Accertamenti Antitrust: la CGUE condanna l’Italia

La Redazione
13 Febbraio 2025

Secondo la CGUE il termine perentorio di 90 giorni stabilito dalla normativa italiana per avviare l'istruttoria determina un rischio sistemico di impunità, lesione dell'indipendenza dell'AGCM e mancata osservanza del principio di effettività della tutela.

La questione affrontata dalla Corte nasce da due casi differenti che hanno interessato il TAR Lazio: il primo (C-510/23) riguarda le segnalazioni all'AGCM sulle pratiche scorrette di vendita operate da Trenitalia s.p.a., il secondo (C-511/23) l'eccessivo costo dei biglietti dei traghetti operati da Caronte & Tourist nello Stretto di Messina.

Entrambe le società contestavano le sanzioni dell'AGCM, sostenendo la violazione del termine perentorio di 90 giorni (art. 14 l. n. 689/1981).

L'interpellato TAR Lazio sottoponeva alla Corte di giustizia UE la questione circa la compatiblità di detto termine con la normativa europea.

Secondo la Corte, quanto stabilito dalla legge italiana compromette la stessa indipendenza operativa dell'AGCM, in quanto la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento deve essere avviata entro un termine di 90 giorni dalla conoscenza degli elementi essenziali della violazione e l'inosservanza del termine comporta l'annullamento integrale del provvedimento finale, nonché la decadenza dal potere di avviare una nuova procedura di infrazione sulla stessa pratica. In tal modo, viene compromessa l'indipendenza dell'autorità garante, oltre a sorgere un rischio sistemico di impunità. Invece, le autorità nazionali dovrebbero avere garantito un certo grado di discrezionalità, scegliendo anche, se necessario, il momento più opportuno per avviare le indagini.

La normativa italiana non è, dunque, conforme agli artt. 11 e 13 della direttiva 2005/29/CE e al principio di effettività, rendendo eccessivamente difficile l'osservanza delle regole contro le pratiche commerciali sleali.