opposizione a decreto ingiuntivo con rito ordinario, anziché con rito semplificato di cognizione, si ponga un problema di tempestività della spiegata opposizione;
  2. quale sia il contenuto delle memorie integrative degli atti introduttivi che le parti possono depositare nel caso di conversione del rito ordinario in rito semplificato, disposta ai sensi dell'art. 171-bis, comma 4 c.p.c.;
  3. se la scadenza del termine perentorio per il deposito delle predette memorie integrative precluda alle parti, nel prosieguo del procedimento semplificato, lo svolgimento di ulteriori difese integrative, ossia quelle previste dall'art. 281-duodecies c.p.c., ed, in particolare, la possibilità di ottenere la concessione del doppio termine per il deposito di memorie assertive ed istruttorie, di cui al comma 4 di tale ultima norma.
 La soluzione proposta

In relazione alla prima questione, il g.i., pur avendo rilevato la tempestività della spiegata opposizione, in quanto l'atto di citazione era stato non solo notificato, ma anche depositato nel rispetto del termine di 40 giorni di cui all'art. 641 c.p.c., ha precisato che un problema di tardività non si sarebbe comunque posto, in quanto l'obbligatorietà del rito semplificato, prevista dall'art. 281-decies, comma 1, c.p.c., è verificabile solo all'esito della costituzione del convenuto (dalle cui difese dipende l'accertamento della sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla predetta norma) e rimane, comunque, solo tendenziale, in quanto l'art. 281-decies, comma 1, ultima parte c.p.c. prevede in via generale il potere discrezionale del giudice di convertire il rito semplificato in rito ordinario, senza distinguere tra primo e secondo comma dell'art. 281-decies c.p.c., ragion per cui l'instaurazione di una causa con le forme del rito ordinario, anche nei casi previsti dall'art. 281-decies, comma 1, c.p.c., non può mai ritenersi erronea.

L'assunto è senz'altro condivisibile, in quanto l'obbligatorietà del rito semplificato, e la conseguente prosecuzione del giudizio nelle forme di tale rito, presuppone una valutazione comunque discrezionale del g.i., sicché non è neppure astrattamente prospettabile una questione di tempestività dell'opposizione a decreto ingiuntivo introdotta con il rito ordinario anziché con quello semplificato, discendendo l'obbligatorietà di quest'ultimo da una valutazione giudiziale a posteriori rispetto all'introduzione della causa.

Più discutibile, invece, risulta la soluzione prospettata in relazione alle altre due questioni esaminate, in particolare per quanto attiene al rapporto tra le memorie integrative degli atti introduttivi, previste dall'art. 171-bis, comma 4 c.p.c., e le ulteriori memorie che le parti possono depositare qualora il g.i., alla prima udienza di cui all'art. 281-duodecies c.p.c., conceda, su richiesta, il doppio termine previsto dal comma 4 di tale ultima norma.

In proposito, con il provvedimento in esame, si sostiene che, con le memorie integrative previste dall'art. 171-bis, comma 4 c.p.c., l'attore può formulare difese riconvenzionali conseguenti a quelle del convenuto ed entrambe le parti possono precisare il thema decidendum, formulare nuove istanze istruttorie ed allegare nuovi documenti. Tale interpretazione, secondo il Tribunale scaligero, «appare la logica conseguenza del principio della tutela dell’affidamento delle parti sul rito con cui la causa è instaurata, della necessità di evitare pregiudizi al diritto di difesa delle parti a fronte del passaggio da un rito a trattazione chiusa più elastica ad un rito a trattazione chiusa più rigida e dell’interpretazione che è stata comunemente data all’art. 426 c.p.c. (che si caratterizza per analoga formulazione)».

Ebbene, tale asserzione desta qualche perplessità, in quanto finisce per assegnare alle memorie de quibus un contenuto non meramente integrativo degli atti introduttivi, come vorrebbe la norma, ma in gran parte coincidente con quello proprio delle memorie istruttorie previste dall'art. 281-duodecies c.p.c., con cui le parti possono definire il thema decidendum ac probandum con la precisazione e modificazione delle domande, eccezioni e conclusioni già formulate, nonché con l'articolazione di nuove istanze istruttorie ed il deposito di nuovi documenti.

