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Ammontare dei conguagli divisionali e formazioni delle porzioni

25 Marzo 2025

A quali criteri deve attenersi il Giudice nella formazione delle porzioni da assegnare ai condividenti con particolare riferimento alla determinazione dei conguagli?

Massima

La ridotta entità del conguaglio è criterio che deve sempre ispirare la scelta della soluzione più appropriata in materia di divisione (tra divisione in natura e divisione per equivalente), in modo da evitare che sia alterata l'equilibrata distribuzione dei beni, che deve avvenire in natura, mentre il conguaglio ha la funzione di ristabilire l'equilibrio tra le quote e di superare eventuali differenze di valore.

Il caso

Con citazione del 13 maggio 1999, l'attore conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma i tre fratelli al fine di procedere alla divisione dell'asse ereditario materno; nel contesto delle operazioni divisionali – in particolare – chiedeva l'accertamento dell'effettiva consistenza dell'asse ereditario, in quanto a favore di uno dei fratelli sarebbe stata effettuata una donazione indiretta suscettibile di collazione, nonché il pagamento di indennità per uso esclusivo dei beni comuni da parte di alcuni coeredi. Il Tribunale di Roma: respingeva la domanda di collazione, asserendo che l'attribuzione liberale fosse riconducibile al patrimonio del padre e non della madre; condannava i convenuti al versamento dell'indennità di occupazione degli immobili caduti in successione rispettivamente occupati; procedeva alla formazione di quattro lotti da assegnare per estrazione a sorte ai quattro coeredi, fissando l'ammontare dei conguagli non essendo i lotti di egual valore. Successivamente la Corte d'Appello di Roma riformava parzialmente la decisione di primo grado, assegnando il lotto numero due ad un coerede sul rilievo che quest'ultimo avesse abitato da lungo tempo in un immobile incluso nel lotto da assegnargli, ma confermando per il resto la correttezza del progetto divisionale elaborato dal c.t.u. (nonostante l'entità dei conguagli) e l'insussistenza dei presupposti dell'obbligo collatizio.

Avverso detta sentenza, parte attrice ricorreva per Cassazione fondando le proprie doglianze su otto motivi: in particolare, con il sesto, denunciava la violazione degli articoli 720 e 728 c.c. e dell'art. 132 n. 4 c.p.c., sostenendo che il Giudice d'Appello non avesse motivato la scelta di confermare la decisione del Tribunale nella parte in cui si optava per la divisione mediante assegnazione dei lotti, anziché mediante alienazione coattiva e suddivisione del ricavato, nonostante vi fosse la previsione di conguagli di notevole entità; a detta del ricorrente, infatti, la debenza di conguagli di notevole importo a carico di alcuni lotti a favore di altri, avrebbe dovuto indurre il Giudice ad optare per una diversa modalità divisionale.

La questione

La vertenza in commento – circoscrivendosi la sua analisi al motivo sopra indicato – pone fondamentalmente la seguente questione: a quali criteri deve attenersi il Giudice nella formazione delle porzioni da assegnare ai condividenti (con particolare riferimento alla determinazione dei conguagli)?

Le soluzioni giuridiche

Come si evince dalla previsione di cui all'art. 726 c.c., la formazione delle porzioni costituisce il presupposto logico del fenomeno divisionale, in quanto consente che ad ogni condividente possa essere assegnato un «pacchetto» di beni di valore proporzionale alla quota di spettanza. La regola di fondo nell'espletamento di tale attività, è quella dell'omogeneità nella formazione delle porzioni, principio che si articola su due versanti: il primo, è dato dall'art. 718 c.c. ai sensi del quale ogni coerede ha diritto ad ottenere «la sua parte in natura dei beni mobili e immobili»; il secondo, è dato dall'art. 727 c.c. ai sensi del quale ogni porzione deve comprendere «una quantità di mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualità, in proporzione dell'entità di ciascuna quota». Per esemplificare i due concetti sopra esposti, si ipotizzino i seguenti scenari.

Il primo: Caio muore lasciando eredi in parti uguali la moglie Caia e i due figli Caietto e Caietta; la massa ereditaria è composta da tre terreni: il primo a Mantova, il secondo a Milano ed il terzo a Roma, tutti di 12.000 metri quadrati ciascuno e tutti di egual valore. In base all'art. 718 c.c. ogni coerede ha diritto ad ottenere la «la sua parte in natura» che, quindi, è costituita da 4.000 metri quadrati del terreno di Mantova, 4.000 metri quadrati del terreno di Milano e 4.000 metri quadrati del terreno di Roma. A tal fine ogni terreno dovrà essere preventivamente frazionato in tre particelle di 4.000 metri quadrati ciascuna ed ogni porzione assegnanda dovrà essere composta da tre particelle (di 4.000 metri quadrati ciascuna) ubicate nei tre comuni e ciò ancorchè sia astrattamente possibile una diversa composizione delle porzioni tale da determinare comunque un uguale valore di assegnazione (ad esempio una porzione formata dal terreno a Mantova, una dal terreno a Milano ed una dal terreno a Roma).

