Procura speciale ex art. 380-bis c.p.c. soppressa dal Correttivo: rilevanza nomofilattica della questione

Roberto Succio
04 Febbraio 2025

La Riforma Cartabia aveva introdotto la necessità di una procura speciale al difensore per il ricorso in Cassazione, in particolare per la proposizione dell’istanza ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c. Tale previsione è stata abrogata dal Correttivo. Quale dei due decreti si applica in regime transitorio?

Massima

Ove l'istanza di decisione non sia corredata da una nuova procura speciale ai sensi dell'art. 380-bis, comma 2, c.p.c., si rende necessario valutare gli effetti e l'eventuale applicabilità al presente giudizio della modifica dell'art. 380-bis, comma 2, c.p.c., introdotta dall'art. 3, comma 3, lett. n), d.lgs. n. 164/2024, entrata in vigore il 26 novembre 2024, che ha soppresso la necessità che il difensore si munisca della procura speciale per richiedere la decisione; ciò tenendo conto della previsione dell'art. 7, d.lgs. 164/2024 secondo cui, ove non diversamente disposto, le norme novellate si applicano si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Il caso

Secondo la Corte la rilevanza della questione di cui alla massima rende opportuna la trattazione del ricorso in pubblica udienza, trattandosi di un profilo avente rilievo nomofilattico oltre che vertendo su materia del tutto nuova, la cui applicazione compete per la prima volta al giudice della Legittimità.

La questione

Come è noto, la richiesta di decisione collegiale, ex art. 380-bis c.p.c. deve essere formulata con istanza sottoscritta dal difensore; anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2024 questi doveva munito di una nuova procura speciale.

Detta procura che, non rientrando la richiesta della decisione tra gli atti elencati all'art. 83, comma 3 c.p.c., dovrebbe richiedere il conferimento con atto pubblico o scrittura privata autenticata. In argomento va richiamata quella giurisprudenza della Corte di Legittimità (Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2022, n. 23352), secondo la quale «nel giudizio di cassazione la procura speciale deve essere rilasciata a margine o in calce al ricorso o al controricorso, atteso il tassativo disposto dell'art. 83, 3° comma, c.p.c., che implica necessariamente l'inutilizzabilità di atti diversi da quelli suindicati; se la procura non è rilasciata contestualmente a tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma del citato art. 83 e, quindi, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata».

Ritiene chi scrive che la procura in argomento non sia una vera e propria nuova procura alle liti, del tutto autonoma a quella già conferita in sede di ricorso per cassazione; si tratta di una procura necessaria al compimento di uno specifico atto del giudizio di Legittimità, quindi speciale in quanto necessaria specialmente per il compimento di tale atto. Il requisito di novità, allora, dovrà sussistere con riferimento alla proposta, rispetto alla quale deve pertanto la procura essere successiva. La procura alle liti, infatti, attribuisce al difensore il potere di compiere tutti gli atti eccettuati di quelli che la legge riserva alla parte ovvero di quelli per il cui compimento è necessario l'espresso conferimento del potere; e proprio per chiedere la decisione ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c. la legge prevede una manifestazione di volontà della parte ad hoc.

La ragione di questa previsione - della quale non vi è traccia nella legge delega che ha preceduto l'introduzione nel sistema processuale dell'art. 380-bis c.p.c. in tema - non è facilmente comprensibile: se il legislatore avesse ritenuto che la richiesta di prosecuzione del giudizio, derivante dalla non accettazione della proposta del consigliere delegato, non ha carattere strettamente processuale, ma anche autenticamente dispositivo del diritto di azione, avrebbe dovuto imporre il rilascio in favore del difensore di un'apposita procura a contenuto anche sostanziale.

Così avviene in forza dell'art. 306, comma 2, c.p.c. per la rinuncia agli atti del giudizio e per la sua accettazione; si tratta di atti specifici, per i quali non è necessaria una nuova procura ad litem, che invece pare esser proprio in tali termini necessaria nel presente caso.

Nel concreto, quindi, è necessario – o meglio era, alla luce dell'intervenuta abrogazione di cui si è detto in esordio - il deposito di una procura nella quale magari si evinceva, dopo aver in premessa dato atto della comunicazione della proposta, l'intenzione della parte di conferire procura speciale al proprio difensore per la proposizione dell'istanza di cui all'art. 380-bis, comma 2, c.p.c., perché la Corte procedesse, vistane il deposito in atti, alla fissazione dell'adunanza camerale alla quale il ricorso era da porsi in decisione.