Il giudice scaligero, avendo assegnato alle memorie integrative degli atti introduttivi un contenuto sostanzialmente anticipatorio delle attività previste dall'art. 281-duodecies, commi 3 e 4 c.p.c., ha poi ritenuto precluso lo svolgimento di ulteriore attività difensiva nel prosieguo del procedimento semplificato, ed, in particolare, la concessione del doppio termine per il deposito delle memorie di cui al predetto comma 4, al fine, da un lato, di non vanificare la perentorietà dei termini assegnati in sede di conversione del rito e, dall'altro, di evitare una duplicazione di attività integrative, che avrebbe privato il rito semplificato della “maggiore speditezza” che lo stesso deve invece presentare rispetto al rito ordinario.

Ci sembra, però, che, così statuendo – ferma la difficoltà di coordinamento delle norme in esame, dovendosi in proposito comunque apprezzare lo sforzo interpretativo offerto dal provvedimento in esame - si sia invertito l'ordine logico processuale delle disposizioni de quibus. In effetti, il d.lgs. n. 164/2024, contenente disposizioni integrative e correttive alla riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022), nel riformulare interamente l'art. 171-bis c.p.c., ha ricondotto nell'alveo delle verifiche preliminari la conversione del rito ordinario nel rito semplificato, prima disciplinata dall'abrogato art. 183-bis c.p.c. (che rimetteva alla prima udienza l'adozione del provvedimento di mutamento del rito), e ha inserito nel comma 4 dell'art. 171-bis c.p.c. l'innovativa previsione dell'assegnazione di un «termine perentorio entro il quale le parti possono integrare gli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti».

Nel contempo, non è stata normativamente prevista, nell'ipotesi di conversione del rito, l'inapplicabilità dei commi 3 e 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c., che disciplinano la facoltà delle parti di svolgere ulteriori attività integrative, sia nel corso della prima udienza (comma 3), che previa concessione, da parte del giudice, di un doppio termine perentorio «quando l'esigenza sorge dalle difese della controparte» (comma 4).

Pertanto, in linea di principio, sostenere che, una volta scaduto il termine per le memorie integrative in sede di conversione del rito, resti preclusa la possibilità per le parti di svolgere ulteriore attività difensiva, si risolve in una tacita abrogazione dei commi 3 e 4 predetti, che, invece, coesistono, nell'impianto del rapporto tra rito ordinario e rito semplificato delineato dal d.lgs. n. 164/2024, con le memorie integrative dell'art. 171-bis, comma 4 c.p.c.   

La coesistenza delle predette disposizioni processuali è suffragata dalle seguenti considerazioni:

