Donazione da genitori a figli. Due genitori donano, il curatore speciale serve?
19 Febbraio 2025
Nel caso in cui entrambi i genitori donino un bene al proprio figlio minore si ritiene necessaria la nomina di un curatore speciale, il quale accetti tale donazione in nome e per conto del minore stesso, debitamente autorizzato. Tra i genitori e il figlio si verifica, infatti, un conflitto di interessi patrimoniali e, ai sensi dell'art. 320 comma 6 c.c., la situazione di conflitto può essere risolta da un curatore speciale il quale, una volta nominato, valuterà concretamente lo specifico interesse del minore e interverrà nell'atto di donazione, prestando il consenso alla stessa. L'accettazione della donazione è subordinata, in ogni caso, all'autorizzazione che il curatore speciale chiederà al giudice tutelare (ex art. 374 c.c.) ovvero, a seguito della riforma Cartabia, al notaio incaricato alla stipula dell'atto (ex art. 21 d.lgs. n. 149/2022), una volta valutata la donazione come rispondente al miglior interesse del minore. Suddetta conclusione, oltre ad essere stata accolta da una parte della dottrina, ha trovato la conferma anche della Corte di Cassazione, la quale, con la nota pronuncia Cass.n. 439/1981 (Cass., sez. I, 19 gennaio 1981, n. 439), ha affermato la sussistenza di un conflitto di interessi patrimoniali tra i genitori (o il genitore) donanti e il figlio donatario. Questa tesi si basa sul presupposto che in tema di obbligo agli alimenti, ai sensi dell'art. 433 c.c., obbligato in via principale è il coniuge e solo in via subordinata i figli (a seguire, i genitori, i generi e le nuore, il suocero e la suocera e i fratelli e le sorelle); ebbene, ex art. 437 c.c., in caso di donazione, il donatario è tenuto, con precedenza su ogni altro obbligato, a prestare gli alimenti al donante. Secondo la Suprema Corte, dunque, nell'ipotesi in cui uno o entrambi i genitori effettuino una donazione a favore del figlio minore, tutti e due si troverebbero in conflitto di interessi perché tale donazione modificherebbe l'ordine di precedenza dell'obbligo alimentare di cui all'art. 433 c.c. Infatti, a seguito della donazione, obbligato in via principale a prestare gli alimenti, diviene il figlio donatario in luogo dell'altro coniuge (donante o non donante che sia). Questa situazione giuridica, scaturente direttamente dalla legge, implica una valutazione di convenienza, e quindi una scelta, per chi riceve la donazione, tra l'arricchimento che essa comporta e l'assunzione dell'obbligo della prestazione degli alimenti. Nel caso di donazione effettuata dal genitore investito della rappresentanza legale, secondo la Corte, “il conflitto si delinea ancor più marcatamente perché alla ragione anzidetta si aggiunge la potenziale posizione, in certo senso contrapposta, in cui vengono a trovarsi i due soggetti del rapporto, i quali sono reciprocamente tenuti, anche in base ad altro titolo, cioè per la semplice qualità di genitore e di figlio, alla prestazione degli alimenti, con le ripercussioni correlate al fenomeno depauperamento-arricchimento dei rispettivi patrimoni”. La descritta fattispecie integra un evidente conflitto di interessi che può essere escluso solo con la nomina di un curatore speciale ai sensi dell'art. 320 comma 6 c.c. Detta soluzione è applicabile nel caso in cui la donazione sia effettuata da entrambi i genitori, ma anche nel caso in cui la donazione sia effettuata da parte di un solo genitore: il coniuge non donante, egualmente investito della rappresentanza, non può essere considerato soggetto estraneo al conflitto di interessi nell'ipotesi di donazione fatta dall'altro genitore, “in quanto anche egli, nella qualità di titolare nei confronti del coniuge donante e, in linea gradata, del figlio - della pretesa alimentare, ha un indubbio interesse (proprio) ad incrementare l'uno, ovvero a non depauperare l'altro, dei due patrimoni coinvolti nel contratto di donazione”. Pertanto, sia nel caso in cui la qualità di donante venga assunta da uno soltanto dei genitori investiti della rappresentanza, sia laddove la qualità stessa ricorra in entrambi (come nella fattispecie in esame), il curatore speciale deve essere nominato nella persona di altro soggetto, non potendo trovare applicazione l'ultima parte dell'art. 320 c.c. Nondimeno, la questione attinente alla nomina di un curatore speciale, necessario per accettare la donazione in luogo del minore donatario, ha sollevato vivaci contrasti dottrinali e giurisprudenziali. Nel corso degli anni, infatti, oltre alla tesi del conflitto di interesse sono state elaborate altre teorie allo scopo di dare una soluzione al suddetto