Trattamento delle acque reflue urbane: condanna per l’Italia

La Redazione
28 Marzo 2025

Nel 2014 la CGUE ha dichiarato che l’Italia non aveva dato esecuzione, in tutto il territorio nazionale, alla direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue.

Tale direttiva ha lo scopo di proteggere la salute umana e l’ambiente e impone agli Stati membri la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane prima che siano scaricate nell’ambiente. L’Italia non aveva dato esecuzione alla direttiva proprio nella misura in cui, in ben 41 agglomerati distribuiti su tutto il territorio nazionale, le acque reflue non erano state correttamente raccolte né trattate.

Considerando che dopo 20 anni dalla scadenza dei termini di recepimento della direttiva e nove dalla sentenza del 2014, l’Italia non si era ancora pienamente conformata, la Commissione europea ha proposto un nuovo ricorso per inadempimento diretto all’imposizione di sanzioni pecuniarie.

L’interpellata CGUE constata in sentenza che l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 2014, essendovi, alla data di scadenza stabilita dalla costituzione in mora, cinque e, alla data dell’udienza innanzi alla Corte, quattro agglomerati in cui l’inadempimento ancora persiste.

La Corte condanna l’Italia al pagamento di una somma forfettaria di 10 milioni e a una penalità di € 13 687 500 per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie a conformarsi alla sentenza, a partire dalla data della pronuncia e fino alla sua completa esecuzione.

Nel fissare l’importo della sanzione, la CGUE tiene conto della gravità e durata dell’infrazione, nonché della capacità finanziaria dello Stato condannato. Sottolinea come il mancato trattamento delle acque reflue urbane costituisca un danno particolarmente grave per l’ambiente e, nel caso di specie, nonostante il numero di agglomerati inadempienti sia significativamente diminuito sul territorio italiano, un pregiudizio per l’ambiente tuttora persiste, aggravato dalla circostanza che lo scarico delle acque reflue nei quattro agglomerati rimanenti avviene in aree sensibili.

Inoltre, la mancata esecuzione perdura da circa undici anni, un arco temporale eccessivo, pur considerando il periodo di tempo che occorre per la realizzazione dei lavori infrastrutturali necessari.