Sulla nullità della sentenza di primo grado per difetto assoluto di motivazione e rimessione al primo giudice
01 Aprile 2025
Un Consorzio di Bonifica laziale proponeva domanda risarcitoria avanti il Tar per il Lazio nei confronti di altri Consorzi e talune società finanziarie e di assicurazioni. Con la sentenza, appellata, il T.a.r dichiarava inammissibile il ricorso. In via preliminare, per la sua portata assorbente, il Collegio ha esaminato il primo motivo di appello concernente la nullità della sentenza impugnata per motivazione omessa e apparente. In proposito il Collegio ha precisato che l'art. 88 c.p.a. al comma 2, lett. d), prevede che la sentenza deve contenere “la concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione, anche con rinvio a precedenti cui intende conformarsi”. Pertanto, l'omessa motivazione della sentenza è configurabile non solo ove il giudice abbia completamente omesso l'esame di una questione proposta, ma anche quando abbia reso impossibile il controllo del criterio logico su cui si basa il proprio convincimento, quindi anche nel caso in cui il giudice si sia limitato ad affermazioni apodittiche senza indicare gli elementi a sostegno della decisione. Sul punto, il Collegio, dopo aver illustrato il quadro normativo di riferimento sulla questione, alla luce della sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 30 luglio 2018, n. 11, ha evidenziato che il difetto assoluto di motivazione costituisce un'ipotesi di nullità della sentenza, che giustifica l'annullamento con rinvio, laddove le anomalie argomentative sono talmente gravi da collocare la motivazione al di sotto del “minimo costituzionale” di cui all'art. 111, comma 5, Cost. L'assenza o il difetto assoluto della motivazione, quale elemento indispensabile per rinvenire il concreto esercizio di potestas iudicandi (art. 88 c.p.a.), ostacola l'esercizio del sindacato di tipo sostitutivo del giudice d'appello perché, nella sostanza, manca una statuizione sulla quale possa incidere, sia pur in forma di integrazione/emendazione delle motivazioni. Invero, ad avviso del Collegio, non è possibile che il giudice d'appello integri la motivazione sostanzialmente mancante. Il difetto assoluto di motivazione integra un caso di nullità della sentenza, ai sensi degli artt. 88, comma 2, lett. d) e 105, comma 1, c.p.a., anche tenuto conto che in base al principio processuale previsto dall'art. 156, comma 2, c.p.c. la motivazione è un requisito formale, oltre che sostanziale, indefettibile per il raggiungimento del suo scopo. Nel caso di specie, il Collegio, in linea con la consolidata giurisprudenza, ha ritenuto che la motivazione fosse meramente assertiva, di modo che non è ravvisabile il fondamento della decisione, in quanto le argomentazioni ivi contenute sono inidonee a conoscere il ragionamento del giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass. civ. S.U n. 22232/2013; Cass civ n. 9422/2023). Infatti, sebbene si tratti di una complessa vicenda controversa, la decisione seppure resa in forma semplificata, ex art. 74 c.p.a., aveva dichiarato inammissibile il ricorso senza recare alcuna ricostruzione dei fatti e delineare l'iter logico seguito. In definitiva, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto sussistente l'ipotesi della motivazione assente, o comunque apparente, in quanto meramente assertiva, nei termini evidenziati dalla citata pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e, per l'effetto, ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, e ha disposto la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 105 c.p.a. |