Revoca dell’assegnazione di procedimenti ad un giudice e criteri compatibilità con il diritto dell’UE

Redazione Scientifica Processo amministrativo
24 Aprile 2025

Non è compatibile con il diritto UE una normativa nazionale che consente a un organo di un tribunale nazionale di revocare l'assegnazione a un giudice di tale tribunale di una parte o della totalità dei procedimenti allo stesso assegnati, senza prevedere i criteri e l'obbligo di motivazione.

Il caso in esame riguarda la sentenza della Corte di Giustizia UE concernente due domande di pronuncia pregiudiziale presentate dallo stesso giudice polacco nell'ambito di due procedimenti penali distinti.

Con la prima questione il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di valutare la compatibilità unionale della disciplina nazionale che consenta a un organo di un tribunale nazionale di revocare l'assegnazione a un giudice di una parte o tutti i procedimenti assegnati, senza che detta normativa preveda i criteri per la decisione di revoca e neppure l'obbligo di motivazione.

La Corte ricorda che, sebbene l'organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella competenza di tali Stati, il principio di tutela giurisdizionale effettiva, di cui all'art. 19, par. 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell'UE, sancito dall'art. 6, par. 1, CEDU, al quale corrisponde l'art. 47, secondo comma, della Carta, che a sua volta corrisponde a un livello di protezione garantito dall'articolo 6, par 1, CEDU.

Quindi la Corte precisa che ogni Stato membro, a norma dell'art. 19, par 1, secondo comma, TUE, deve assicurare il requisito d'indipendenza degli organi giurisdizionali, connesso al compito di giudicare, che costituisce un aspetto essenziale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo. L'indipendenza implica due aspetti. Il primo esterno, richiede che l'organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza alcun vincolo gerarchico o di subordinazione e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, così da essere tutelato da interventi o pressioni esterni idonei a compromettere l'indipendenza di giudizio e a influenzare le decisioni. Il secondo aspetto, interno, si collega alla nozione d'«imparzialità» e concerne l'equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo la sua soluzione, all'infuori della stretta applicazione della norma giuridica. L'aspetto «esterno» dell'indipendenza salvaguarda l'indipendenza dei giudici dai poteri legislativo ed esecutivo conformemente al principio della separazione dei poteri dello Stato di diritto e a tutelare i giudici contro indebite influenze provenienti dall'interno dell'organo giurisdizionale.

Poi la Corte ha chiarito ai sensi dell'art. 19, par 1, secondo comma, TUE le norme di assegnazione e di riassegnazione dei procedimenti fanno parte della nozione di giudice «precostituito per legge», e richiede anche che le norme che disciplinano la composizione delle formazioni giudicanti escludano qualsiasi ingerenza indebita, nel processo decisionale relativo a un determinato procedimento, di soggetti estranei alla formazione giudicante investita di tale procedimento, dinanzi ai quali le parti non abbiano potuto esporre i loro argomenti. Ciò vale, a maggior ragione, quando la revoca è seguita dal trasferimento del giudice a un'altra sezione dello stesso organo giurisdizionale.

Con la seconde questioni il giudice del rinvio ha chiesto se l'art 19, par 1, secondo comma, TUE e il principio del primato del diritto dell'UE debbano essere interpretati nel senso di consentire a un tribunale nazionale e a ogni altra autorità dello Stato membro di cui trattasi di disapplicare, da un lato, una delibera del collegio di tale tribunale che revoca l'assegnazione a un giudice dei procedimenti a lui attribuiti e, dall'altro lato, altri atti successivi, come le decisioni relative alla riassegnazione, se tale delibera sia stata adottata in violazione dell'art. 19, par. 1, secondo comma, TUE.

La Corte ha ricordato che, in forza di una giurisprudenza costante, il principio del primato del diritto dell'Unione sancisce la preminenza di tale diritto sul diritto degli Stati membri. L'articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, alla luce dell'articolo 47 della Carta, pone a carico degli Stati membri un obbligo di risultato chiaro e preciso, non accompagnato da alcuna condizione con riferimento, in particolare, all'indipendenza e all'imparzialità dei giudici chiamati a interpretare e ad applicare il diritto dell'Unione e al requisito che questi ultimi siano precostituiti per legge, e gode di una efficacia diretta che implica la disapplicazione di qualsiasi disposizione nazionale, giurisprudenza o prassi nazionale contraria. Secondo la giurisprudenza costante, anche in mancanza di provvedimenti legislativi nazionali che abbiano posto fine a un inadempimento constatato dalla Corte, spetta ai giudici nazionali adottare i provvedimenti necessari per la piena efficacia del diritto dell'Unione conformemente ai precetti contenuti nella sentenza che accerta tale inadempimento. Peraltro i giudici, in virtù del principio di leale cooperazione sancito all'articolo 4, paragrafo 3, TUE, sono tenuti a eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto dell'Unione

La Corte di Giustizia dell'UE ha dichiarato che:

“1)      L'articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE

dev'essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale in forza della quale un organo di un tribunale nazionale, come il collegio di quest'ultimo, può revocare l'assegnazione a un giudice di tale tribunale di una parte o della totalità dei procedimenti a lui attribuiti, senza che detta normativa preveda i criteri che devono guidare tale organo quando adotta una simile decisione di revoca e imponga di motivare la suddetta decisione.

2)      L'articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e il principio del primato del diritto dell'Unione

devono essere interpretati nel senso che:

essi impongono a un tribunale nazionale di disapplicare una delibera del collegio di tale tribunale che revoca l'assegnazione a un giudice di detto tribunale dei procedimenti a lui attribuiti nonché altri atti successivi, come le decisioni relative alla riassegnazione dei summenzionati procedimenti, qualora tale delibera sia stata adottata in violazione del citato articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Le autorità giudiziarie competenti a designare e modificare la composizione della formazione giudicante devono disapplicare una tale delibera”.

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