Il secondo: Caio muore vedovo lasciando eredi in parti uguali i due figli Caietto e Caietta; la massa ereditaria è composta da due terreni agricoli, due terreni edificabili e due crediti tutti del valore di euro 50.000 ciascuno e così per un valore totale di euro 300.000. In base all'art. 727 c.c. ogni porzione dovrà essere composta da un terreno agricolo, un terreno edificabile ed un credito e ciò ancorchè sia astrattamente possibile una diversa composizione delle porzioni tale da determinare comunque il valore di euro 150.000 ciascuna (ad esempio una porzione formata dai due terreni agricoli ed un terreno edificabile, ed una porzione da un terreno edificabile e dai due crediti).

Ciò doverosamente premesso, ben può accadere – tuttavia – che la massa ereditaria abbia caratteristiche tali da non potere essere suddivisa in porzioni esattamente corrispondenti alla quota di spettanza di ciascun coerede: se, ad esempio, l'asse del valore complessivo di euro 300.000 da dividere tra due eredi in parti uguali è composto da due terreni agricoli del valore di euro 30.000 e 70.000, da due terreni edificabili del valore di euro 40.000 e 60.000 e da due crediti del valore di euro 45.000 e 55.000, non sarebbe possibile creare due porzioni di egual valore di euro 150.000 ciascuna. A rimuovere l'impasse interviene l'art. 728 c.c. che – per il caso in cui non sia possibile, appunto, addivenire alla formazione di porzioni di egual valore – impone che la loro diseguaglianza debba essere compensata mediante conguaglio in denaro la cui funzione è, quindi, quella di consentire il trattamento equalitario dei condividenti (sulla funzione riequilibratrice del conguaglio: Cass., Sez. VI, 3 luglio 2014, n. 15288; ad ogni modo si ricordi il corretto insegnamento di M.R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in  Giurisprudenza sistematica civile e commerciale fondata da W. Bigiavi, Torino, Utet, 1986, 443, per cui «laddove, per altro, la detta diseguaglianza venga riequilibrata mediante distribuzione di denaro facente parte della massa dividenda esattamente si sottolinea che non ricorre conguaglio in senso tecnico; ed a rigore, anzi, neppure potrebbe parlarsi di diseguaglianza, in quanto il denaro comune destinato a pareggiare le eventuali differenze di valore entra a far parte delle singole porzioni né più né meno che gli altri beni comuni»).

Per rifarsi all'esempio suddetto, potrebbe – allora – ipotizzarsi quanto segue: la formazione di una porzione X del valore di euro 145.000, composta dal terreno agricolo del valore di euro 30.000, dal terreno edificabile del valore di euro 60.000 e dal credito del valore di euro 55.000; la formazione di una porzione Y del valore di euro 155.000, composta dal terreno agricolo del valore di euro 70.000, dal terreno edificabile del valore di euro 40.000 e dal credito del valore di euro 45.000; da quanto sopra, la porzione Y sarebbe caratterizzata dall'obbligo in capo a colui che ne risulterà assegnatario di versare un conguaglio di euro 5.000 e, correlativamente, la porzione X dal diritto a colui che ne risulterà assegnatario di esigere analogo conguaglio. Come si avrà modo di chiarire infra, trattasi solamente di una possibile soluzione, dato che dal punto di vista meramente aritmetico sarebbero paventabili anche altre forme di composizione, così ad esempio: la formazione di una porzione X del valore di euro 115.000, composta dal terreno agricolo del valore di euro 30.000, dal terreno edificabile del valore di euro 40.000 e dal credito del valore di euro 45.000; la formazione di una porzione Y del valore di euro 185.000, composta dal terreno agricolo del valore di euro 70.000, dal terreno edificabile del valore di euro 60.000 e dal credito del valore di euro 55.000; da quanto sopra, la porzione Y sarebbe caratterizzata dall'obbligo in capo a colui che ne risulterà assegnatario di versare un conguaglio di euro 35.000 e, correlativamente, la porzione X dal diritto a colui che ne risulterà assegnatario di esigere analogo conguaglio.

