La ritualità della notifica della sentenza di fallimento nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale

11 Aprile 2025

Viene annotata una pronuncia della Corte di cassazione che, nell’affrontare il tema dell’elemento psicologico del reato nella bancarotta fraudolenta documentale c.d. “specifica”, ribadisce che è con la notifica rituale della sentenza di fallimento, e non con la successiva comunicazione del curatore, che sorge in capo al fallito l’obbligo di mettere a disposizione le scritture contabili.

Alla stesura dell'articolo ha partecipato il Dott. Paolo Rossini.

Massima

È con la notifica rituale della sentenza di fallimento e non con la successiva comunicazione del curatore che sorge in capo al fallito l'obbligo di mettere a disposizione le scritture contabili dell'ufficio. È da questo momento che il fallito acquisisce anche la consapevolezza che rappresenta una delle componenti del dolo specifico della bancarotta documentale. Non assume, pertanto, alcuna rilevanza la notifica dell'invito del curatore all'esibizione dei libri contabili.

Il caso

Con il provvedimento in esame, la Corte di cassazione affronta il tema dell'elemento psicologico del reato nella bancarotta fraudolenta documentale cosiddetta specifica, che, come noto, ricorre quando l'imputato ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili.

La pronuncia risulta di particolare interesse poiché chiarisce da quale momento il giudice penale può ritenere che l'imputato abbia acquisito la consapevolezza dell'obbligo di consegnare le scritture contabili alla curatela fallimentare per poi ricavare la prova del dolo specifico - procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o recare pregiudizio ai creditori -, richiesto ai fini della configurabilità del reato in analisi.

In particolare, nel caso di specie, entrambi i giudici di merito avevano, concordemente, ritenuto l'imputato responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui all'art. 216, comma 1, n. 2, prima parte, l. fall., per non avere – consapevolmente – consegnato le scritture contabili al curatore, nonostante il ricorrente avesse ricevuto rituale notifica della sentenza dichiarativa di fallimento.

La difesa dell'imputato proponeva ricorso straordinario per cassazione sostenendo, invece, che la mancata richiesta delle scritture contabili da parte del curatore deponesse, al contrario, per l'incolpevole inerzia dell'imputato.

La questione 

Il contesto di riferimento e i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale

Come noto, il delitto di bancarotta fraudolenta documentale – di cui all'art. 216, comma 1, n. 2, l. fall. - in realtà disciplina due distinte fattispecie delittuose e, in particolare: l'avere sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili; ovvero, l'averli tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La prima fattispecie, definita bancarotta fraudolenta documentale “specifica”, si perfeziona indipendentemente dall'evento costituito dall'impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento degli affari, che pure certo può verificarsi, ed è caratterizzata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.

L'appena citata impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento degli affari costituisce, invece, evento della seconda ipotesi, che si definisce bancarotta fraudolenta documentale “generica”, ed il cui elemento soggettivo è il dolo generico.

Intervenuta sul punto, la Corte ha chiarito che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico (nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica) e del dolo generico (nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica) non possono coincidere con il mero dato della scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, essendo essi semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l'integrazione dell'elemento oggettivo del reato.

Al contrario, è necessario che ricorrano circostanze di fatto ulteriori, o quantomeno elementi di natura logica, in grado di farne emergere gli scopi che, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica, devono identificarsi nella finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, ovvero, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica, di recare pregiudizio ai creditori nella consapevolezza che l'irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio (Cfr. Cass. Pen., sez. V, 20 dicembre 2023, n. 5119).

Nello specifico, con riferimento alla sussistenza del dolo specifico del delitto di cui all'art. 216, comma 1, n. 2, prima parte, l. fall., in relazione all'importanza rivestita dalla notifica della sentenza dichiarativa di fallimento, è la stessa normativa di riferimento, per come interpretata dalla costante giurisprudenza di legittimità, a fornire un quadro chiaro e completo.

