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Inammissibile la revoca del consenso nei procedimenti di separazione su domanda congiunta

25 Febbraio 2025

Il consenso manifestato al momento della sottoscrizione dell’accordo contenuto nel ricorso può essere unilateralmente revocato?

Massima

La revoca unilaterale del consenso è inammissibile in quanto l’accordo intervenuto tra le parti, cristallizzato con il deposito congiunto del ricorso ex art. 473-bis.51 c.p.c., ha natura ricognitiva dei presupposti della separazione, vale a dire la volontà di porre fine alla convivenza coniugale, e ha natura negoziale in ordine alle condizioni relative alla prole e ai rapporti economici, di cui il Tribunale deve limitarsi a verificare la non contrarietà all’interesse dei figli minori.

Il caso

Tizio e Caia depositavano ricorso congiunto ex art. 473-bis.49 e 473-bis.51 c.p.c. di separazione e divorzio, con cui, dopo aver:

  1. Dichiarato di non volersi riconciliare;
  2. Dichiarato di rinunciare alla comparizione personale;
  3. Chiesto che l'udienza sia sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127-ter c.p.c.;
  4. Essersi esonerati reciprocamente dal deposito della documentazione di cui all'art. 473-bis.12 c.p.c.;
  5. Dichiarato di rinunciare all'impugnazione dell'emananda sentenza;

hanno formulato dettagliate condizioni sia per la separazione sia per il divorzio.

Nel termine concesso per il deposito delle note scritte ex art. 127-ter c.p.c. Tizio ha espresso formalmente la propria volontà di non separarsi alle condizioni indicate e sottoscritte nel ricorso.

Le parti sono quindi comparse davanti al Giudice delegato e in tale sede Tizio ha insistito per il rigetto della domanda di separazione e in via subordinata per il rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. mentre Caia per l'accoglimento della domanda di separazione alle condizioni ivi concordate.

Con sentenza il Tribunale di Milano ha pronunciato la separazione personale di Tizio e Caia alle condizioni di cui al ricorso ex art. 473-bis.49 e 473-bis.51 c.p.c. presentato dagli stessi.

La questione

È ammissibile la revoca unilaterale del consenso dopo il deposito del ricorso per separazione su domanda congiunta ai sensi dell’art. 473-bis.51 c.p.c.?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Milano ha risolto la questione in modo negativo, omologando le condizioni di cui al ricorso originariamente sottoscritto dalle parti.

Osservazioni

La pronuncia in commento ha affrontato la questione relativa alla possibilità o meno per una delle parti di revocare il proprio consenso all'accordo sulle condizioni della separazione, raggiunto e sottoscritto con il deposito del ricorso ai sensi dell'art. 473-bis.51 c.p.c.

Tale questione in passato, ed in particolare prima delle c.d. Riforma Cartabia, era stata risolta dalla giurisprudenza in modo diverso per la separazione e per il divorzio, in ragione del diverso iter processuale all'epoca previsto dal codice di rito.

Prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 149/2022, infatti, il procedimento di separazione consensuale era disciplinato dall'art. 711 c.p.c., norma oggi abrogata, che delineava una fattispecie a formazione progressiva, in cui le parti, dopo aver presentato congiuntamente la domanda di separazione, dovevano manifestare davanti al Presidente del Tribunale la propria volontà di separarsi alle condizioni tra loro concordate; esperito tale incombente il Tribunale emetteva un decreto di omologazione, necessario affinchè l'accordo delle parti avesse efficacia.

Differentemente, il giudizio di divorzio su domanda congiunta, allora disciplinato dall'art. 4, comma 16, l. 898/1970 e succ. mod., parimenti oggi abrogato, prevedeva che le parti presentassero un ricorso contenente tutte le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici e che il Tribunale, verificata l'esistenza dei presupposti di legge per giustificare lo scioglimento del vincolo coniugale, nonché la non contrarietà delle condizioni pattuite all'interesse dei figli, pronunciava la sentenza.

Tali differenze processuali tra le due fattispecie avevano condotto ad un orientamento della Suprema Corte che riconosceva conseguenze diverse alla revoca del consenso in caso di separazione consensuale e in caso di divorzio su domanda congiunta.

