L’adozione di maggiorenne, tra finalità patrimoniale e solidaristica
17 Febbraio 2025
Massima Nell’adozione di maggiorenni, alla tradizionale funzione ereditaria di assicurare una discendenza a chi non ne ha, si accompagna oggi anche una funzione solidaristica, pur restando comunque ferme le condizioni previste ai fini della sua autorizzazione. Il caso Tizia ricorreva al Tribunale di Asti per ottenere l'adozione del maggiorenne Caio ai sensi dell'art. 291 c.c., con richiesta di posposizione del cognome dell'adottante al cognome dell'adottando. La ricorrente, vedova ultranovantenne, superava di oltre 18 anni l'età dell'adottando e non aveva ascendenti né discendenti. Nel ricorso Tizia descriveva i legami affettivi da sempre intercorsi tra la propria famiglia e quella dell'adottando, in particolare - dopo la sua vedovanza - con l'adottando, considerato alla stregua di un nipote. Quest'ultimo forniva a Tizia assistenza e sostegno, andandola a trovare cinque o sei volte a settimana e fungendo da persona di riferimento per la badante e per il medico curante dell'adottante. Nonostante la sussistenza di tutte le condizioni previste dalla legge ai fini dell'adozione di maggiorenne, la relativa domanda veniva respinta sia in primo che in secondo grado. Nello specifico, la Corte di appello di Torino (sentenza n. 34/2023 pubblicata il 6/10/2023) riteneva non provati momenti di vita di apprezzabile durata trascorsi insieme tra Tizia e Caio, emergendo solo un legame di amicizia tra le rispettive famiglie, oltre ad un ruolo attuale di assistenza e di sostegno fornito da Caio a Tizia. Secondo la corte territoriale, tale quadro non rispecchiava il ruolo che la giurisprudenza di legittimità esige nell'ottica solidaristica dell'istituto, laddove si richiede che l'adottato maggiorenne sia inserito di fatto in un contesto familiare o parafamiliare dell'adottante. Tizia proponeva ricorso in Cassazione, affidandolo a quattro motivi. Con il primo, la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell'art. 291 c.c., avendo la corte territoriale, sulla base di una lettura erronea di un precedente di legittimità (Cass. 7667/2020), aderito ad un'interpretazione che riconosce all'adozione di maggiorenne una funzione esclusivamente solidaristica ed escluso la finalità patrimoniale dell'istituto, che invece permane tutt'ora nel nostro ordinamento. Con il secondo motivo, la ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 291,296,297,311 e 312 c.c., poiché, oltre all'esistenza di tutte le condizioni richieste dalla legge ai fini dell'autorizzazione all'adozione di maggiorenne, anche in un'ottica solidaristica ricorrevano sia lo stretto legame personale tra adottante e adottando, sia l'inserimento di Caio nel contesto familiare o parafamiliare di Tizia. Con la terza censura, Tizia si doleva della violazione e falsa applicazionedell'art. 7 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali e dell'art. 8 CEDU, avendo la Corte d'appello violato il diritto di Tizia e Caio al rispetto della propria vita privata e familiare. Infine, con il quarto motivo, la ricorrente lamentava la violazione dell'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 299 c.c. in punto di richiesta di posposizione del cognome dell'adottante a quello dell'adottato. La Corte di Cassazione riteneva fondati tutti i motivi di ricorso. Rispetto alle prima tre censure, trattate congiuntamente in quanto connesse, gli Ermellini rilevavano che, nel caso di specie, oltre alla sussistenza di tutti i requisiti di legge per l'adozione, si era anche instaurato un autentico e consolidato rapporto ultratrentennale, affettivo ed accuditivo tra Tizia e Caio, con una storia quotidiana di frequentazione e di profondi legami affettivi tra la famiglia dell'adottante e quella dell'adottando, il quale, pur non convivendo, si recava a casa di Tizia quasi tutti i giorni e ad ogni occorrenza era presente, provvedendo a curare i rapporti con il medico curante. La Corte accoglieva, quindi, il ricorso di Tizia, cassava la sentenza impugnata e rinviava alla Corte d'Appello di Torino in diversa composizione. La questione Ai fini dell’adozione di persona maggiorenne, nell’ottica della finalità solidaristica assunta dall’istituto, è sempre richiesto che l’adottato sia di fatto inserito nel contesto familiare o parafamiliare dell'adottante? Le soluzioni giuridiche Nel caso di specie il giudice di merito ha negato l'autorizzazione all'adozione del maggiorenne, nonostante il soddisfacimento di tutti i requisiti di legge e l'esistenza di rapporto ultratrentennale tra Tizia e Caio, ritenendo mancanti gli elementi caratterizzanti la più recente funzione solidaristica assunta dall'istituto. Effettivamente, l'adozione del maggiorenne ha subìto nel tempo una significativa evoluzione sociale e giuridica, ben ricostruita dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 5/2024 e le norme codicistiche che la disciplinano sono state oggetto di diverse pronunce di illegittimità costituzionale. Originariamente l'adozione di maggiorenne aveva quasi esclusivamente una funzione ereditaria e patrimoniale, ossia quella di trasmettere il cognome e il patrimonio di chi non aveva discendenti (c.d. adoptio