Quando è trasferibile l’interesse legittimo

06 Marzo 2025

Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato affronta una questione relativa alla trasferibilità di un interesse legittimo, definendone i limiti con particolare riferimento alla stretta inerenza tra interesse legittimo e la posizione giuridica sottostante.

Massima

L'interesse legittimo non è suscettibile di trasferimento (per atto inter vivos o mortis causa), ad eccezione delle ipotesi in cui vi sia una stretta inerenza fra esso e la posizione giuridica sottostante: in dette ipotesi si determina una veicolazione simultanea (in via immediata e diretta) della titolarità della medesima situazione di interesse legittimo già esistente nel patrimonio del soggetto coinvolto dall'esercizio del potere amministrativo (1).

La stretta inerenza fra interesse legittimo e il bene/diritto trasferito non è configurabile in caso di cessione della sede farmaceutica, poiché l'Amministrazione è tenuta ad accertare l'idoneità soggettiva del farmacista subentrante: in tal caso, per effetto del trasferimento, l'interesse legittimo si estingue in capo al dante causa e ne sorge uno nuovo in capo all'avente causa, con conseguente inconfigurabilità di una successione a titolo particolare nel rapporto controverso (2).

Il caso

La fattispecie scrutinata dal Consiglio di Stato ha tratto origine da un'istanza, avanzata dal titolare di una sede farmaceutica, di autorizzazione al trasferimento dei locali di detta sede: istanza che ha avuto esito negativo poiché, a seguito della rideterminazione delle aree di pertinenza delle sedi farmaceutiche, i locali andavano a collocarsi al di fuori dell'area così come rideterminata.

Il privato ha dunque impugnato innanzi al competente T.A.R. il diniego al trasferimento, unitamente agli atti presupposti; a giudizio già incardinato, il ricorrente ha ceduto a un terzo il diritto alla sede farmaceutica.

Il ricorso è stato perciò dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto il T.A.R. ha ritenuto che il ricorrente non potesse trarre alcuna utilità dall'ulteriore coltivazione della controversia (per aver appunto perso la titolarità della sede) ed escluso che potesse trovare applicazione l'art. 111 c.p.c.: a quest'ultimo riguardo, ha diffusamente argomentato in ordine all'intrasferibilità dell'interesse legittimo, con conseguente inconfigurabilità di una successione a titolo particolare nella situazione giuridica soggettiva controversa.

La questione

L'originario ricorrente ha proposto appello avverso la sentenza di primo sostenendo che, secondo un diffuso indirizzo ermeneutico (pure richiamato dal T.A.R., che però non ne avrebbe desunto le dovute conseguenze applicative), l'interesse legittimo può transitare per effetto della cessione del bene al quale afferisce.

Ad avviso dell'appellante, occorrerebbe operare una distinzione: in taluni casi, l'interesse legittimo è da reputarsi effettivamente intrasferibile in ragione dello stretto collegamento tra la situazione soggettiva azionata e la persona fisica nella cui sfera giuridica si producono gli effetti dell'atto avversato; in altri casi, invece, l'estinzione della posizione originaria non si verificherebbe ed essa, anzi, transiterebbe insieme al bene al quale è collegata.

In questi ultimi casi, non verificandosi l'estinzione, il processo dovrebbe necessariamente proseguire fra le parti originarie, anche e soprattutto a tutela dell'avente causa.

In virtù di questa prospettazione di parte, il Consiglio di Stato è stato chiamato a pronunciarsi sulla correttezza della statuizione del T.A.R. che, in luogo di pronunciarsi nel merito della pretesa azionata dal dante causa, ha arrestato il giudizio in rito reputando non più sussistente l'interesse a ricorrere alla luce del mutamento soggettivo nella titolarità della farmacia.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice d'appello ha confermato la pronuncia gravata, ancorché seguendo un percorso motivazionale parzialmente differente.

Il Collegio ha, innanzitutto, dato atto della sussistenza di orientamenti giurisprudenziali non pienamente convergenti (quantomeno nei postulati di partenza).

