Revoca della demolizione e nuova valutazione dell’interesse pubblico al mantenimento di manufatti abusivi: il caso “Mutoid Waste Company”

27 Marzo 2025

Secondo la pronunzia in esame è illegittima la revoca di precedenti ordinanze di demolizione di manufatti abusivi in area vincolata, nonché il sopravvenuto piano operativo comunale tematico (POC) che legittimava gli abusi, visto il carattere obbligatorio e non discrezionale dei provvedimenti repressivi.

Massima

In caso di impugnazione del provvedimento di revoca di una ordinanza di demolizione di un'opera abusiva, devono ritenersi sussistenti la legittimazione ad agire e l'interesse a ricorrere in capo al privato che lamenti non già un potenziale pregiudizio discendente dalla vicinitas in quanto tale, ma effetti pregiudizievoli connessi al decremento del valore del proprio bene, in quanto contiguo all'insediamento abusivo, e all'inquinamento acustico derivante dal tipo di attività organizzate nel sito considerato. In tal caso la valutazione dell'interesse può essere svolta con maggiore ampiezza, tenuto conto dell'affidamento ingenerato dal provvedimento demolitorio.

È illegittimo il provvedimento di revoca di una ordinanza di demolizione di opere abusive che sia motivato con la sopravvenuta valutazione del prevalente interesse pubblico al mantenimento dei manufatti (nella specie, sfociata nella adozione di un piano operativo comunale che ne consentiva il recupero) poiché l'ampia discrezionalità del potere di revoca presuppone la natura a sua volta discrezionale del provvedimento di primo grado che, nel caso di ordinanza di demolizione di opere abusive, va esclusa trattandosi di potere vincolato. L'ampia discrezionalità dello ius poenitendi non può surrogare l'assenza di discrezionalità del provvedimento repressivo degli abusi edilizi e l'accertata abusività degli interventi edilizi impedisce di dare rilevanza agli elementi sopravvenuti.

È illegittima la delibera di approvazione del piano operativo comunale tematico (POC) che tenda non tanto alla riqualificazione di fabbricati esistenti, quanto alla sanatoria di opere abusive. Difatti, gli obiettivi del recupero, della rinaturalizzazione e della valorizzazione dell'area, oltre a dover risultare coerenti con la pianificazione sovraordinata (nella specie, con il piano strutturale comunale - PSC e con il piano territoriale di coordinamento provinciale - PTCP), non possono avere ad oggetto insediamenti da demolire in forza di provvedimenti comunali repressivi degli abusi accertati.

Il caso

Revoca di ordinanza di demolizione

Un Comune emanava ordinanze di demolizione di alcune opere sorte in un'area demaniale con vincolo paesaggistico e dunque abusive.

Successivamente, modificando il proprio avviso e previa approvazione di un POC, il medesimo Comune procedeva a revocare dette ordinanze.

Insorgeva un privato proprietario di aree nelle vicinanze, contestando i provvedimenti, puntuali e di pianificazione, con i quali l'amministrazione aveva assentito e legittimato il mantenimento di una pluralità di opere abusive nella predetta zona. In particolare, nei luoghi interessati, nel corso degli anni, era stato realizzato il Parco Artistico denominato Mutonia, “Luogo del contemporaneo”, abitato e gestito dal collettivo artistico Mutoid Waste Company, un gruppo di artisti e performer di origine britannica ivi stabilitosi alla fine degli anni '80.

La sentenza appellata, oggetto della pronunzia qui in commento, previo rigetto delle preliminari eccezioni di inammissibilità del ricorso (in particolare) per carenza di legittimazione e interesse ad agire, respingeva l'impugnativa del ricorrente.

Il TAR riteneva legittima la revoca, evidenziando che la tutela dell'interesse culturale, artistico e paesaggistico, pur se successivamente definito e precisato, potesse prevalere sull'azione repressiva dell'abuso edilizio.

Il POC veniva altresì giudicato conforme alla normativa e alla pianificazione superiore (PSC), perseguendo il recupero ambientale e la salvaguardia storica dei luoghi.

Inoltre, la concessione demaniale veniva ritenuta legittima, poiché l'iniziativa artistica si integrava con il contesto paesaggistico.

La questione

Discrezionalità, sopravvenienze e ius poenitendi

Oltre che sulle tematiche generali della legittimazione ad agire e dell'interesse al ricorso, il caso in esame verte su quale debba essere la corretta configurazione dei poteri di repressione delle opere abusive, nel contesto di un sopravvenuto mutamento dell'interesse pubblico esplicitato in atti regolatori sopravvenuti.