In particolare, la giurisprudenza di legittimità, aveva affermato che in tema di divorzio a domanda congiunta “l'accordo sotteso alla relativa domanda riveste natura meramente ricognitiva con riferimento ai presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale, la cui sussistenza è soggetta a verifica da parte del Tribunale, avente pieni poteri decisionali al riguardo, mentre ha valore negoziale per quanto concerne la prole e i rapporti economici, nel cui merito il Tribunale non deve entrare, a meno che le condizioni pattuite non si pongano in contrasto con l'interesse dei figli minori”, per questo motivo “la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi, mentre risulta irrilevante sotto il primo profilo, in quanto il ritiro della dichiarazione ricognitiva non preclude al Tribunale il riscontro dei presupposti necessari per la pronuncia del divorzio, è inammissibile sotto il secondo, dal momento che la natura negoziale e processuale dell'accordo intervenuto tra le parti in ordine alle condizioni del divorzio ed alla scelta dell'iter processuale esclude la possibilità di ripensamenti unilaterali, configurandosi la fattispecie non già come somma di distinte domande di divorzio o come adesione di una delle parti alla domanda dell'altra, ma come iniziativa comune e paritetica, rinunciabile soltanto da entrambi i coniugi” (Cass. 10463/2018 e Cass. 19540/2018). Al contrario, in caso di separazione consensuale, ciascuna parte poteva revocare il consenso sino alla data dell'udienza presidenziale, impedendo così la formalizzazione di quell'accordo, mentre la revoca diventava priva di effetto se effettuata dopo l'udienza presidenziale e prima dell'emissione del decreto di omologazione.

Come correttamente rilevato dal Tribunale di Milano nella pronuncia in commento, le modifica apportate dal d.lgs. 149/2022 al codice di procedura civile hanno comportato l'estensione dei principi sopra enunciati in relazione ai giudizi di divorzio su domanda congiunta anche a quelli di separazione.

Tale riforma, infatti, ha unificato il rito per i procedimenti di separazione e divorzio, che si concludono oggi entrambi con sentenza.

Anche per la separazione, quindi, il ricorso sottoscritto congiuntamente dai coniugi ha natura ricognitiva dei presupposti della separazione, vale a dire la volontà di porre fine alla convivenza coniugale, e ha natura negoziale in ordine alle condizioni relative alla prole e ai rapporti economici, di cui il Tribunale deve limitarsi a verificare la non contrarietà all'interesse dei figli minori.

Con la conseguenza che il consenso manifestato al momento della sottoscrizione dell'accordo contenuto nel ricorso non può essere unilateralmente revocato, a meno che non sia frutto di errore, violenza o dolo ai sensi dell'art. 1427 c.c. e fatto salvo sempre il potere del Tribunale di disattendere la concorde volontà delle parti, qualora le condizioni originariamente concordate dai coniugi siano in contrasto con norme imperative o con l'interesse dei figli minori.

Nel caso di specie il Tribunale di Milano ha espressamente affermato che gli accordi raggiunti dai genitori con la firma del ricorso non si ponevano in contrasto con l'interesse dei figli, circostanza peraltro neppure dedotta dal coniuge che aveva revocato il consenso.

Il Tribunale di Milano ha altresì accertato la non sussistenza di errore, violenza o dolo secondo quanto previsto dall'art. 1427 c.c.

Infine, il Tribunale di Milano ha escluso la sopravvenienza di fatti nuovi che potessero giustificare una modifica delle condizioni concordate nel ricorso, considerato peraltro che lo stesso Tizio non aveva dedotto alcun cambiamento sopravvenuto, peraltro difficilmente ipotizzabile atteso che la revoca del consenso era intervenuta pochi giorni dopo la sottoscrizione dell'accordo.

Appare dunque pienamente condivisibile e rispettosa delle modifiche normative intervenute la pronuncia in commento.

Viceversa non convince la decisione sulla medesima fattispecie giuridica emessa dal Tribunale di Napoli il 10 novembre 2023, che, reiterando acriticamente i principi enunciati in passato dalla Corte di Cassazione, ha omesso di considerare le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia, ma anche le riflessioni svolte dalla Suprema Corte con la sentenza Cass. n. 28272/2023, che decidendo sul rinvio pregiudiziale in ordine all'ammissibilità del cumulo di domande di separazione e divorzio nei procedimenti su domanda congiunta, aveva affermato che “la revoca del consenso da parte di un coniuge … non vale ad impedire la loro stessa ammissibilità ma potrà, semmai, determinare l'applicazione, con il dovuto adattamento, di orientamenti di legittimità già affermati”, riferendosi espressamente alle pronunce sopra richiamate, e aprendo così la strada all'interpretazione oggi scelta dal Tribunale di Milano.

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