in hereditatem). Coerentemente con tale funzione, l'art. 291 c.c. vietava tale forma di adozione da parte di chi aveva figli (legittimi o legittimati). Ma negli ultimi decenni, anche in conseguenza delle trasformazioni sociali che hanno interessato la famiglia (in particolare il diffondersi delle c.d. famiglie ricomposte), l'istituto ha assunto anche una funzione solidaristica, di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva e identitaria tra adottante e adottando. Un primo importante ridimensionamento della tradizionale natura patrimoniale si è avuto con la sentenza n. 557 del 1988 della Corte Costituzionale, che ha consentito l'adozione del maggiorenne anche in presenza di figli, maggiorenni e consenzienti, dell'adottante. La Corte Costituzionale, nella recente sentenza n. 5/2024 (di declaratoria dell'illegittimità costituzionale dell'art. 291, primo comma, c.c. nella parte in cui, per l'adozione del maggiorenne, non consente al giudice di ridurre l'intervallo di età di diciotto anni fra adottante e adottando, nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli) ha rilevato che l'adozione di persone maggiori di età non persegue più soltanto la funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio, ma è divenuto uno strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali. La mutata funzione sociale dell'istituto è stata confermata negli ultimi anni dalla giurisprudenza di legittimità nella sentenza n. 7667/2020, nella quale la Corte Suprema si è spinta ad affermare che l'adozione di maggiorenne avrebbe addirittura perso la propria originaria finalità ereditaria e patrimoniale per assumere il ruolo di strumento volto a consentire la formazione di famiglie tra soggetti legati da saldi vincoli personali, morali e civili, pur non implicando necessariamente l'instaurarsi o il permanere della convivenza familiare. Più di recente, la natura solidaristica dell'istituto è stata ribadita dalla sentenza n. 3577/2024 della Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso avverso il diniego di un'adozione ex art. 291 c.c. per l'assenza di una condivisione ampia di vita tra adottante e adottando, confermata anche dalla circostanza che quest'ultimo non conoscesse importanti aspetti della vita dell'adottante. Anche l'ordinanza in commento, aderendo all'evoluzione della giurisprudenziale costituzionale e di legittimità appena citata, riconosce che l'istituto non persegue più e soltanto la tradizionale funzione di trasmissione del cognome e del patrimonio, essendo divenuto uno strumento in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali. Tuttavia, a differenza del giudice di merito del caso, ritiene che la natura del rapporto esistente tra Tizia e Caio rispecchi la finalità solidaristica dell'adozione. La Corte di Cassazione ritiene fondato in diritto anche il quarto motivo di ricorso, concernente la domanda di posposizione del cognome dell'adottante a quello dell'adottato, e ciò alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 135 del 2023, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 299, comma 1 c.c. nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato, se entrambi lo richiedano. Secondo la Consulta, la ratio dell'art. 299 c.c. risiede nell'esigenza di dare visibilità al legame giuridico che si viene a instaurare con l'adottante, preservando, al contempo, il cognome originario dell'adottato, che rappresenta un tratto irrinunciabile della sua identità personale. Tuttavia, il rigido automatismo della norma, senza possibilità di alcuna deroga, è lesivo dell'identità personale dell'adottando, soprattutto in quei casi in cui il cognome originario abbia una particolare incidenza sulla sua identificabilità nel mondo professionale e nei rapporti sociali o nel caso in cui sia stato trasmesso ai figli. Osservazioni La pronuncia in commento affronta il tema dell'evoluzione sociale e giuridica dell'adozione di persona maggiore di età e, in linea con l'orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, riconosce come all'originaria funzione patrimoniale (garantire la continuità del nome e del patrimonio familiare, offrendo una discendenza a chi ne è privo) si sia affiancata una funzione solidaristica. In due recenti pronunce (Corte cost. sent. n. 135/ 2023 e Corte cost. n. 5/2024), la Consulta ha rilevato che l'esigenza solidaristica dell'adozione di maggiorenne interessa innanzitutto le c.d. famiglie ricomposte, ma si spinge ad assecondare anche altre istanze secondo varie declinazioni. L'istituto abbraccia una vasta casistica, tra cui: il caso dell'adottando maggiorenne che già viveva nel nucleo familiare di chi lo adotta, in ragione di un affidamento non temporaneo deciso quando era minorenne; il caso del figlio maggiorenne del coniuge (o del convivente) dell'adottante che vive in quel nucleo familiare; situazioni in cui persone, spesso anziane, confidano in un rafforzamento – con l'adozione – del vincolo solidaristico che si è di fatto già instaurato con l'adottando, oppure che vogliono semplicemente dare continuità al proprio cognome e al proprio patrimonio, creando un legame giuridico con l'adottando, con cui, di norma, hanno consolidato un rapporto affettivo. |