Nuova composizione negoziata, stessa crisi: le misure protettive non possono essere (ri)concesse dopo 12 mesi
11 Giugno 2025
Con questa recente pronuncia, il tribunale di Bologna si sofferma sul tema della concedibilità delle misure protettive, nell'ambito di una composizione negoziata, ad una società che, nell'ambito di una precedente composizione negoziata risoltasi con l'omologa di un accordo di ristrutturazione (poi naufragato), aveva già usufruito di misure protettive per un tempo pari a quello massimo consentito di 12 mesi. La tesi della ricorrente è la seguente: «le misure protettive non costituiscono un beneficio che l'imprenditore può ottenere una sola volta nell'arco della sua esistenza, bensì un periodo massimo di cui si può godere “fino alla omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza o alla apertura della procedura di insolvenza” (art. 8 CCI), per cui il parametro dei dodici mesi dovrebbe essere collocato nel perimetro dello strumento di regolazione della crisi o dell'insolvenza avviato e non all'interno di tutta la vita del debitore». Per sommi capi, la ricorrente sostiene che, essendosi conclusa la precedente composizione negoziata con omologa di un accordo di ristrutturazione (poi, per ammissione della stessa ricorrente, rivelatosi inefficace e perciò naufragato), essa potrebbe, nell'ambito del nuovo e diverso percorso di composizione negoziata intrapreso, beneficiare di nuove misure protettive, per un nuovo periodo massimo di 12 mesi. Sul punto, l'Esperto segnalava nel proprio parere che, nonostante la ricorrente avesse allegato di trovarsi in una crisi “nuova” – essendosi risolta la precedente con l'omologazione degli accordi e originata la seconda dalla pretesa di risarcimento menzionata – risulta invece che «i) il debito da ristrutturare è il medesimo; ii) le risorse da distribuire ai creditori sono equivalenti iii) gli orizzonti del piano sono sovrapponibli». La nuova composizione, dunque, come sostenuto anche nella memoria depositata da alcuni creditori, sarebbe stata attivata per far fronte alla medesima crisi. Il Tribunale nega la conferma delle misure protettive. Il diniego viene motivato sulla base del fatto che «la composizione negoziata è stata attivata per far fronte alla medesima situazione di insolvenza che ha condotto alla domanda di omologa di accordi di ristrutturazione derivanti da un precedente percorso negoziale, iter nell'ambito del quale tutte le misure protettive massime di legge sono state cumulativamente concesse». La ratio della norma di cui all'art. 8 c.c.i.i. – chiarisce il Tribunale – impone, su precisa indicazione della direttiva insolvency, una limitazione massima alla compressione dei diritti dei creditori interessati. Deve pertanto rigettarsi l'argomento proposto dalla ricorrente, secondo il quale scatterebbe un nuovo termine di 12 mesi solo perché vi è stata omologazione, anche in presenza della medesima situazione di crisi che ha giustificato il primo strumento e che l'imprenditore intende regolare diversamente: «A dar seguito a tale interpretazione, infatti, l'imprenditore potrebbe illimitatamente accedere, godendo della protezione del proprio patrimonio, ai percorsi e agli strumenti per la soluzione della propria medesima e persistente crisi o insolvenza, non in ipotesi di insuccesso della regolazione prospettata (…), ma nel caso opposto di risultato processualmente positivo, non più risponendte tuttavia ai suoi interessi». A fare da discrimine, insomma, coerentemente con l'interpretazione sistematica dell'art. 8 c.c.i.i., sarà la presenza di una nuova e diversa situazione di crisi o insolvenza. «Ciò non vuol dire, come sostenuto dalla ricorrente, che le misure protettive una volta consumate nella loro misura massima non siano più usufruibili dall'imprenditore (…), ma che – nell'ambito della medesima situazione di crisi o insolvenza – il debitore possa farvi ricorso solo per 12 mesi». |