  • la disapplicazione dei commi 3 e 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c., nel caso in cui il g.i. disponga il mutamento del rito ordinario nel rito semplificato e la prosecuzione del giudizio con le forme di quest'ultimo, non sembra avere fondamento normativo, considerato che l'art. 171-bis, comma 4 c.p.c. prevede che il g.i. «fissa l'udienza di cui all'articolo 281-duodecies nonché il termine perentorio entro il quale le parti possono integrare gli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti»: in sostanza, sono configurabili, nello stesso giudizio, sia le attività difensive prospettate dall'art. 281-duodecies c.p.c., interamente richiamato dall'art. 171-bis c.p.c., che le (precedenti) attività difensive oggetto delle memorie integrative degli atti introduttivi. Allorquando il legislatore ha voluto limitare l'applicazione dell'art. 281-duodecies c.p.c. ad alcune soltanto delle sue disposizioni, lo ha detto chiaramente. Si veda, in proposito, il contenuto dell'ormai abrogato art. 183-bis c.p.c., che, nel disciplinare la conversione del rito ordinario nel rito semplificato, disposta dal giudice alla prima udienza di trattazione, prevedeva espressamente l'applicazione del (solo) «comma quinto dell'articolo 281-duodecies»: tale limitazione aveva una ratio evidente, in quanto, avendo le parti già depositato le memorie integrative di cui all'art. 171-ter c.p.c., non era possibile lo svolgimento delle attività difensive di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c., che quindi non trovavano applicazione. Mutatis mutandis, poiché l'attuale art. 171-bis, comma 4 c.p.c. richiama integralmente l'art. 281-duodecies c.p.c., e non solo il quinto comma dello stesso, deve propendersi per la persistente applicazione dei commi 3 e 4 di tale ultima norma anche nell'ipotesi di conversione del rito;
  • la considerazione che precede è suffragata, a livello letterale, dalla diversa funzione assegnata dal legislatore alle memorie in questione, in quanto quelle di cui al comma 4 dell'art. 171-bis c.p.c. sono finalizzate ad “integrare” gli atti introduttivi, mentre quelle di cui al comma 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c. mirano, in conseguenza delle difese svolte dalla controparte, alla definitiva fissazione del thema decidendum ac probandum
  • non convince la spiegazione posta dal Tribunale di Verona a fondamento dell'interpretazione inerente al rapporto tra le norme in questione, in quanto il diritto di difesa delle parti, nel passaggio da un rito all'altro, è tutelato proprio dalla previsione dei commi 3 e 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c., sicché non vi è necessità di anticipare, nelle memorie integrative degli atti introduttivi, le attività assertive ed istruttorie riservate ex lege alla prima udienza del rito semplificato ed alle memorie del predetto comma 4. Il diritto di difesa delle parti è, poi, ulteriormente salvaguardato:
    • dalla facoltà del giudice, alla prima udienza del rito semplificato, ove sia ritenuta l'insussistenza dei requisiti del rito semplificato, di disporre la riconversione di tale rito in quello ordinario. Nella citata Relazione illustrativa, in relazione al provvedimento di mutamento del rito, si assume, infatti, che «non si prevede più, rispetto alla formulazione dell'art. 183-bis, che il provvedimento assuma la forma dell'ordinanza "non impugnabile", proprio allo scopo di far sì che all'udienza il giudice, nel contraddittorio delle parti e re melius perpensa, possa rivedere la propria iniziale decisione e riportare il processo nei binari del rito ordinario»;
    • dal possibile ricorso da parte del giudice, eventualmente su sollecitazione della parte interessata, all'art. 101, comma 2, c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149/2022, che prevede, qualora la violazione del contraddittorio si sia concretizzata nella lesione del diritto di difesa, l'adozione dei provvedimenti opportuni nel caso concreto, per ripristinare la “parità delle armi”;                 
  • anche il paragone con l'analoga disposizione contenuta nell'art. 426 c.p.c. non appare convincente, in quanto, poiché il rito del lavoro si caratterizza per la sussistenza di decadenze ricollegabili agli stessi atti introduttivi, con i quali vanno, ad es., formulate le istanze istruttorie, le memorie integrative previste dall'art. 426 c.p.c., in tema di passaggio dal rito ordinario al rito laburistico, mirano a regolarizzare tali atti al fine di evitare il maturare delle predette decadenze. Il rito semplificato non prevede, invece, la sussistenza di decadenze ricollegabili agli atti introduttivi, sicchè non si pone la stessa esigenza di sanatoria degli atti di costituzione delle parti che caratterizza il rito laburistico. Tuttavia, non può non rilevarsi che, nella stessa Relazione illustrativa al d.lgs. n. 164/2024, si assume che per «salvaguardare il diritto di difesa delle parti e il contraddittorio…si è previsto – analogamente a quanto avviene nel passaggio dal rito ordinario al rito del lavoro ai sensi dell'art. 426 – che nel disporre il mutamento del rito il giudice debba prevedere dei termini per consentire alle parti il deposito di memorie e documenti, dal momento che il contenuto degli atti introduttivi varia a seconda che il processo si svolga nelle forme del rito ordinario o di quello semplificato». Da ciò si desume che lo scopo della disposizione in esame non sarebbe ravvisabile nell'anticipazione delle attività difensive previste dall'art. 281-duodecies c.p.c., bensì nella necessità di rendere gli atti introduttivi del rito ordinario, ossia gli atti di costituzione delle parti, conformi a quelli tipici del rito semplificato. E qui emerge, a parere del sottoscritto, il vero punctum dolens del comma 4 dell'art. 171-bis c.p.c., in quanto non è dato comprendere in cosa consista la differenza, pur prospettata nella Relazione illustrativa, tra gli atti introduttivi del rito ordinario e quelli introduttivi del rito semplificato, posto che il comma 1 dell'art. 281-undecies c.p.c. richiama tutti gli elementi dell'art. 163 c.p.c., e la comparsa di risposta nel rito semplificato, di cui al comma 3 del medesimo art. 281-undecies c.p.c., ha lo stesso contenuto di quella disciplinata, nel rito ordinario, dall'art. 167 c.p.c.;
  • occorre poi rilevare che, secondo il provvedimento emesso dal tribunale di Verona, con le memorie integrative di cui al comma 4 dell'art. 171-bis c.p.c., l'attore può formulare le difese riconvenzionali conseguenti a quelle del convenuto, mentre entrambe le parti possono precisare il thema decidendum, formulare nuove istanze istruttorie ed allegare documenti. Non si prevede, però, anche la facoltà delle parti di modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, magari attraverso la proposizione della cd. domanda complanare (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2024, n. 7592). In tal caso, negando la possibilità di svolgimento di ulteriori attività difensive dopo la scadenza dei predetti termini, si precluderebbe la possibilità della emendatio libelli, prevista invece nella prima memoria di cui al comma 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c., ma ipotizzabile anche alla prima udienza del rito semplificato in mancanza di un divieto normativo;
  • infine, non appare neppure condivisibile la scelta del giudice scaligero di sostituire il termine unico previsto dal comma 4 dell'art. 171-bis c.p.c. con un doppio termine, di cui il primo finalizzato al deposito di memorie integrative e documenti ed il secondo destinato alle memorie di replica. Il richiamo, anche in tal caso, all'art. 426 c.p.c. non appare soddisfacente, in quanto la prassi interpretativa e applicativa di tale norma si è tradotta nella concessione non di un doppio termine a ciascuna parte, bensì di un unico termine differenziato, ossia “sfalsato” per attore e convenuto, essendo cioè opportuno che il termine per il deposito della memoria integrativa dell'attore scada prima del termine per l'analoga memoria del convenuto, per consentire a quest'ultimo l'eventuale replica. E' allora evidente che se, nel rigoroso rispetto del comma 4 dell'art. 171-bis c.p.c., venisse assegnato alle parti un unico termine, sia pure differenziato nel senso precisato, per il deposito delle memorie integrative, vi sarebbero due memorie in meno (rispetto alle quattro previste nel provvedimento in esame) e diventerebbe più difficile arrivare ad escludere la facoltà delle parti di svolgere ulteriore attività difensiva nel prosieguo del procedimento semplificato, perché quanto meno l'attore (che è il primo a depositare la memoria integrativa) verrebbe privato del diritto di replica che gli è invece riconosciuto fino alla seconda memoria di cui al comma 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c.             

