CGUE: integrazione pensionistica e differenza di trattamento tra uomo e donna
30 Maggio 2025
La vicenda inizia con la richiesta di pensione contributiva presentata da due padri (nelle distinte cause C‑623/23 e C‑626/23 all'Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS), ente previdenziale spagnolo e rifiutata in quanto i due uomini non godevano delle specifiche condizioni per accedere al beneficio. Il giudice del rinvio, in entrambe le controversie, sollevava dubbi circa la conformità al diritto comunitario (nello specifico alla Direttiva UE 7/1978 e agli artt. 20, 21, 23 e 34, par. 1 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea) dell'art. 60 Ley General de la Seguridad Social (LGSS), che riconosce alle donne madri che godono di pensione contributiva una maggiorazione automatica in presenza di uno o più figli, ma subordina l'accesso degli uomini al beneficio alla dimostrazione di specifiche condizioni, quali l'interruzione o il pregiudizio della carriera lavorativa in occasione della L'interpellata Corte di giustizia UE evidenzia come una normativa che stabilisce vantaggi automatici per un genere e condizioni più restrittive per l'altro violi il principio di uguaglianza tra i sessi, ai sensi della Direttiva 7/1978 e come indicato dalla costante giurisprudenza in materia, considerando anche che, nel caso di specie, non sussistono ragioni obbiettive perché vi sia una differenza di trattamento, ma si tratta di situazioni tra loro perfettamente equiparabili. È, inoltre, da escludersi, che tale differenza rientri tra le eccezioni previste dalla stessa Direttiva UE 7/1978, quale deroga a protezione della donna a motivo della maternità (art. 4 par. 2) o ai sensi dell'art. 7 par. 1 lett. b), che consente agli Stati membri di stabilire una disparità di trattamento legata all'educazione dei figli, in quanto non è previsto alcun nesso tra la concessione dell'integrazione e la fruizione del congedo di maternità, l'istruzione dei figli o l'interruzione della carriera. Infine, la CGUE sottolinea come la legge spagnola non possa configurarsi neanche come azione positiva per colmare il divario di genere ai sensi dell'art. 23 della Carta dei diritti fondamentali UE (nonché dell'art. 157 par. 4 TFUE) in quanto concede esclusivamente un vantaggio economico alle donne al momento del pensionamento, senza disporre alcun rimedio compensativo per gli svantaggi che queste subiscono quando la carriera lavorativa è ancora in corso. |