L'art. 16 n. 3 l. fall. prevede, infatti, che con la sentenza dichiarativa di fallimento il tribunale, entro tre giorni, «ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell'elenco dei creditori, se non è stato ancora eseguito a norma dell'articolo 14»; regola che si salda con il successivo art. 17, secondo cui «entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata su richiesta del cancelliere, ai sensi dell'articolo 137 del c.p.c. al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall'articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell'articolo 136 c.p.c., al pubblico ministero, al curatore ed al richiedente il fallimento».

Da tali disposizioni la giurisprudenza penale della Corte di cassazione ha tratto il principio, poi costantemente riaffermato, secondo cui è con la notifica rituale della sentenza di fallimento e non con la successiva comunicazione del curatore che sorge in capo al fallito l'obbligo di mettere a disposizione le scritture contabili. È, infatti, da questo momento che quest'ultimo acquisisce anche la consapevolezza che rappresenta una delle componenti del dolo specifico della bancarotta documentale, non assumendo alcuna rilevanza la notifica dell'invito del curatore all'esibizione dei libri contabili.

La soluzione della Corte

Nel caso concreto, la Suprema Corte ha, innanzitutto, ripercorso i principali approdi giurisprudenziali in materia di errore di fatto, sollevato dall'odierno ricorrente attraverso il rimedio del ricorso straordinario.

Tale vizio, oggetto del rimedio previsto dall'art. 625-bis c.p.p., consiste, invero, in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall'influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato, per l'appunto, dall'inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso.

Qualora la causa dell'errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, è pacifico che non sia configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; così come risulta altrettanto pacifico che siano estranei all'ambito di applicazione dell'istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l'attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere - anche se risoltisi in travisamento del fatto - soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie.

Sulla scorta di quanto evidenziato, è risultato di lampante evidenza per i Giudici come l'errore dedotto dal ricorrente non rientrasse nella nozione di errore percettivo o di fatto per come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità.

La Suprema Corte ha, infatti, correttamente inquadrato la vicenda, essendo la scelta di attribuire rilevanza esclusivamente all'omessa notifica della sentenza dichiarativa di fallimento (e non alla successiva comunicazione del curatore) imposta dalla normativa di riferimento, ai sensi degli artt. 16 ss. l. fall.

Osservazioni/conclusioni

Alla luce delle considerazioni svolte, si ritiene opportuno ribadire quanto sia importante che il presupposto della penale responsabilità di un soggetto sia ancorato ad un saldo nonché solido elemento normativo, rappresentato, in questo caso, dalla legislazione in materia fallimentare; in quanto, solo laddove venga accertata la rituale notifica della sentenza dichiarativa di fallimento, occorrerà valutare l'elemento psicologico, in relazione alla mancata consegna delle scritture contabili (cfr. Cass. pen., sez. V, 14 ottobre 2021, n. 46796).

Tale interpretazione ha, infatti, consentito di superare quelle pronunce della giurisprudenza di merito che, anziché procedere all'accertamento dell'avvenuta rituale notifica al fallito della sentenza dichiarativa di fallimento, avevano basato l'affermazione di responsabilità dell'imputato in ordine al reato di cui all'art. 220 l. fall. – ma la cui ratio può essere applicata anche alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, a fronte dell'omogeneità della struttura e dell'interesse sotteso alle predette figure di reato – sulla presunzione di conoscenza fondata sulla circostanza della presentazione spontanea al Curatore ovvero sulla base del fatto che non risultava provata la mancata notifica.

Pertanto, la sentenza in commento non fa che riaffermare il rispetto del principio di legalità, strumento di garanzia della certezza del diritto e dell'uguaglianza di trattamento dei cittadini di fronte alla legge, alla luce della funzione nomofilattica che la Corte Suprema di Cassazione è chiamata a svolgere, finalizzata a garantire la corretta applicazione e l'uniforme interpretazione del diritto.

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