Quanto esposto sopra, però, pone il tema cruciale di sancire se sia ipotizzabile porre un “tetto” alla determinazione del conguaglio (come visto nell'esemplificazione di cui sopra, in una soluzione vi sarebbe un conguaglio di euro 5.000, mentre nell'altra di euro 35.000): se, infatti, il suo ammontare diventasse particolarmente incisivo (quantitativamente e/o percentualmente), potrebbe forse esserne alterata la sua funzione casuale di mera perequazione. Ancora una volta un esempio estremo può aiutare: se ad esempio la massa dividenda (tra due soggetti) fosse composta da un'abitazione del valore di euro 190.000 e da beni mobili per euro 10.000, sarebbe legittima la formazione di una porzione X composta dall'abitazione del valore di euro 190.000 con obbligo in capo a colui che ne risulterà assegnatario di versare un conguaglio di euro 90.000 e di una porzione Y composta dal mobilio del valore di euro 10.000 con diritto a colui che ne risulterà assegnatario di esigere analogo conguaglio? Oppure non saremmo più in presenza di una divisione dato che la prestazione monetaria sarebbe di fatto il corrispettivo di una cessione di quota immobiliare indivisa? Evidentemente a seconda della scelta di campo assunta, ne risulterebbe diversamente delimitato il potere del Giudice nella formazione delle porzioni.

Il dibattito non è certo inedito: circoscrivendo la nostra attenzione al comparto immobiliare oggetto del contenzioso in esame, premesso che l'art. 720 c.c. detta due regole nella divisione degli immobili «non comodamente divisibili» (e cioè: l'assegnazione degli stessi ai coeredi aventi la quota maggiore che ne facciano richiesta; o, in mancanza, la vendita all'incanto), si sono reputati non comodamente divisibili anche i beni la cui divisione determinerebbe un'ingente debenza di conguagli in denaro (Cass., sez. II, 11 luglio 2011, n. 15212; Cass., sez. II, 21 maggio 2003, n. 7961); stessa logica ispiratrice è rinvenibile in Cass., sez. II, 15 gennaio 2018, n. 726, secondo cui il Giudice, nello scegliere fra più progetti di divisione quale approvare, può privilegiare quello che limita al massimo la misura dei conguagli, così assicurando che la quota sia prevalentemente formata in natura. Insomma, l'eccessivo conguaglio – a prescindere dalle fisiologiche incertezze nella sua parametrazione – è tale da alterare gli ordinari criteri di formazione delle porzioni e da imporre un diverso metodo operativo costituito da una differente composizione delle quote (al fine di ridurre l'entità del conguaglio) o, quale extrema ratio, dalla vendita coattiva della massa dividenda.

Del resto, che il concetto di non comoda divisibilità sfugga alla tassatività delle ipotesi previste dall'art. 720 c.c. non deve stupire, ben potendo il Giudice prescinderne «ove ritenga che l'interesse dei condividenti sia meglio soddisfatto attraverso l'attribuzione di un intero immobile, piuttosto che con il suo frazionamento» (Cass., sez. II, 12 dicembre 2017, n. 29733; Cass., sez. II, 12 marzo 2010, n. 6134; Cass., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3029; Cass., sez. II, 16 giugno 2008, n. 16219) ovvero «quando la rigorosa applicazione del principio determinerebbe un pregiudizio del diritto dei condividenti a conseguire una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quella spettante singolarmente sulla massa, come potrebbe verificarsi in caso di diseguaglianza delle quote» (Cass., sez. II, 12 gennaio 2011, n. 573).

Ecco che la suprema Corte, sul solco di precedenti assunti, riafferma il ruolo ontologicamente ancillare del conguaglio la cui «ridotta entità è criterio che deve sempre ispirare la scelta della soluzione più appropriata in materia di divisione in modo da evitare che sia alterata l'equilibrata distribuzione dei beni, che deve avvenire in natura, mentre il conguaglio ha la funzione di ristabilire l'equilibrio tra le quote e di superare eventuali differenze di valore». Sulla base di detto principio, il motivo di ricorso è stato accolto affinchè il Giudice del rinvio verifichi se, alla luce della composizione dei beni in comune, sia possibile pervenire alla formazione di un diverso progetto di divisione.

Osservazioni

La pronuncia in commento trova il punto di equilibrio tra due contrapposti interessi: da un lato vi è il diritto alla divisione, che – evidentemente – non può essere paralizzato dalla disomogeneità dei valori dei cespiti dividendi (anche in considerazione del fatto empirico per cui una perfetta coincidenza di valore tra porzioni e quote è assai improbabile), ma dall'altro che il diritto alla divisione non possa attuarsi con modalità operative inique tali da incidere sostanzialmente sul diritto del condividente (un conto è ricevere porzioni immobiliari, un conto è ricevere denaro; o, ancora più banalmente, un condividente potrebbe non avere la necessaria liquidità atta a versare un cospicuo conguaglio).

Sulla scia di questa corretta concettualizzazione, la Corte reputa che principio ispiratore nella formazione delle porzioni debba essere costituito dal contenimento dell'entità del conguaglio: delicato ruolo del Giudice è, allora, quello di avallare il ruolo fisiologico del conguaglio al fine di impedirne il germe patologico.

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