La disciplina processuale del decreto pronunziato in sede di verifiche preliminari

11 Marzo 2025

Il giudice può pronunciare un secondo decreto ex art. 171-bis c.p.c., dopo averne già pronunciato uno?

Massima

Il sistema processuale, ispirato al principio dispositivo, orientato a favorire il più possibile la definizione amichevole dei processi civili o a prevenirne l'instaurazione e che consente la sospensione del processo su istanza di tutte le parti ove sussistano giustificati motivi, non preclude l'emissione, se adeguatamente motivata, di un secondo decreto ex art. 171-bis c.p.c., o comunque di un provvedimento ordinatorio di analoga portata, che lasci garantiti il contraddittorio e la parità delle armi, così come la possibilità di un ordinato svolgimento del giudizio e del graduale maturare delle preclusioni.

La fattispecie

In una causa di opposizione a precetto di rilascio, il giudice aveva fissato con decreto la prima udienza di comparizione per trattare il merito e, contemporaneamente, l'udienza cautelare volta alla sospensiva.

Tuttavia, essendo stata formulata una proposta conciliativa ai sensi dell'art. 185-bis c.p.c., le parti avevano richiesto al giudice di fissare nella stessa data tanto l'udienza cautelare quanto quella di merito.

Il giudice, preso atto della comune volontà compositiva delle parti, in accoglimento dell'istanza, mercé pronunzia un secondo decreto ex art. 171-bis c.p.c., e differisce la prima udienza di comparizione delle parti.

 La questione affrontata

Il dubbio che suscita il decreto in esame è il seguente: il giudice può pronunziare un secondo decreto ex art. 171-bis c.p.c., dopo averne pronunziato un primo ?

 La soluzione proposta

Non ravvisando ostacoli normativi di sorta, il giudice ha accolto l'istanza e differito la data della prima udienza di comparizione delle parti, argomentandone la praticabilità sulla scorta dei principi desumibili dal sistema processuale che tendono a favorire la definizione amichevole della lite.

Il decreto pronunziato ex art. 171-bis c.p.c. dal giudice istruttore in sede di verifiche preliminari suscita rinnovato interesse, con riguardo alla tipologia del provvedimento giurisdizionale adottato.

Il decreto è uno dei tre provvedimenti disciplinati nella sezione III, titolo VI, del I° Libro della procedura, intitolato a «Dei provvedimenti» del giudice (artt. 131 e ss. c.p.c.), nella quale viene fornita regolamentazione positiva a:

  • sentenza;
  • ordinanza;
  • e decreto (per tutti, v. MANDRIOLI, CARRATTA, Diritto processuale civile, Torino, 2022, XXVIII ed., I, 411-412).

Se grande interesse riveste il decreto pronunziato in sede di verifiche preliminari, è giocoforza collocarlo da un punto di vista sistematico, all'interno dell'ampio sistema processuale, in aderenza alle scarne direttive dettate dall'unica norma che ex professo disciplina il decreto, l'art. 135 c.p.c. («forma e contenuto del decreto»).

Ebbene, il decreto, è la più semplice delle tre forme di provvedimenti pronunziabili da parte del giudice, dato che il codice neppure indica quali ne siano gli elementi formali indispensabili minimi.

Diversamente dall'ordinanza, lo stesso è pronunziato «d'ufficio», senza necessità di impulso di parte, oltreché in assenza di contraddittorio.

L'art. 135, comma 3 c.p.c., di regola, neppure ne prescrive la motivazione.

Ancora, quanto al regime giuridico, dalle varie ipotesi codificate, emerge che il decreto, di regola, una volta pronunziato da parte del giudice, non va comunicato alle parti costituite (GIUDICEANDREA, voce Decreto (dir. Proc. Civ.), in Enc. Dir., Milano, 1962, XI, 825); diversamente dall'ordinanza che, se emessa fuori udienza, va comunicata a cura del cancelliere (artt. 134, capoverso e 176, capoverso, c.p.c.). Neppure il decreto ingiuntivo (che va «motivato»), una volta accolta la domanda, va comunicato alle parti (v. art. 641 c.p.c.), che avranno, perciò, l'onere di verificarne l'emissione (anche per evitare la successiva perenzione: art. 644 c.p.c.). Identico regime vale per il decreto di fissazione della prima udienza del rito semplificato (art. 281-undecies, comma 2, c.p.c.), come pure, per quello di designazione del giudice ad opera del Presidente (art. 168-bis c.p.c.). Per entrambi i provvedimenti non è prevista comunicazione alle parti.

Viceversa, del decreto interlocutorio, volto all'integrazione del corredo probatorio necessario del ricorso monitorio (pronunziato ex art. 640 c.p.c.), va data «notizia al ricorrente», a cura della cancelleria.

