03 Febbraio 2025

Il commento annota una decisione del Tribunale di Brindisi che ha accolto la tesi dell’ammissibilità della tutela atipica in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c., anche a fronte dell’apertura di un procedimento per la regolazione della crisi di impresa.

Massima

L'art. 700 c.p.c. dà attuazione al principio di atipicità della tutela cautelare consentendo che questa assuma qualunque contenuto idoneo ad assicurare la tenuta costituzionale del microsistema cautelare, di quello ordinario, così come di quello speciale di cui al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, specie sotto il profilo del rispetto del principio dell'immediatezza ed effettività della tutela giurisdizionale imposto dagli artt. 24,113 Cost., 6, 13CEDU e 47 della Carta di Nizza.

Il caso

Il caso prende le mosse dal decreto inaudita altera parte ex art. 669-bis c.p.c. con cui il tribunale di Brindisi inibiva l'escussione di una polizza fideiussoria emessa a fronte di un appalto di servizi per la raccolta rifiuti solidi urbani e il relativo trasporto in discarica. Con il predetto decreto, il tribunale riteneva apparentemente sussistente tanto il requisito del fumus boni iuris, quanto quello del periculum in mora, «stante, tra l'altro, l'elevato importo delle somme escusse […] e l'accertata sussistenza dei presupposti per la concessione in favore dell'odierna ricorrente di misure cautelari ai sensi degli artt. 54, co. 3 C.C.I.I. (come da ordinanza emessa dal Tribunale di Lecce in data 27.12.2023, agli atti)». 

Più nello specifico, con il ricorso ex artt. 669-bis e 700 c.p.c., la parte ricorrente deduceva di aver gestito sino al 30 settembre 2023 il servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani nella città di Brindisi, in forza di regolare contratto d'appalto. Altresì, a garanzia dell'esatto adempimento degli obblighi derivanti dal suddetto contratto d'appalto, deduceva di aver stipulato una polizza assicurativa (cauzione o contratto autonomo di garanzia) in favore del Comune. Ancora, evidenziava di aver ottenuto, con ordinanza resa dal tribunale di Lecce del 27 dicembre 2023, le misure protettive di cui all'art. 54 c.c.i.i. e 64, commi 3 e 4, c.c.i.i., con cui il predetto tribunale aveva disposto che, per la durata di quattro mesi dalla pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, i creditori della società appaltatrice non potessero iniziare o proseguire nei confronti della medesima azioni esecutive e cautelari. Si aggiunga che nell'ambito del predetto procedimento dinanzi al tribunale di Lecce il Comune presentava opposizione alla richiesta di emissione delle predette misure, proponendo altresì reclamo avverso il provvedimento di accoglimento. Ad ogni modo, nel gennaio 2024, il Comune, asserendo di essere creditore nei confronti della ditta appaltatrice, chiedeva l'escussione della polizza fideiussoria per l'intero importo garantito, stante la debenza di tali somme a titolo di penale per il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata per l'anno 2023; rilevava inoltre l'esistenza di un debito retributivo verso i dipendenti della ormai cessata gestione dell'appalto. Per tali ragioni, dunque, con ricorso ex art. 700 c.p.c.., la ricorrente lamentava, quanto al requisito del fumus boni iuris, l'illegittima escussione della polizza fideiussoria, evidenziandone il carattere abusivo e fraudolento e chiedendo al tribunale di Brindisi di inibire alla Compagnia il pagamento dell'importo escusso. Nel merito, per quanto qui di interesse, evidenziava di aver sempre svolto con diligenza e perizia gli obblighi assunti con il contratto d'appalto (come dimostrato dal rilascio degli “stati di avanzamento lavori” e del pagamento mensile del canone d'appalto). Quanto al requisito del periculum in mora, invece, deduceva che l'escussione della polizza avrebbe rischiato di provocare il fallimento della società, vanificando così l'effetto delle misure protettive richieste ed ottenute ai sensi del c.c.i.i.  

