Protezione internazionale: lo Stato membro può individuare i Paesi terzi sicuri tramite legge?
14 Aprile 2025
Come indicato dalla direttiva 2013/32 (avente ad oggetto il riconoscimento e la revoca dello status di protezione internazionale), gli Stati membri hanno facoltà di accelerare l'esame delle domande di protezione internazionale nel caso in cui tali domande provengano da cittadini di paesi c.d. “sicuri” in quanto ritenuti in grado di offrire un grado di protezione adeguato contro il rischio di persecuzioni. La vicenda all'esame della CGUE vede protagonisti due cittadini del Bangladesh che, trovandosi in un centro di permanenza temporanea in Albania come stabilito dal protocollo Italia-Albania (siglato a Roma il 6 novembre 2023 e ratificato con l. 21 febbraio 2024, n. 14) vedevano respinta la propria richiesta di protezione internazionale, esaminata con procedura accelerata alla frontiera dalle autorità italiane, in quanto il loro paese d'origine è ritenuto paese sicuro dalla normativa italiana a partire del 2024. I due richiedenti impugnavano la decisione presso il Tribunale ordinario di Roma che, a sua volta, si è rivolto alla Corte di giustizia per chiarire come si applichi il concetto di paese sicuro e quali siano gli obblighi specifici degli Stati membri in materia di controllo giurisdizionale. Evidenzia come la normativa italiana del 2024 non individui le fonti di informazione su cui il legislatore ha basato l'individuazione dei paesi terzi sicuri e come, di conseguenza, tanto il richiedente quanto l'autorità giudiziaria siano privati della possibilità di valutare la legittimità della presunzione di sicurezza, in particolare per quanto riguarda provenienza, autorità, affidabilità, pertinenza, attualità ed esaustività delle fonti alla base dell'atto di legge. Nelle conclusioni depositate in data 10 aprile 2025, l'avvocato generale Jean Richard de la Tour ha ribadito che gli Stati membri hanno la possibilità di individuare un paese terzo come paese di origine sicuro tramite atto legislativo, tenendo, tuttavia, in debita considerazione il fatto che l'autorità giudiziaria, per l'esame di un ricorso contro il rigetto della domanda di protezione internazionale, deve poter disporre delle fonti di informazione alla base della designazione, per valutare adeguatamente la legittimità del rigetto. La designazione tramite atto legislativo non può, infatti, tramutarsi in sottrazione al controllo di legittimità, a pena di privare di efficacia la direttiva 2013/32. Pertanto, in mancanza di divulgazione delle fonti di informazione da parte del legislatore nazionale, l'autorità giudiziaria competente può accertare la legittimità della designazione sulla base delle fonti di informazione individuate dalla direttiva 2013/32. L'avvocato generale ritiene anche che tale direttiva non osti a che uno Stato membro riconosca a un paese terzo la qualifica di paese sicuro, pur individuando determinate categorie di persone che in quello stesso paese possono essere esposte al rischio di persecuzioni o gravi violazioni. Ciò può accadere nel caso in cui vi sia un regime democratico in tale paese, idoneo a garantire ai suoi cittadini una generale e duratura protezione contro le persecuzioni, ma sia lo stesso Stato membro ad escludere alcune categorie di persone dall'applicazione del concetto di paese di origine sicuro e dalla collegata presunzione di sicurezza. |