Le soluzioni giuridiche

Interesse al ricorso, bilanciamento degli interessi e atto dovuto

Come accennato, il TAR respingeva le eccezioni di carenza di legittimazione e di interesse in capo al ricorrente, che faceva valere la sua vicinitas qualificata (i.e. possibile decremento del valore e della utilità di propri beni) alle opere abusive oggetto di ordinanza di demolizione.

Tale valutazione è stata confermata anche in appello, in armonia con i più recenti orientamenti che ritengono rilevanti i concreti pregiudizi che possono emergere per il proprietario di beni contigui ad un insediamento che risulta abusivo e fonte di inquinamento acustico.

Venendo al merito, il giudice di prime cure aveva respinto il ricorso, ritenendo giustificata la revoca, avendo accertato un mutato interesse pubblico culturale e artistico che giustificava la permanenza in loco della compagnia Mutoid Waste Company.

Il Consiglio di Stato, invece, ha ritenuto che la revoca fosse illegittima, poiché le opere abusive erano già state accertate come tali e la loro eliminazione era obbligatoria, senza margini di discrezionalità per l'amministrazione.

In sostanza, secondo la sentenza d'appello, il bilanciamento degli interessi, nel caso di specie, non poteva entrare in gioco, in quanto la scelta operata a monte dal Legislatore è quella della doverosità dell'intervento repressivo degli abusi edilizi.

Nemmeno l'evocazione dell'ampia discrezionalità connessa allo ius poenitendi poteva rilevare, in quanto l'ampiezza di tale potere dipende, in concreto, da quella propria del provvedimento originario, che come visto aveva carattere vincolato.

Quanto alle sopravvenienze allegate dall'amministrazione in sede di motivazione della revoca, di cui si dirà anche infra esaminando le censure relative al POC, le stesse non sono state ritenute sufficienti a legittimare la revoca, perché in detti provvedimenti si ribadiva la perdurante sussistenza in fatto e in diritto dell'accertata abusività degli interventi edilizi in questione. Pertanto la rinnovata valutazione dell'interesse pubblico non poteva comunque legittimare la permanenza sul territorio di insediamenti la cui abusività era stata accertata ed anzi ribadita anche in sede di esercizio dell'autotutela.

Con riguardo alla contestazione del nuovo POC, il TAR aveva sostenuto che esso fosse funzionale al recupero ed alla valorizzazione dell'area.

Il Consiglio di Stato, al contrario, ha ritenuto che il menzionato piano, invece di una riqualificazione, realizzasse una sanatoria illegittima delle opere abusive, in contrasto con le normative urbanistiche superiori.

Il detto strumento urbanistico non poteva quindi superare una situazione di abuso edilizio senza previa demolizione delle opere irregolari.

Per ciò che concerne la concessione dell'area demaniale alla Mutoid, poiché la convenzione era fondata sul POC dichiarato illegittimo, il venir meno, in ragione dell'accoglimento della precedente censura, di tale presupposto, dava luogo ad un effetto caducante nei confronti della convenzione che ad esso accedeva.

Osservazioni

Disciplina edilizia e sopravvenuta regolazione urbanistica

La sentenza in commento appare fare buon governo di principi consolidati della giurisprudenza amministrativa, seppure applicati ad una fattispecie peculiare.

Al di là della soluzione del caso concreto, possono forse individuarsi alcuni profili generali meritevoli di ulteriore riflessione.

Difatti, le sopravvenienze allegate dall'amministrazione in sede di motivazione della revoca, qualora non fossero state impugnate (e poi parimenti annullate), potevano in teoria rimanere inalterate e conservare autonoma validità, ovvero supportare più efficacemente la legittimità della revoca dell'ordine di demolizione, e comunque rendere non scontata la ammissibilità o la procedibilità del ricorso per mancata impugnazione dei atti presupposti, in quanto l'automatica, assorbente ed assoluta prevalenza della disciplina edilizia che regola le opere di volta in volta realizzate rispetto a quella urbanistica sopravvenuta non pare possa considerarsi un assunto incontestabile in ogni circostanza (e.g. il POC e la convenzione avrebbero forse potuto ritenersi autonomamente legittime qualora fossero state scevre da effetti sui manufatti abusivi; e la complessiva operazione, in tesi, realizzabile attraverso un progressivo e reciproco allineamento tra la disciplina urbanistica e quella edilizia, con ripristino dei luoghi e successivo assentimento delle opere compatibili con le norme vigenti).

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