Tanto premesso, all'esito del contraddittorio, con un dietrofront rispetto al tenore del decreto emesso inaudita altera parte, il giudice brindisino, con ordinanza del 17 luglio 2024, dichiarava l'inammissibilità del ricorso (con conseguente revoca del predetto decreto), stante il carattere residuale della misura di cui all'art. 700 c.p.c. e la sussistenza di strumenti cautelari alternativi nel caso di specie (cioè quelli previsti dal c.c.i.i.).

Il giudice evidenziava, infatti, come «il ricorso è ammissibile soltanto se l'ordinamento non abbia predisposto una misura tipica e speciale, idonea a garantire la tutela del diritto asseritamente leso», da rinvenire, nel caso di specie, in quella/e di cui all'art. 54 c.c.i.i.

A riprova di tale ragionamento, il giudice evidenziava, infatti, che la ricorrente aveva proposto domanda di ammissione al concordato preventivo ex art. 44, comma 1, c.c.i.i., con contestuale richiesta di emissione di misure protettive; richiesta che, come detto, veniva accolta, confermando le misure già operanti a seguito della domanda ex art. 40 c.c.i.i.   

In ultima analisi, per il giudice della prima fase cautelare, alla luce del novellato dettato normativo, le norme contenute nel c.c.i.i. costituiscono il rimedio tipico e speciale, necessario a consentire al ricorrente appaltatore di ottenere la “protezione” invocata con il ricorso cautelare ordinario – ossia, evitare di vanificare gli effetti delle misure del c.c.i.i. ottenute e sottrarsi al fallimento.

In altri termini, il ricorrente avrebbe dovuto richiedere nell'ambito del procedimento instaurato presso il tribunale di Lecce l'adozione delle più opportune misure di protezione atipiche o cautelari, come tali del tutto sovrapponibili al ricorso ex art. 700 c.p.c. Con un ricorso ex art. 54 c.c.i.i. il ricorrente avrebbe potuto ottenere un provvedimento dal contenuto e con effetti corrispondenti a quelli richiesti al tribunale ordinario «potendo le misure cautelari (ovvero quelle di protezione atipiche) di cui all'art. 54 CCII essere finalizzate ad ottenere un provvedimento idoneo ad incidere sull'autonomia negoziale del contraente in bonis, inibendogli, ad esempio, l'escussione o l'incasso di una cauzione ovvero, come nel caso in esame, di una polizza fideiussoria».

Avverso la predetta ordinanza cautelare veniva proposto reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. da parte della società appaltatrice dei servizi di gestione dei rifiuti. All'esito di tale giudizio, come si vedrà, il collegio riformava l'ordinanza, accogliendo la tesi dell'ammissibilità della tutela atipica in via d'urgenza, anche a fronte dell'apertura di procedimento per la regolazione della crisi di impresa.

Le soluzioni giuridiche

La decisione del collegio prende le mosse dall'analisi delle caratteristiche essenziali della tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. In particolare se, da un lato, l'ammissibilità non pone particolari problemi nei casi in cui ad una domanda di accertamento sia affiancata, in via accessoria e strumentale, una domanda anticipatoria di condanna, maggiori problemi sorgono qualora il ricorso in via d'urgenza abbia ad oggetto il mero accertamento del diritto. Del resto, nel primo caso, il provvedimento cautelare (laddove accolto) avrà un effetto anticipatorio della sentenza (di condanna) di merito; nel secondo caso, invece, poiché la certezza giuridica relativa all'esistenza di un diritto non può trovare piena attuazione nel procedimento cautelare – stante la natura intrinseca dello strumento processuale – prevarrebbe la tesi dell'inammissibilità, salvo il pericolo di non conseguire il bene della vita di cui si chiede la tutela. Al giudice è quindi affidata una valutazione caso per caso, anche alla luce del principio di meritevolezza ex art. 1322 c.c. Ciò posto e premesso che, nel caso di specie, la domanda di accertamento era accompagnata da una domanda accessoria e strumentale di condanna (di non fare), il collegio ha messo in evidenza l'utilitas oggettiva del provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., in relazione ad altre tipologie di provvedimenti azionabili in sede di merito ovvero previsti dal codice della crisi dell'impresa e dell'insolvenza.