Un primo indirizzo interpretativo (espresso, in particolare, da C.d.S., IV, 7-3-2013 n. 1403) ritiene che una caratteristica intrinseca dell'interesse legittimo sia la sua personalità, «in quanto esso si appunta solo in capo al soggetto che si rappresenta come titolare [e, in quanto tale], non è trasferibile né è consentito al soggetto ampliarne o comunque modificarne l'ambito di titolarità (inter vivos o mortis causa)». Ciò perché «la posizione dell'interesse legittimo presuppone ed esprime necessariamente una relazione intercorrente tra un soggetto che ha (o intende ottenere) una determinata utilità […] e la pubblica amministrazione nell'esercizio di un potere ad essa attribuito dall'ordinamento giuridico»: «[t]ale relazione diretta si concretizza nel fatto che il provvedimento amministrativo ed suoi effetti interessano direttamente (ed univocamente) il patrimonio giuridico di un determinato soggetto, in senso compressivo o ampliativo». Tale pronuncia, peraltro, non manca di osservare che «occorre distinguere tra casi in cui il “contatto” tra interessato e potere amministrativo è intervenuto in riferimento ad aspetti del suo patrimonio giuridico in cui sono possibili fenomeni di successione, da casi in cui tale contatto attiene a profili personali, e non trasmissibili, dello stesso patrimonio giuridico».

Secondo un'altra impostazione (condivisa expressis verbis da C.d.S., VI, 30-11-2020 n. 7520), invece, non vi è alcun ostacolo a configurare la cessione dell'interesse legittimo, poiché esso «è una situazione giuridica autonoma di valenza sostanziale protetta dalla norma che regola il potere pubblico e che si correla ad un bene della vita che, in caso di interesse legittimo oppositivo, preesiste all'esercizio del potere con interesse alla sua conservazione, ovvero, in caso di interesse legittimo pretensivo, si potrebbe ottenere all'esito dell'esercizio del potere, con interesse alla sua acquisizione»: «[t]ale interesse può essere, normalmente, oggetto di trasferimento a titolo universale o particolare, con conseguente successione nel rapporto giuridico». Precisa la pronuncia che la cessione a titolo particolare può avvenire non solo unitamente al trasferimento del diritto soggettivo avente ad oggetto un determinato bene, ma anche «isolatamente».

La pronuncia in commento ritiene di condividere il primo orientamento, considerato però nella sua globalità: la “regola” è l'intrasferibilità dell'interesse legittimo; le “eccezioni” («invero alquanto ampie») si hanno quando vi è una «stretta inerenza dell'interesse legittimo alla posizione giuridica sottostante».

La fattispecie concretamente scrutinata rientra fra le “eccezioni”, poiché l'autorizzazione all'esercizio dell'attività farmaceutica non può considerarsi strettamente inerente al “bene” farmacia: secondo il corpus normativo di cui alla L. 475/1968, è difatti indispensabile che l'Amministrazione verifichi l'idoneità del farmacista subentrante.

A fronte della necessità di un vaglio amministrativo in ordine alla qualità soggettiva dell'avente causa, deve «escluder[si] che l'interesse legittimo transiti unitamente o simultaneamente alla titolarità del bene o diritto soggettivo sottostante (la proprietà dell'azienda farmaceutica), poiché esso in realtà si estingue in capo al soggetto cedente e si ricostituisce in una consistenza nuova e diversa in capo al cessionario, per effetto delle verifiche di idoneità soggettiva che l'Amministrazione è tenuta a compiere prima di autorizzare il trasferimento dell'autorizzazione».

Correttamente, perciò, il T.A.R. ha escluso l'applicazione dell'art. 111 c.p.c., non essendovi stato il trasferimento del “medesimo” interesse legittimo in origine sussistente in capo all'appellante, ma quell'interesse si è estinto ed è venuto ad esistenza un interesse nuovo in capo al suo avente causa (la tutela delle cui ragioni resta impregiudicata in sede sia amministrativa sia, eventualmente, giurisdizionale).

