La portata del giudicato di condanna del G.A. e i suoi limiti rispetto ai poteri amministrativi non ancora esercitati

Redazione Scientifica Processo amministrativo
12 Maggio 2025

Nell'ambito della giurisdizione esclusiva su diritti soggettivi a lle sentenze di condanna del G.A. si applica la regola che “il giudicato copre il dedotto e il deducibile; il giudicato per mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre l'esistenza del credito azionato, il rapporto e il titolo e il G.A. non può pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora esercitati

Una società ricorreva contro il Gestore dei Servizi Energetici (GSE S.p.A.) e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, per l'annullamento del procedimento di controllo di un impianto fotovoltaico, della conseguente comunicazione della decadenza dagli incentivi e di restituzione di quelli erogati. Durante il rapporto di incentivazione, dopo l'accoglimento del T.a.r. di due diverse azioni monitorie per il pagamento di maggiori incentivi, con due decreti ingiuntivi non opposti, al GSE veniva ordinato di pagare le corrispondenti somme. Però, il GSE, svolgeva una verifica sull'impianto e rilevava criticità per cui disponeva la decadenza dagli incentivi richiedendone la restituzione.

Innanzi tutto, il Collegio ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, perché non ha adottato alcun provvedimento oggetto del giudizio (ex art. 41, comma 2, cpa) e i decreti ingiuntivi riguardano solo il GSE (ex art 114, comma 1, cpa). Invece, ha accolto l'eccezione del GSE di tardività dei depositi dei documenti e della memoria conclusionale del ricorrente.

Riguardo al merito, viene focalizzata in questa sede l'attenzione su quanto argomentato dal Collegio in ordine al quarto motivo di ricorso, esaminato prioritariamente per la maggiore gravità del vizio dedotto, concernente la nullità dei provvedimenti impugnati per violazione del giudicato formatosi per la non opposizione dei decreti ingiuntivi, che implicherebbe la condanna del GSE e la valida ammissione agli incentivi.

In primo luogo, il Collegio ha riqualificato ex art. 32 cpa il ricorso per nullità come azione di ottemperanza, perché la ricorrente ha contestato la nullità dei provvedimenti del GSE lamentando il loro contrasto con i precedenti decreti ingiuntivi (giudicato) non opposti. In proposito il Collegio ha richiamato i principi enunciati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 gennaio 2013, n. 2, secondo i quali, tra l'altro, il giudice dell'ottemperanza è l'unico competente sulla violazione o elusione del giudicato e ad accertare la nullità degli atti a fronte della riedizione del potere, conseguente ad un giudicato. L'azione di nullità può essere riqualificata come domanda di ottemperanza, posto che i decreti ingiuntivi non opposti sono stati emessi dal medesimo Tribunale competente anche per l'ottemperanza, che può essere decisa senza convertire il rito perché la trattazione in pubblica udienza non è causa di nullità (ex art. 87, comma 4, cpa).

Quindi, il Collegio ha ritenuto di applicare anche nel diritto (e nel processo) amministrativo, il consolidato principio della giurisprudenza civile di legittimità secondo cui il giudicato sostanziale  ha efficacia sulla pronuncia esplicita della decisione e sulle ragioni che la giustificano implicitamente, anche con riferimento al decreto ingiuntivo, che diventa definitivo se non opposto o se l'opposizione è stata dichiarata estinta, precludendo ogni ulteriore esame sul credito, sul suo titolo o sul rapporto, precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l'opposizione (Cass. civ., Sez. I, ord. 19 settembre 2024, n. 25180). Tale indirizzo, ad avviso del Collegio, non contrasta con il consolidato orientamento giurisprudenziale amministrativo per cui nei giudizi di impugnazione il principio civilistico dell'autorità della cosa giudicata ex art. 2909 cod. civ. non si applica pienamente, atteso che in tal caso il giudicato si forma solo per i vizi specificamente dedotti e accertati nel processo e non estende i suoi effetti a questioni non sollevate nel ricorso (Cons. Stato, Sez. V, 22 agosto 2023, nn. 7901, 7903, 7905 e 7907).

Al riguardo, il Collegio ha chiarito che tale orientamento è riferito specificamente al «giudizio amministrativo d'impugnazione», ove la pronuncia che lo definisce produce (anche) un vincolo conformativo per la successiva azione amministrativa, che si forma esclusivamente sui motivi dedotti e ritenuti fondati e infondati dalla sentenza di annullamento. Invece, nell'ambito della giurisdizione esclusiva, nelle controversie su diritti soggettivi, le pronunce di condanna del giudice amministrativo, seguono la regola per cui “il giudicato copre il dedotto e il deducibile”.

A questo punto, il Collegio ha ritenuto necessario perimetrare l'area del “deducibile” nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, perché soltanto ciò che avrebbe potuto e dovuto essere dedotto in tale sede è coperto dal giudicato che si è formato per la mancata tempestiva opposizione. Il Collegio ha escluso che il GSE avesse l'onere di dedurre le ragioni del provvedimento decadenziale impugnato, in quanto ex art. 34, comma 2, primo periodo, c.p.a. il giudice non può pronunciare su poteri amministrativi non ancora esercitati. In tal senso, ex art. 42 d.lgs. 28/2011, sussiste in capo al GSE un potere immanente di controllo che giustifica un nuovo procedimento di verifica su aspetti non esaminati in fase di ammissione ai benefici. Pertanto, ad avviso del Collegio, il giudice amministrativo che ha emesso il decreto ingiuntivo non si può sostituire nell'esercizio del potere di controllo su fatti non ancora accertati dall'amministrazione mediante un procedimento in contraddittorio con il privato,  nel caso di specie la non spettanza degli incentivi per la sussistenza di una violazione rilevante, ma accerta che il privato al momento della proposizione della domanda monitoria è beneficiario di incentivi, fermo restando il potere di verifica del GSE sulla sussistenza e permanenza dei presupposti di ammissione.

Nel caso di specie, pur ipotizzando che la mancata opposizione al decreto ingiuntivo precluda l'esercizio dei poteri di verifica del GSE, si creerebbe un "cortocircuito sistematico" perché: a) non vi è alcuna norma che giustifichi una diversa decorrenza del termine per l'opposizione diverso dalla notifica del decreto e del ricorso; b) non può ritenersi che il GSE sia onerato da una “opposizione cautelativa”, trattandosi di una specie di “ricorso al buio” subordinato all'esito della verifica, avviata e conclusa prima della sentenza; c) dopo l'esito positivo della verifica non è detto che sussistano i presupposti per l'impugnazione.

Pertanto, il Collegio ha concluso che il decreto ingiuntivo obbliga il GSE al pagamento in base alla convenzione esistente, ma non estende i suoi effetti al provvedimento di ammissione agli incentivi che sta “a monte” della convenzione. La stabilità del provvedimento di ammissione agli incentivi non è direttamente rafforzata dal decreto ingiuntivo e dalla sua definitività per mancata opposizione: tale stabilità dipende dall'esercizio di un potere non ancora svolto e da fatti la cui inesistenza, perciò, non può essere (implicitamente) accertata dal giudice in sede monitoria (né tale accertamento è logicamente necessario per emettere il decreto, dato che è sufficiente riscontrare l'efficacia, in quel momento, della convenzione).

In conclusione, il Collegio ha ritenuto non sussistente la denunciata violazione del giudicato di cui ai decreti ingiuntivi.

 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha respinto la domanda di cui al quarto motivo, riqualificata come azione di ottemperanza, nel resto ha accolto il ricorso e per l'effetto ha annullato i provvedimenti impugnati.

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