Le soluzioni giuridiche

Il d.lgs. n. 164/2024 ha poi previsto, in via generale, all'art. 7, comma 1, che le norme – integrative e correttive di quelle portate dal d.lgs. n. 149/2022 – «si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023»; dall'altro lato, non se esplicita con apposita previsione l'entrata in vigore, che ha quindi luogo secondo il meccanismo di ordinaria pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'11 novembre 2024, in forza del quale la sua entrata in vigore è avvenuta il 26 novembre 2024.

Il legislatore del ridetto decreto, c.d. “Correttivo”, dovendo interpretare e correggere norme entrate in vigore il 18 ottobre 2022 ex art. 52, comma 1, d.lgs. n. 149/2022 ma la cui efficacia decorre dal 28 febbraio 2023 secondo l'art. 35, comma 1, d.lgs. n. 149/2022 nel testo modificato dalla finanziaria per il 2023: l. n. 197/2022, ha omesso di introdurre un regime transitorio che regolasse il passaggio dalle norme integrate e corrette a quelle che appunto recavano le integrazioni e correzioni.

Il Giudice di Legittimità ritiene con giurisprudenza costante che «in difetto di esplicite previsioni contrarie, il principio dell'immediata applicazione della legge processuale sopravvenuta ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all'entrata in vigore della legge stessa, alla quale non è dato incidere, pertanto, sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio del tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere; un generale principio di “affidamento” legislativo (desumibile dall'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale) preclude, difatti, la possibilità di ritenere che gli effetti dell'atto processuale già formato al momento dell'entrata in vigore della nuova disposizione siano da quest'ultima regolati, quantomeno nei casi in cui la retroattività della disciplina verrebbe a comprimere la tutela della parte, senza limitarsi a modificare la mera tecnica del processo» (Così, per tutte, Cass. civ., sez. III, 12 maggio 2000, n. 6099).

Seguendo allora tale interpretazione può sostenersi che l'applicazione delle nuove norme ai «procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023» non significhi anche individuare il momento in cui sorge la loro efficacia; inoltre sarebbe stato opportuno disciplinare expressis verbis il passaggio dal vecchio al nuovo regime.

La lettura dell'art. 7, comma 1, d.lgs. n. 164/2024 coordinata con l'art. 11, comma 1, preleggi fa emergere che, in relazione ai processi introdotti dopo il 28 febbraio 2023, le norme del Correttivo dovrebbero risultare applicabili dal 26 novembre 2024, mentre, sino a questa data, riusciranno invece applicabili le norme del d.lgs. n. 149/2022, oggetto di integrazione e correzione.

Al netto di tali interpretazioni, pur sempre non insuscettibili di smentita, è evidente che la mancanza del regime transitorio potrebbe in realtà dirigere l'interprete verso l'applicazione retroattiva delle disposizioni del c.d. “Correttivo” proprio in quanto destinate a trovare applicazione nei procedimenti iniziati dopo il 28 febbraio 2023.

Osservazioni

La questione – come dimostra l'ordinanza in nota – è tutt'altro che peregrina e dimostra la complessità sottostante e circostante l'istituto della «nuova procura speciale» ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c., introdotto dal legislatore delegato del 2022 in relazione ai giudizi di legittimità iniziati «con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023» (art. 35, comma 6, d.lgs. n. 149/2022) e poi ex abrupto oggetto di pura abrogazione da parte del d.lgs. n. 164/2024 (in tema si leggano le critiche di Capponi, Innesti problematici tra l'art. 380-bis c.p.c. e l'art. 391 c.p.c. ancora sulla «nuova procura speciale», celebrando la sua abolizione, in Foro.it, 2024, I, 3035 ss.).

La già citata mancanza di un regime transitorio, infatti, fa propendere per la vigenza dell'obbligo di detta procura speciale in tutte le controversie pendenti tra il 1 gennaio 2023 e il 26 novembre 2024 come dovrebbe derivare dall' applicazione del principio di cui all'art. 11, comma 1, preleggi.

Difetta in concreto una espressa previsione di retroattività dell'abrogazione dell'obbligo di procura speciale, unico strumento – evidentemente di origine legislativa, non risultando possibile a mio avviso una interpretatio abrogans – per ampliare la portata applicativa nel tempo della disposizione di nuovo conio.

Per vero, non vi è chi non veda il difetto di logica – forse anche la contrarietà con i principi del giusto processo – e lo stridore con il principio di eguaglianza che offre agli operatori un sistema processuale nel quale, se la comunicazione del deposito della proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380, comma 1 c.p.c. è pervenuta ai difensori prima del 26 novembre 2024, l'istanza di decisione presentata dopo quella data farà a meno della nuova procura speciale.