Soggiace ad analogo regime di comunicazione, da parte della cancelleria, anche il decreto pronunziato in sede di verifiche preliminari (art. 171, comma 5, c.p.c.); dovendo le parti costituite essere tempestivamente informate dell'eventuale provvedimento di sanatoria del vizio dell'atto, ovvero, di integrazione del contraddittorio, ovvero di conferma o di differimento della prima udienza di comparizione delle parti.

Il Correttivo (d.lgs. n. 164/2024), innovando l'art. 136, comma 2, c.p.c., dispone che alle comunicazioni il cancelliere provveda tramite posta elettronica certificata.

La norma è applicabile (anche) alla comunicazione del decreto, laddove la legge la prescriva.

Al decreto è applicabile la seguente precisazione, conseguenziale all'introduzione del processo civile telematico: «quando [gli atti giudiziari: n.d.a.] sono redatti in forma di documento informatico, rispettano la normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici» (art. 46, capoverso, disp. att. c.p.c.).

Mentre il codice di rito detta uno specifico regime giuridico di riferimento con riguardo all'ordinanza (istruttoria), prevedendone la modificabilità e revocabilità (art. 177, comma 2, c.p.c.), nulla dispone con riguardo alla revisione del decreto.

Si ritiene, però, che anche il decreto soggiaccia al medesimo regime di revocabilità e modificabilità (si v., ancora, i cenni compiuti da GIUDICEANDREA, op. loc. cit.).

Proprio questa situazione emerge dall'esame del decreto annotato.

Ex art. 171-bis c.p.c., il giudice felsineo aveva fissato l'udienza di prima comparizione delle parti, salvo in seguito, per favorire il componimento conciliativo della vertenza, revocare il precedente decreto di fissazione, differendo la prima trattazione, «rispetto alla quale decorrono i termini a ritroso indicati nell'art. 171-ter c.p.c.» (come ivi si legge) e fissandola alla stessa data già stabilita per provvedere sull'istanza di sospensione.

D'altro canto, se il decreto può essere revocato da un successivo decreto (come ammette  la pronunzia epigrafata), a maggior ragione, un'ordinanza può revocare un precedente decreto.

E' questa la situazione espressamente codificata nell'art. 281-duodecies, comma 1, c.p.c.

La norma disciplina la possibilità, mediante pronunzia di «ordinanza non impugnabile», di disporre la conversione dal rito semplificato a quello ordinario, laddove «non ricorrano i presupposti di cui al primo comma dell'art. 281-decies» (quando emerga che, melius re perpensa, la causa si caratterizzi da una certa complessità istruttoria o decisoria, che ne consigli la trattazione nelle forme ordinarie).

La possibilità che il decreto sia revocato dall'ordinanza, in applicazione del disposto affidato dall'art. 171-bis, comma 4, c.p.c. (introdotto dal correttivo d.lgs. n. 164/2024), è ipotizzabile quando il g.i. abbia disposto l'immediata conversione del giudizio da ordinario in semplificato in sede di verifiche preliminari (in tema, MASONI, Dal rito ordinario a quello semplificato: conversione immediata a seguito del Correttivo, in IUS Processo civile, 17 febbraio 2025).

La possibilità di successiva «riconversione» in sede di prima udienza, nuovamente in giudizio ordinario, avviene in contraddittorio delle parti, con pronunzia di ordinanza, e comporta il superamento del pregresso decreto, pronunziato inaudita altera parte.

Analoga situazione - un'ordinanza che revoca un precedente decreto reso ex art. 171-bis c.p.c. - viene adombrata nella pronunzia interpretativa di rigetto (C. Cost. n. 96 del 2024, in IUS Processo civile, con  nota critica di MASONI, Decreto di fissazione dell'udienza e principio del contraddittorio), nell'ipotesi in cui il giudice abbia disposto la sanatoria di vizio impediente, ovvero l'integrazione del contraddittorio e, poi, in sede di udienza ex art. 183 c.p.c., si avveda dell'inutilità del provvedimento in precedenza adottato, revocandolo.

Come si vede, il decreto può sempre essere revocato dall'ordinanza pronunziata in udienza.

Il principio è logico, tenuto conto che l'ordinanza prevale sempre sul decreto, in quanto la stessa è pronunziata nel contraddittorio delle parti.

Da ultimo, l'art. 171-bis, comma 5, c.p.c., dispone che, in sede di verifiche preliminari, «il g.i. provved(a) con decreto che è comunicato alle parti costituite a cura della cancelleria».

L'utilizzo da parte del linguaggio legislativo del sostantivo declinato alla forma singolare («decreto») neppure impedisce al giudice, come è logico, la pronunzia di una pluralità di decreti di (ri)fissazione d'udienza, in presenza di giustificati motivi, come d'altro canto ha ammesso il provvedimento epigrafato.

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