Chiusura del fallimento ed esecuzione del concordato fallimentare: la Cassazione fa il punto
22 Maggio 2025
La Corte ha ritenuto non condivisibile e dunque infondata la obiezione della ricorrente secondo cui solamente eseguiti tutti gli adempimenti previsti nel piano di concordato fallimentare diverrebbe possibile la chiusura del fallimento, con il conseguente compimento degli adempimenti di rito, ivi inclusa la presentazione delle dichiarazioni fiscali finali previste per legge. La Corte prende le mosse dal chiaro dato testuale dell'art. 130, comma 2, l. fall., dal quale si ricava che due sono le condizioni normativamente previste per addivenire alla chiusura del fallimento, in seguito a concordato fallimentare: i) la definitività del decreto di omologazione; e ii) il rendiconto di gestione predisposto dal curatore fallimentare, ai sensi dell'art. 116 l. fall. A nulla rileva il fatto che il curatore, nella sua nota informativa, avesse svolto osservazioni in ordine ad una corretta esecuzione del concordato (a causa di modifiche nel frattempo intervenuto sullo stato passivo), «ciò in quanto le attività residue possono essere compiutamente svolte, anche successivamente alla chiusura del fallimento, proprio in ragione di quanto disposto dall'art. 130, comma 2, l. fall.». Nel ribadire quanto già affermato dalla Corte d'appello, la Corte segnala che «tale verifica integra un adempimento del professionista incaricato, adempimento che prosegue al di fuori della procedura giudiziale e che inerisce alla fase negoziale successiva all'omologa del concordato fallimentare e conseguente alla stessa». Ciò in quanto: «La chiusura del fallimento non impedisce gli adempimenti previsti nel concordato fallimentare nella sua fase esecutiva, nonché il completamento della procedura di liquidazione dei beni e di pagamento dei creditori, secondo il piano approvato da questi ultimi. Ne è riprova che, ai sensi dell'art. 136 L.Fall., dopo l'omologazione del concordato, il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l'adempimento, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione». Come affermato dalla Corte d'appello, infatti «sarebbe contrario alla ratio delle norme in materia di concordato fallimentare prevedere una coincidenza della durata della procedura giudiziale con quella della fase successiva all'omologa del concordato fallimentare, destinata all'esecuzione di questo». Viene così superata l'osservazione della ricorrente, la quale aveva sostenuto che non potesse operare, nel caso di specie, la "ultrattività" degli organi fallimentari prevista dall'art. 118, comma 2, l. fall., atteso che tale norma non contemplerebbe le attività ancora da svolgersi per l'esecuzione del concordato fallimentare. Al contrario, la Corte sostiene che la "ultrattività" degli organi fallimentari è non limitata ai soli fini di quanto previsto dall'art. 118, comma 2, terzo periodo e seguenti l. fall., ma è «estesa anche alle attività ancora da svolgersi per l'esecuzione del concordato fallimentare»; e tale "ultrattività" «legittima la lettura del disposto normativo dettato dal secondo comma dell'art. 130 L.Fall., nel senso che la chiusura della procedura fallimentare non risulta ostativa alla prosecuzione dell'attività di liquidazione e di esecuzione del concordato fallimentare». |