problema. Conseguentemente, alla luce del frammentato panorama dottrinale e in assenza di un preciso e costante orientamento giurisprudenziale rispondere alla domanda di cui in premessa non è affatto semplice, dovendosi, piuttosto, ricorrere a soluzioni differenti in base alla tesi condivisa. Difatti, qualora si sposi la teoria dell'autocontratto, la donazione effettuata da entrambi i genitori potrà parimenti essere accettata dagli stessi, in nome e per conto del loro figlio minore mentre, sostenendo la tesi dell'impedimento giuridico e del conflitto di interessi, la stessa donazione non potrà che essere accettata da un curatore speciale, nominato rispettivamente ai sensi degli artt. 321 e 320 c.c. Esaminando ora le diverse tesi sostenute, la teoria dell'autocontratto è la più risalente nel tempo e riconduce l'ipotesi in cui i genitori effettuino una donazione al proprio figlio minore nell'ambito di applicazione dell'art. 1395 c.c., considerando tale norma applicabile non solo ai casi di rappresentanza volontaria, ma anche a quelli di rappresentanza legale. Si osserva, infatti, che la stipula di un contratto con se stesso è vietata solo nell'ipotesi in cui sussista un conflitto di interessi tra le parti ma, nel caso di specie (donazione dai genitori al figlio minore), tale conflitto di interessi non si verificherebbe, apportando la donazione soltanto dei vantaggi al patrimonio del donatario. In aggiunta, si è affermato che nell'ipotesi in cui il contratto venga predisposto in maniera tale da escludere il conflitto di interessi, esso potrà essere senz'altro concluso. Nondimeno, a questa tesi, si è obiettato che il minore (e, come tale, incapace di agire) non possa né determinare autonomamente il contenuto del contratto né autorizzare il rappresentante a contrarre con se stesso. Oltre alle tesi dell'autocontratto e del conflitto di interessi, parte della dottrina ha fatto propria la soluzione dell'impedimento giuridico, in base alla quale tra i genitori donanti e il figlio donatario non vi sarebbe alcun conflitto di interessi, ma il dualismo di posizione giuridiche, elemento tipico di ogni contratto, impedirebbe comunque ai genitori del minore di rivestire, al contempo, la qualifica di donante e di donatario. Tale impossibilità verrebbe superata con la nomina di un curatore speciale ex art. 321 c.c., il quale, valutata l'utilità della donazione per il minore, chiederebbe le opportune autorizzazioni (al giudice tutelare o al notaio rogante) per procedere al compimento dell'atto negoziale. Quest'ultimo orientamento si fonda sulla considerazione che la donazione apporta solo benefici per chi la riceve, a maggior ragione se i donanti sono i genitori del donatario; pertanto, non avrebbe senso parlare di conflitto di interessi tra genitori e figlio. Tuttavia, come ha evidenziato la Suprema Corte nella citata sentenza n. 439/1981, “l'art. 321 è preordinato a porre rimedio non ad un conflitto di interessi, nel senso previsto dal precedente articolo, ma ad una situazione di insufficiente protezione del minore, come si desume anche dalla qualità dei soggetti legittimati a ricorrere in questi casi al tribunale (il figlio stesso, il pubblico ministero, o uno dei parenti che vi abbia interesse). Il tribunale provvede, come dispone l'ultima parte della norma, dopo aver sentito i genitori, per cui secondo la Corte “sembra evidente che la situazione configurata e regolata dal legislatore con la disposizione in esame muova dal presupposto della esistenza di un impedimento o di una condotta volutamente omissiva dei genitori rispetto alla attività necessaria per la tutela dei minori”. In epoca più recente, la Cassazione (Cass., sez. VI, 5 aprile 2018, n. 8438) è intervenuta ancora sulla questione, precisando che il conflitto d'interessi tra padre e figlio minore che legittima la nomina di un curatore speciale sussiste soltanto quando i due soggetti si trovino o possano in seguito trovarsi in posizione di contrasto, nel senso che l'interesse proprio del rappresentante, rispetto all'atto da compiere, mal si concili con quello del rappresentato: di conseguenza, il conflitto in questione non si configura quando, pur avendo tali soggetti un interesse proprio e distinto al compimento dell'atto, detto interesse corrisponda al vantaggio comune di entrambi, per cui i due interessi secondo l'apprezzamento del giudice di merito sono da considerarsi tra loro concorrenti e compatibili. Pertanto, la verifica del conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale va operata in concreto, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti nella causa, e non in astratto ed "ex ante". Anche a