Sul punto, nel riprendere precedenti della giurisprudenza di merito (Trib. Bari, sez. III, ord. del 9 novembre 2012), il collegio evidenzia che «il provvedimento d'urgenza contiene un accertamento che, per quanto sommario, è idoneo a assicurare un'utilitas oggettiva e ciò in quanto allo stato di incertezza pregiudizievole in cui versa colui che, temendo di compiere atti illegittimi, autolimita l'efficace amministrazione dei propri interessi, è di rimedio l'accertamento provvisorio contenuto nel provvedimento dichiarativo d'urgenza, di cui la parte si avvale come una norma agendi a cui uniformare il proprio comportamento; esso ha, dunque, un effetto compulsorio indiretto della volontà del destinatario dello stesso, anche in ragione dell'applicazione della norma penale di cui all'art. 388 c.p., correlata al mancato rispetto di un ordine del giudice contenuto in un provvedimento giudiziale». Del resto, continua il collegio, la suddetta opzione interpretativa, nel dare attuazione al principio di atipicità della tutela cautelare, è l'unica in grado di assicurare la tenuta costituzionale del sistema cautelare, come di quello ordinario e di quello speciale previsto dal c.c.i.i., specie sotto i profili dell'effettività e immediatezza della tutela giurisdizionale; principi espressi da norme di rilievo sia costituzionale (artt. 24 e 113 Cost.), sia sovranazionale (artt. 6 e 13 CEDU e 47 CDFUE).

Osservazioni

La pronuncia in commento offre un'interessante riflessione sui rapporti tra le misure protettive e cautelari disciplinate dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, da un lato, e le misure cautelari atipiche previste dall'art. 700 c.p.c., dall'altro.

In primo luogo, appare opportuno evidenziare – pur senza pretese di esaustività – le differenze tra misure protettive e cautelari nel contesto del c.c.i.i. (nonostante alcune potenziali sovrapposizioni), spesso assimilate nei provvedimenti esaminati. Tali differenze emergono chiaramente dalla lettura della disciplina normativa.

In particolare, ai sensi dell'art. 2 lett. p) c.c.i.i., «le misure protettive sono le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni o condotte dei creditori possano pregiudicare sin dalla fase delle trattative il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza».

Diversamente, l'art. 2 lett. q) c.c.i.i. prevede che: «le misure cautelari sono provvedimenti emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative, gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e delle procedure di insolvenza e l'attuazione delle relative decisioni».

In altri termini, le misure protettive mirano a neutralizzare le iniziative dei creditori che potrebbero pregiudicare il patrimonio del debitore e il regolare svolgimento dell'attività imprenditoriale. Al contrario, le misure cautelari si concentrano sugli atti dispositivi posti in essere dal debitore stesso. Inoltre, le misure protettive hanno una durata complessiva non superiore a 12 mesi, anche non continuativi (artt. 54 e 8 c.c.i.i.). Le misure cautelari, invece, non prevedono una durata massima.

Estendendo il confronto alle misure atipiche ex art. 700 c.p.c., emerge – come rilevato dal collegio – una prima significativa differenza rispetto alle misure protettive del c.c.i.i. in termini di utilitas, che riguarda il profilo della temporaneità. In particolare, mentre le misure protettive si connotano per una natura intrinsecamente transitoria, le misure cautelari atipiche si distinguono per una maggiore stabilità, risultando pertanto di più elevata utilità per il ricorrente.

Quanto al confronto tra le misure cautelari del c.c.i.i. e quelle di cui all'art. 700 c.p.c., si osserva che, sotto alcuni profili, i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 54, comma 1, c.c.i.i. richiamano lo schema procedurale delineato dall'art. 700 c.p.c., specie quando non tipizzano le tipologie di provvedimenti adottabili dal giudice. Tuttavia, le misure cautelari del c.c.i.i. sono caratterizzate da un vincolo di scopo specifico, consistente nell'assicurare il buon esito delle trattative, gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e l'attuazione delle decisioni connesse. Tale vincolo non trova corrispondenza nell'art. 700 c.p.c., che pertanto rimane, alla luce di una valutazione caso per caso, uno strumento di tutela sì residuale, ma fondamentale, soprattutto per garantire l'effettività della protezione giuridica e la tenuta costituzionale del sistema.

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