Revoca della liquidazione giudiziale e imputazione delle spese di procedura
14 Aprile 2025
Massima Ove la Corte di Appello abbia accertato, nel provvedimento di revoca della liquidazione giudiziale, l’imputazione dell’erronea apertura a responsabilità del creditore istante, è a costui che devono fare carico le spese di procedura e il compenso del curatore. Il relativo computo, con una ripartizione dei ruoli tra cancelleria e curatore, potrà esprimersi nel giudizio di rendiconto. Il caso Il provvedimento in esame prende le mosse dalla richiesta del curatore di quantificazione delle spese di giustizia da parte della cancelleria, rilevando preliminarmente l'imputazione al creditore istante della apertura per colpa nel provvedimento di revoca della Corte, e richiamando quindi l'art. 53, comma I, c.c.i.i. e gli artt. 146 e 147 d.P.R. n. 115/2002 sul recupero di spese di giustizia e compenso del curatore: e ciò a prescindere, sottolineatura importante, dal fatto che la procedura abbia già realizzato un attivo sufficiente alla loro copertura. Da questa complessiva premessa, il giudice delegato trae quindi tre conseguenze ancorate al caso pratico, e così: a) le spese di giustizia anticipate o prenotate a debito, ma non ancora rimborsate, devono essere recuperate a carico del creditore istante; b) le medesime spese, se già anteriormente rimborsate, non potendo essere ripetute dall'Erario da parte del debitore in bonis, devono reputarsi definitivamente da lui assolte, con diritto alla ripetizione nei confronti del creditore istante; c) il compenso del curatore, condizionato al passaggio in giudicato della sentenza di revoca e alla approvazione del rendiconto finale, va posto a carico del creditore istante e non attinto dall'attivo realizzato e capiente, essendo esso vincolato alla restituzione a favore del debitore. All'individuazione di queste conseguenze fa seguito la statuizione, che si traduce in un invito alla cancelleria per l'attivazione della procedura tesa al recupero del credito erariale, ed al curatore al deposito del rendiconto, da comunicarsi anche all'Erario, con richiesta in parallelo di liquidazione del compenso e autorizzazione alla restituzione dell'attivo al debitore tornato in bonis. La questione Il provvedimento in commento si inserisce in un tema che, già nel vigore della legge fallimentare, aveva preteso il suo spazio e dato campo ad un dibattito dottrinale e ad una serie di decisioni nutrite: quello dalla imputabilità delle spese di procedura, considerando in ciò i compensi del curatore ed anche del legale della procedura, nonché delle spese anticipate dall'Erario o prenotate a debito. Abrogato l'art. 21 della legge fallimentare a cura del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, il tema era trattato dall'art. 18, u. comma, l. fall. in punto di reclamo avverso la sentenza dichiarativa, che così recitava: «le spese di procedura ed il compenso al curatore sono liquidate dal Tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto reclamabile ai sensi dell'art. 26». E la disciplina risultava poi completata dagli artt. 146 d.P.R. n. 115/2002, quanto alle spese erariali anticipate e prenotate a debito, e 147 dello stesso decreto, quanto alla imputazione delle spese di procedura e al compenso del curatore. In questo contesto la giurisprudenza si era espressa con decisioni su diversi profili, che vale la pena di ricordare. E così:
Con il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza è l'art. 53, comma 1, a prevedere che «le spese della procedura e il compenso del curatore sono liquidate dal Tribunale, su relazione del giudice delegato e tenuto conto delle ragioni della apertura e della sua revoca, con decreto reclamabile ai sensi dell'art. 124»; ma, precisa la norma, «salvo quanto previsto dall'art. 147» del d.p.r. 115/2002. Ed è infatti questa norma, nel testo novellato, a prevedere che l'imputabilità delle spese di procedura e del compenso del curatore debba costituire punto di esame del provvedimento di revoca, quale conseguenza della condanna del creditore istante per aver chiesto la dichiarazione del fallimento con colpa, ovvero quale conseguenza del comportamento del debitore, foriero appunto della dichiarazione di insolvenza. Resta invece nei termini già conosciuti la distinzione tra le spese prenotate a debito e quelle anticipate, dove: · nelle prime rientrano l'imposta di registro, quella ipotecaria e catastale, il contributo unificato, i diritti di copia; · nelle seconde rientrano le spese di spedizione o di trasferta per le notifiche, le indennità di viaggio del magistrato o degli ausiliari per atti fuori sede, le spese e gli onorari degli ausiliari, quelle di pubblicità dei provvedimenti giudiziali. Osservazioni Il provvedimento si caratterizza quindi per una pulizia e linearità di pensiero, dove il richiamo delle norme si accompagna ad una traduzione, in chiave pratica, dell’elaborazione giurisprudenziale sopra ricordata. Se può porsi un dubbio, esso attiene al fatto che la liquidazione del compenso del curatore vada azionata nei confronti del creditore istante, senza che si possa attingere più comodamente all’attivo realizzato e disponibile. Ma a ben riflettere la scelta non appare immotivata e distonica rispetto ai principi. Vero è infatti che, nel caso come quello in esame, il debitore è già stato ampiamente pregiudicato dall’istanza colpevole del creditore; e vero è poi che il curatore, quale organo della procedura, giustamente deve riferire la pretesa del suo compenso, siccome conseguente all’attività esercitata, a chi malamente ne ha provocato la necessità: che di certo non è il debitore dichiarato insolvente fuori dai presupposti. |