Scia in variante e poteri dell’amministrazione comunale. Rito PNRR e “Sismabonus”
24 Marzo 2025
La società ricorrente presentava ad un Comune siciliano la richiesta di permesso di costruire per la demolizione e ricostruzione di un preesistente edificio. Dopo il rilascio del predetto titolo edilizio la società avviava i lavori prefigurandosi di concluderli entro la fine del 2024 per ottenere i benefici fiscali del c.d. sisma bonus (prorogato sino al 31.12.2024 dall'art. 1, comma 37, della l.n. 234/ 2021) e presentava una S.C.I.A. (segnalazione certificata di inizio di attività) in variante al permesso di costruire. A seguito di un esposto della locale Stazione dei Carabinieri venivano rilevate talune difformità rispetto al progetto e venivano sequestrate le opere. Il Comune comunicava alla società la conclusione del procedimento di S.C.I.A. e la diffidava a non iniziare i lavori o se iniziati a sospenderli. La società ricorrente impugnava il suddetto provvedimento che dichiarava priva di effetti la S.C.I.A. presentata dalla ricorrente. Il Collegio innanzi tutto ha respinto l'eccezione di inammissibilità per difetto di contraddittorio sollevata dall'Ente comunale resistente. Invero, l'art. 12-bis, commi 1 e 4, del d.l. n. 68/2022, invocato dal Comune, prevede la contrazione dei termini processuali per i giudizi concernenti la realizzazione di “opere” finanziate in tutto o in parte con le risorse del PNRR, per consentire il rispetto dei termini previsti dal citato Piano . In particolare, il Collegio ha chiarito che nei ricorsi concernenti una procedura amministrativa in materia di PNRR le amministrazioni centrali titolari degli interventi previsti nel PNRR sono parti necessarie e hanno ad oggetto le procedure amministrative di progettazione, autorizzazione, approvazione e realizzazione delle c.d. opere PNRR. Tali procedure non riguardano lavori per i quali è previsto un beneficio fiscale quali il c.d. sisma bonus, come nel caso di specie, che sono stati assentiti dal Comune con il permesso di costruire e successivamente per i quali poi è stata impugnata la diffida a proseguire le opere iniziate dopo la presentazione di una S.C.I.A. in variante. Il Collegio, precisa che, nel caso di specie, la ricorrente contesta il potere inibitorio esercitato dal Comune in un procedimento edilizio relativo a un immobile che non era un'opera PNRR, e, pertanto, non rientrava nella disciplina di cui al citato art. 12-bis del d.l. 68/2022, che consente la contrazione dei termini processuali per i giudizi concernenti la realizzazione di “opere” finanziate in tutto o in parte con le risorse del PNRR. Di conseguenza, le “amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel PNRR”, che ai sensi dell'art. 1, co. 4, lett. l), del d.l. 77/2021, sono i “Ministeri e le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri responsabili dell'attuazione delle riforme e degli investimenti previsti nel PNRR”, non sono parti necessarie nel giudizio di specie e, pertanto, non deve essere disposto nei lori confronti l'integrazione del contraddittorio. Quanto al merito, il Collegio ha ricostruito il quadro normativo in materia di interventi realizzabili mediante SCIA di cui all'art. 22 del d.PR. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. edilizia) Invero, il Collegio ha ritenuto dirimente accertare, alla luce della disciplina di riferimento, se le variazioni indicate nella S.C.I.A. in variante al permesso di costruire presentata dalla società ricorrente, rientrassero o meno nel perimetro delle variazioni essenziali A tal riguardo il Collegio ha osservato che, contrariamente a quanto rilevato dal Comune, con l'atto impugnato gli interventi riportati nella S.C.I.A. in variante non costituivano variazioni essenziali, per cui ne consegue l'illegittimità sostanziale dell'atto avversato per l'erronea qualificazione degli interventi riportati nella S.C.I.A. in variante quali interventi essenziali “non qualificabili come interventi di cui all'articolo 22, comma 2 del DPR 380/01 come recepito dall'art.10 comma 2 L.R. n.16/2016”. Il Collegio ha ritenuto che ai fini del giudizio, a nulla rileva quanto riportato, nel verbale di accertamenti urgenti sui luoghi e di sequestro, redatto dalla Polizia municipale del Comune resistente, perché attinente all'attività di vigilanza urbanistica e edilizia che il Comune è tenuto ad esercitare senza limiti di tempo e da cui possono emergere eventuali abusi tali da determinare l'adozione di possibili provvedimenti repressivo-ripristinatori. Dal combinato disposto dell'art. 22, comma 2 e dell'art. 31, comma 2, del D.P.R. 380/2001, infatti, si evince che dopo la presentazione della S.C.I.A. in variante, il Comune: a) esercita la sua attività di “vigilanza urbanistica ed edilizia”; b) nell'ambito di tale attività, una volta accertata l'esecuzione di interventi “con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione”. Tale “accertamento” presuppone l'ultimazione dei lavori e non può essere sovrapposto o confuso, con l'esercizio dei poteri di cui all'art. 19 della L. 241/1990, da svolgersi, invece, alla luce di quanto dichiarato nel “titolo” (e nei correlati elaborati progettuali) e non sull'attività edilizia in itinere dopo la presentazione della S.C.I.A. in variante. In definitiva il Collegio ha affermato che il Comune non può fondare la propria dichiarazione di inefficacia della S.C.I.A. in variante, oggetto del giudizio, da un sopralluogo eseguito in corso d'opera che, tra l'altro, non è richiamato nell'atto impugnato. Piuttosto, il Comune avrebbe potuto inibire lo svolgimento dell'attività edilizia come riportata nella S.C.I.A esercitando i poteri di cui ai commi 3, 4 e 6-bis dell'art. 19 della l.n. 241/1990, ove fosse accertato che gli interventi edilizi “segnalati” non fossero entro il campo di applicazione della disciplina di riferimento. Infine, il Collegio, ha evidenziato che l'atto impugnato è suscettibile di censura anche per l'insufficienza della sua motivazione considerato che si limita ad affermare che gli interventi oggetto di S.C.I.A costituiscono variazioni essenziali, senza alcun richiamo ad ulteriori atti istruttori dai quali sia possibile evincere quali siano i motivi eventualmente per relationem . Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia ha accolto il ricorso |