Resta poi, comunque, del tutto oscura la ragione per la quale si è previsto che l'abrogazione introdotta dal Correttivo trovi applicazione nei procedimenti iniziati dopo il 28 febbraio 2023; è possibile ritenere che la ragione stia nel fatto che, ove il legislatore avesse applicato alla lettera la regola dell'l'art. 11, comma 1, preleggi, l'abrogazione in argomento avrebbe avuto effetto solo con riguardo ai giudizi iniziati dopo il 26 novembre 2024; ne sarebbe derivata la necessaria applicazione dell'obbligo di procura speciale, nonostante l'intervenuta abrogazione, nell'intero contenzioso ancora sub iudice.

Va ricordato, quanto agli effetti del difetto di procura speciale, come la Corte di cassazione (Cass. civ., sez. III, 14 settembre 2023, n. 31839) abbia ritenuto che «quando l'istanza di definizione del giudizio dopo la formulazione della proposta sia stata fatta in modo irrituale, il Collegio fissato in adunanza camerale definisce il giudizio in conformità alla proposta per ragioni di rito impedienti la discussione su di essa con piena applicazione del terzo comma dell'articolo 380-bis c.p.c.».

Si osserva in tale pronuncia come il difetto di una «nuova procura speciale» «comporta, assorbito ogni altro profilo, l'inammissibilità del […] ricorso, rientrando sine dubio nel paradigma dell'articolo 365 [cod. proc civ.] in ordine alla necessità per il ricorso per Cassazione di conferire procura speciale all'avvocato cassazionista, poiché la fattispecie in esame a sua volta genera impulso per la prosecuzione di un ricorso che altrimenti sarebbe già definito».

In altre parole, enunciandosi così specifico principio di diritto sul punto, nel provvedimento sopra richiamato si è ritenuto che in caso di istanza di trattazione cui sia allegata la medesima procura speciale già allegata al ricorso per Cassazione, questo deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di procura.

Tale conclusione deriva proprio dal difetto del requisito della «nuova procura speciale» con riferimento all'istanza di trattazione ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c., essendo l'istanza una conferma necessaria dell'interesse attuale alla decisione del ricorso, in funzione dell'impulso per la sua trattazione in una fase in cui esso sarebbe altrimenti già definito a termini di proposta, riverbera i propri effetti sull'ormai non più sufficiente procura iniziale, togliendole vigore ora per allora.

Ulteriore profilo di interesse al tema potrebbe esser costituito dalla rilevanza di situazioni processuali difformi in capo ai diversi soggetti ricorrenti, conseguenti al difetto di procura e alla conseguente – da dichiararsi – inammissibilità dell'istanza di decisione; basti pensare al caso in cui vi siano situazioni di litisconsorzio.

Come è noto «l'istanza di decisione, tempestivamente presentata da uno solo dei litisconsorti necessari, comporta che il processo litisconsortile, in virtù dell'inscindibilità delle cause, debba essere trattato nelle forme camerali di cui all'art. 380-bis.1 c.p.c. anche nei confronti degli altri litisconsorti che non abbiano presentato analoga istanza, potendo tale circostanza rilevare unicamente in relazione alle conseguenze sanzionatorie eventualmente discendenti dalla conformità della decisione finale alla proposta» (Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 2023, n. 28219).

Deve infatti escludersi che il litisconsorte che abbia prestato acquiescenza alla proposta non subisca l'applicazione del terzo e del quarto comma dell'art. 96 c.p.c. Nondimeno, il processo non può essere dichiarato estinto nei confronti dell'acquiescente e definito con il rito camerale - anche nel caso di accoglimento del ricorso - nei confronti del solo istante.

L'inerzia di un litisconsorte, così come l'inammissibilità della istanza di decisione per difetto di procura, non dovrebbe quindi considerarsi come ragione di completa preclusione degli effetti del ricorso per Cassazione, che non dovrebbe intendersi oggetto di rinuncia, in quanto anche la rinuncia espressa sarebbe priva di effetti, poiché atto che non proviene da tutti i litisconsorti. Sul punto specifico, la Corte di Legittimità ha da tempo chiarito che «la situazione di litisconsorzio necessario comporta l'automatica inscindibilità della controversia in sede di impugnazione ed implica che la rinuncia del ricorrente al ricorso per Cassazione verso uno degli intimati non può produrre i tradizionali effetti propri della rinuncia, e cioè l'effetto di giustificare una decisione conseguente sul ricorso limitatamente al relativo rapporto processuale, giacché la decisione della controversia non può che riguardare tutte le parti» (Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2008, n. 4177; Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2005 n. 19968; Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 1994 n. 1502). 

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