seguito della pronuncia da ultimo richiamata, la tesi preferibile è, comunque, quella del conflitto di interessi sostenuta dalla Suprema Corte nella celebre sentenza del 1981 dal momento che l'inversione dell'obbligo alimentare, ai sensi degli artt. 433 e 437 c.c., non costituisce un'eventualità astratta e inverosimile, ma è apprezzabile in concreto. Infatti, se il donante dovesse trovarsi in una situazione di bisogno, il donatario sarebbe tenuto, per primo, a prestargli gli alimenti e siffatta eventualità integra un evidente conflitto di interessi con l'altro coniuge il quale (donante o non donante che sia) trarrebbe beneficio dal fatto che il figlio donatario lo sostituirebbe nell'obbligo alimentare. Pertanto, in base alla disamina degli orientamenti dottrinali, appena effettuata, la tesi preferibile è quella del conflitto di interessi, in ragione della sua maggiore aderenza alla realtà rispetto alle altre ipotesi prospettate. Pertanto, nel caso in cui due genitori vogliano donare un bene al figlio minore sarà necessario adire il giudice tutelare chiedendo la nomina di un curatore speciale ex art. 320 c.c. che accetti la donazione in nome e per conto del minore, debitamente autorizzato. In questo contesto si inserisce anche la riforma della volontaria giurisdizione, apportata dal legislatore con il d.lgs. n. 149/2022, il cui art. 21 ha introdotto la possibilità per i notai di rilasciare autorizzazioni in materia di volontaria giurisdizione in relazione agli atti dai medesimi ricevuti in cui compaia un soggetto debole (minori, incapaci, inabilitati o beneficiari dell'amministrazione di sostegno) o abbiano ad oggetto i beni ereditari. Alla luce della riforma apportata una parte della dottrina ha prospettato differenti soluzioni, tentando di conciliare le tesi precedentemente esaminate con il nuovo ruolo del notaio. In tale ottica, è da sottolineare che il notaio è un soggetto dotato di approfondite conoscenze tecniche e sarà in grado di valutare le varie ipotesi rimesse al suo ministero, cosicché, chiamato ad autorizzare l'accettazione di una donazione fatta a un minore dai propri genitori, e constatata la presenza di un conflitto di interesse, nominerà un curatore speciale autorizzandolo contestualmente alla stipulazione dell'atto. La questione è comunque strettamente connessa al tema, già in precedenza discusso con riferimento alla nomina del curatore speciale da parte del giudice tutelare ex art. 320 comma 6 c.c., relativo alla possibilità che nomina e autorizzazione siano contestuali (come avviene nell'ipotesi di impedimento giuridico di cui all'art. 321 c.c.). Il Consiglio Nazionale del Notariato, con lo Studio n. 80-2023/PC, aderendo alla tesi dell'ammissibilità di un ricorso unitario e quindi di un provvedimento di nomina del curatore speciale e di contestuale rilascio della necessaria autorizzazione, ha ribadito - anche con riferimento all'art. 21 d.lgs. n. 149/2022 - la sussistenza della competenza del notaio a nominare il curatore speciale, necessario per l'atto notarile oggetto di autorizzazione. Si argomenta, infatti, che la ratio della riforma della volontaria giurisdizione, sottesa a ridurre il carico di lavoro dei giudici tutelari e a rendere più efficiente il sistema, sia coerente con la possibilità che il notaio rogante, autorizzando il negozio giuridico, nomini contestualmente il curatore speciale; se così non fosse, le ragioni della riforma sarebbero vanificate. Inoltre, la nomina è limitata esclusivamente allo svolgimento di una specifica attività intrinsecamente ed inscindibilmente connessa con la stipulazione dell'atto autorizzato dal notaio: tale nomina è, infatti, funzionale esclusivamente alla stipulazione dell'atto e pertanto sottende un'unica complessiva valutazione relativa all'interesse del minore, cessando di produrre effetti con la stipulazione dell'atto. Dette conclusioni sono state condivise anche dalla giurisprudenza (Corte d'appello di Milano del 9 gennaio 2024, di rigetto del reclamo del 7 novembre 2023), la quale ha affermato che il notaio è competente ad effettuare una duplice valutazione di tutti gli interessi sottesi che, optando per la via giudiziaria, spetterebbe al giudice tutelare. In conclusione, è opinione di chi scrive che qualora entrambi i genitori effettuino una donazione al proprio figlio minore è necessario sia nominato un curatore speciale ai sensi dell'art. 320 comma 6 c.c.dal giudice tutelare o dal notaio incaricato per l'atto di donazione, al fine di accettare la donazione stessa in nome e per conto del minore, debitamente autorizzato rispettivamente dal giudice tutelare o dal medesimo notaio rogante l'atto. |