In conclusione, l'attività assertiva ed istruttoria che le parti possono espletare nelle memorie integrative previste in sede di conversione del rito ordinario in semplificato (si noti, in proposito, anche l'ulteriore incongruenza normativa tra la perentorietà del relativo termine e la previsione secondo cui le parti «possono», anziché «devono», integrare gli atti introduttivi, a differenza di quanto previsto nell'art. 426 c.p.c., secondo cui le parti “dovranno” provvedere all'eventuale integrazione) va intesa al più come diretta a consentire alle parti stesse di prevenire il rischio della mancata concessione da parte del giudice, alla prima udienza del rito semplificato, del doppio termine di cui al comma 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 164/2024. E può anche ritenersi del tutto plausibile che, dopo il deposito delle memorie in sede di conversione del rito, lo spazio applicativo dei commi 3 e 4 di tale ultima norma risulterà residuale, avendo le parti già svolto attività integrativa delle rispettive difese.

Ma non può a priori escludersi che, proprio in conseguenza delle difese espletate nelle memorie integrative del comma 4 dell'art. 171-bis c.p.c., insorga comunque l'esigenza delle parti di ottenere anche il doppio termine di cui al comma 4 dell'art. 281-duodecies c.p.c., disposizione, questa, che potrà comunque trovare applicazione, all'esito di una valutazione da operare caso per caso, qualora non si voglia pervenire ad una sostanziale interpretatio abrogans della stessa in tutte le ipotesi di conversione del rito ordinario in semplificato.

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