Osservazioni

Dal dibattito pretorio sopra analizzato (al cui sviluppo la pronuncia in commento ha apportato un apprezzabile contributo) emerge un evidente ridimensionamento del corollario dell'indisponibilità, che tradizionalmente si reputava intrinseco alle situazioni giuridiche soggettive di diritto pubblico. Esso permane sul piano delle declamazioni, in quanto l'orientamento seguito pone quale “regola” l'intrasferibilità dell'interesse legittimo: tuttavia, il fatto che vi siano «alquanto ampie» eccezioni a una regola dovrebbe indurre a interrogarsi sulla solidità del fondamento della regola stessa.

In questa prospettiva, dalla personalità dell'interesse legittimo non si trae, quale conseguenza logicamente necessaria e indefettibile, la sua intrasferibilità: ciò che invece risulta dirimente è stabilire se, alla luce dello statuto normativo del potere amministrativo, l'utilità (conservativa o accrescitiva) correlata al provvedimento sia suscettibile di circolare o meno. A tal fine il discrimen è da rinvenirsi nella rilevanza o meno di specifiche qualità soggettive (che possono essere, a seconda dei vari settori, “morali”, di capacità tecnica, di capacità economico-finanziaria, ecc.) che devono sussistere in capo al destinatario dell'esercizio del potere: ove tale rilevanza non vi sia (e dunque all'ordinamento non interessa nei confronti di chi sia esercitato il potere, ma soltanto che gli effetti dell'esercizio si producano nell'ambito di un determinato patrimonio giuridico, chiunque ne sia il titolare), nulla risulta ostare - né dogmaticamente né normativamente - alla circolazione dell'interesse legittimo.

D'altra parte, una cessione dell'interesse legittimo isolata rispetto al “bene della vita” su cui indice l'esercizio del potere (e che, dunque, risulterebbe limitata alla posizione procedimentale) non sembra potersi effettivamente qualificare come tale: se l'utilità (conservativa o accrescitiva) dovesse prodursi nel patrimonio giuridico di un soggetto diverso da quello che interloquisce con l'Amministrazione, sembrerebbe rientrarsi nel fenomeno (non della cessione ma) della rappresentanza, diretta o indiretta a seconda dei casi.

In dette ipotesi, occorrerebbe allora riflettere sull'ammissibilità e sugli eventuali limiti di detto fenomeno nell'ambito del diritto (e del processo) amministrativo.

Qualora, invece, si rientri nell'ambito del trasferimento (“vero e proprio”) dell'interesse legittimo, deve risultare neutro il momento in cui esso avvenga:

- se prima dell'esercizio del potere, il procedimento sarà avviato dal (o nei confronti del) nuovo titolare;

- se durante lo svolgimento del procedimento amministrativo, dovrà ammettervisi il subentro del nuovo titolare;

- se dopo l'esercizio del potere, il nuovo titolare beneficerà degli (o subirà gli) effetti del provvedimento;

- se nella pendenza del giudizio, dovrà farsi applicazione dell'art. 111 c.p.c. consentendo l'intervento del nuovo titolare (nonché, eventualmente, l'estromissione del precedente).

Una moderna (ri)lettura delle categorie generali, anche alla luce dei princìpi costituzionali sull'attività amministrativa, dovrebbe indurre a convergere in questa direzione.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala R. Musone, La rinunciabilità al procedimento amministrativo ad istanza di parte e i limiti alla reiterabilità dell'istanza, commento a Cons. Stato, Sez. VII, 16 agosto 2023, n. 7767, in Urb. app., 2024, 1, 94 ss.; R. Castellano, Disponibilità e circolazione dell'interesse legittimo, in Dir. e proc. amm., 2022, 3, 733 ss.; M. D'Arienzo, Trasferibilità dell'interesse legittimo, Napoli, 2017; G. Scoca, L'interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017, spec. p. 468 ss.

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