CGUE: programmi di integrazione civica e principio di proporzionalità degli oneri
05 Febbraio 2025
La questione sottoposta alla Corte nasce dalla controversia tra T.G., cittadino eritreo e i Paesi Bassi, ove questi risiede, in merito a una decisione con cui lo Stato nazionale ha inflitto a T.G. un'ammenda per non aver superato l'esame di integrazione civica previsto dalla normativa nazionale per i beneficiari di protezione internazionale e gli ha imposto il rimborso del prestito erogatogli dalle autorità pubbliche per finanziare le spese del programma stesso. In sede di impugnazione presso il Consiglio di Stato olandese T.G., parte ricorrente, ha affermato che l'art. 34 della direttiva 2011/95 è stato recepito in modo errato nel diritto nazionale, in quanto da esso deve derivare un diritto positivo all'integrazione, ostacolata dall'irrogazione di un'ammenda elevata e dall'obbligo di rimborso. Alla luce dei motivi sollevati il giudice olandese solleva la questione presso la CGUE, chiedendosi se l'art. 34 della direttiva 2011/95 sia da ostacolo all'imposizione di un obbligo di integrazione civica a carico dei beneficiari di protezione internazionale, insieme con l'obbligo di superare alcuni esami a pena di ammenda e se i costi di detti programmi di integrazione possano essere a carico degli stessi beneficiari. La Corte ribadisce, in merito alla prima questione, che i beneficiari di protezione internazionale, fintantoché possiedono tale status, hanno il diritto di beneficiare dei diritti loro garantiti dalla direttiva 2011/95, tra i quali figura anche l'accesso ai programmi di integrazione previsti dall'art. 34. La disciplina della protezione internazionale è stabilita dal capo VII della direttiva 2011/95 che comprende una serie di diritti e vantaggi che sono, però, inevitabilmente condizionati dalla circostanza che l'interessato abbia acquisito, grazie ai programmi di integrazione previsti dall'art. 34, le conoscenze necessarie, soprattutto linguistiche. Alla luce del contesto e delle finalità dell'art. 34 risulta che, sebbene gli Stati membri dispongano di un certo margine di discrezionalità nel decidere il contenuto dei programmi, nonché le modalità pratiche della loro erogazione, tale margine non può costituire un ostacolo all'obiettivo finale di integrazione. Nel caso di specie, è compatibile con l'art. 34 la previsione dell'obbligo della partecipazione obbligatoria a un programma di integrazione con superamento di un esame, purché siano debitamente tenute in conto le circostanze specifiche in cui si trovano i beneficiari, in particolare per quanto riguarda il livello di conoscenze richieste e l'accessibilità al materiale di studio. Inoltre, ogni beneficiario deve essere dispensato dall'obbligo di superare l'esame nel caso in cui dimostri, alla luce delle sue condizioni di vita e delle circostanze caratterizzanti il suo soggiorno, di essere già effettivamente integrato nella società dello Stato ospitante. In ogni caso, il mancato superamento dell'esame non può essere sanzionato sistematicamente tramite ammenda, ma solo in casi eccezionali in cui sia provata, secondo circostanze oggettive, una mancanza di volontà di integrarsi, né tale ammenda può essere di importo tale da costituire un onere finanziario irragionevole. Per quanto riguarda i costi da sostenere per i corsi e gli esami, alla luce dei principi sopra enunciati, i programmi di integrazione dovrebbero essere, in linea di principio, gratuiti e la normativa europea osta a che le spese siano integralmente a carico dei beneficiari, pur nel caso in cui lo Stato disponga di sistema di rimborso. |