Le nuove disposizioni sulla liquidazione nel concordato in continuità
Come anticipato, il Decreto Correttivo-Ter innova la disciplina della liquidazione nel concordato in continuità aziendale, apportando modifiche di non indifferente impatto.
In particolare, il legislatore ha infatti introdotto il nuovo art. 114-bis c.c.i.i., che – sul tema in esame – detta, pur con un certo ritardo, una disciplina autonoma rispetto a quella già originariamente prevista per la liquidazione degli attivi in seno ad una procedura di concordato liquidatorio.
In primo luogo, il legislatore delegato ha provveduto a fornire un chiarimento su un tema ampiamente dibattuto tra gli interpreti e, soprattutto, nella prassi ristrutturativa: è infatti ora espressamente prevista la possibilità – anche nel concordato in continuità – di procedere alla nomina sia di un liquidatore, sia di un comitato dei creditori (in dettaglio, il primo comma dell'art. 114-bis c.c.i.i., nella sua vigente formulazione, così recita: «Quando il piano del concordato in continuità prevede la liquidazione di una parte del patrimonio o la cessione dell'azienda e l'offerente non sia già individuato, nella sentenza di omologazione il tribunale può nominare uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione»). Il liquidatore così nominato (come detto, in sede di omologazione) avrà dunque la gestione delle operazioni di liquidazione secondo i principi di pubblicità, trasparenza efficienza e celerità, caratteristici delle vendite concorsuali.
Viene quindi recisamente superata l'aporia interpretativa, lasciata aperta dalla previgente formulazione della norma in esame, in merito alla possibilità di nomina di un liquidatore e di un comitato dei creditori, da molti autori condizionata alla previsione, nella procedura concordataria, della “cessione di beni”: definizione questa, con ogni evidenza, di ardua interpretazione nel caso concreto, essendo stata omessa ogni specificazione in merito a profili qualitativi e quantitativi di tale “cessione”.
Ciò chiarito, è opportuno soffermarsi sull'ambito di applicazione delle norme in parola, posto che l'art. 114-bis c.c.i.i. fa testualmente riferimento a «la liquidazione di una parte del patrimonio o la cessione dell'azienda».
Ebbene, è proprio il riferimento alla “cessione dell'azienda” a porre alcune questioni di natura ermeneutica, meritevoli di un approfondimento.
Appare anzi tutto opportuno domandarsi se il riferimento di cui si discute trovi applicazione unicamente nel caso di cessione dell'intera azienda ovvero se possa essere esteso anche al trasferimento (come spesso accade nella prassi) di uno o più rami singolarmente individuati.
Muovendo da un'interpretazione non legata ad uno stretto formalismo letterale, bensì orientata ad adeguare la norma al diritto vivente, la risposta più condivisibile non può che essere favorevole ad un'applicazione della disposizione (pur imperfetta a livello linguistico) tanto alla cessione integrale, quanto a quella parziale dell'azienda, non sussistendo alcuna ragione – testuale o sistematica – che conduca a deporre in senso opposto.
Seguendo poi la medesima ratio, il nuovo art. 114-bis c.c.i.i. dovrebbe essere ritenuto applicabile non solo alla compravendita dell'azienda (o, come detto, di un singolo ramo), ma anche ad ipotesi di diverse forme di cessione a titolo definitivo, quali, ad esempio, il conferimento in società.
Sotto altro profilo, la norma in esame esclude invece che si debba ricorrere alla nomina di un liquidatore quando l'offerente sia già stato individuato nel piano concordatario: ed infatti, a mente del primo comma della disposizione, «quando il piano del concordato in continuità prevede la liquidazione di una parte del patrimonio o la cessione dell'azienda e l'offerente non sia già individuato, nella sentenza di omologazione il tribunale può nominare uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione. Il liquidatore, anche avvalendosi di soggetti specializzati, compie le operazioni di liquidazione assicurandone l'efficienza e la celerità nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza».
Perimetrato l'ambito di applicazione della disposizione di cui all'art. 114-bis c.c.i.i., ci si può peraltro interrogare sull'obbligatorietà o facoltatività della nomina di un liquidatore, nel caso di concordato in continuità, da parte del Tribunale investito della procedura.
Ebbene, il dato testuale appare sostanzialmente chiaro nel propendere per la seconda soluzione: la littera legis prevede infatti che «il Tribunale può nominare».
Tale conclusione sembra poi ulteriormente rafforzata dal raffronto con la disposizione di cui all'art. 114 c.c.i.i., in tema di concordato liquidatorio, laddove viene disposto, con un wording significativamente diverso, che «il Tribunale nomina» il liquidatore.
Si tratta di interpretazione peraltro coerente con l'elasticità resa necessaria dall'applicazione della norma ai singoli casi concreti: ed infatti, in caso di concordati con limitati assets da liquidare, la nomina di un soggetto ad hoc avrebbe l'unico effetto di generare un ulteriore (e potenzialmente non irrilevante) costo a carico del debitore, senza alcun concreto vantaggio per il ceto creditorio.