Sulle modalità di esecuzione dell’ordine di demolizione e sulla legittimazione ad intervenire in giudizio del denunciante
03 Giugno 2025
Le appellanti, eredi dell'originario proprietario di un'abitazione confinante con un parcheggio realizzato oltre le misure autorizzate, avevano impugnato la sentenza emessa dal T.a.r. per la Liguria nel giudizio azionato dai proprietari dell'opera abusiva per chiedere l'annullamento dell'ordinanza di rimessione in pristino per difformità del parcheggio dai titoli edilizi posseduti e per il vincolo paesaggistico ambientale dell'area. Le appellanti nel giudizio di primo grado si erano costituite ad opponendum. Il T.a.r. aveva parzialmente accolto il ricorso in quanto pur confermando l'abuso edilizio e quindi la correttezza nell'an dell'ingiunzione a demolire, ne aveva censurato i presupposti e i contenuti. In via preliminare, il Collegio ha esaminato le varie eccezioni proposte dalle parti. Le appellanti hanno riproposto l'eccezione di inammissibilità del ricorso in primo grado non essendo stato notificato loro quali eredi e dunque controinteressate in senso sostanziale e di inammissibilità della riproposizione dei motivi di ricorso non valutati dal T.a.r. introdotti con le memorie difensive. In proposito il Collegio ha osservato che la sentenza del T.a.r. è di accoglimento parziale, non avendo messo in discussione la presenza dell'abuso ma l'adeguatezza del rimedio sanzionatorio, con conseguente parziale soccombenza dei ricorrenti in primo grado. Pertanto, ad avviso del Collegio, sulle domande ed eccezioni esaminate e rigettate dal primo giudice, anche in modo implicito, gli originari ricorrenti, attuali appellati, per contestare la sentenza e rivendicare la legittimità delle opere avrebbero dovuto proporre un appello incidentale c.d. “improprio” ex art. 333 c.p.c. Di conseguenza, la riproposizione dei motivi di ricorso mediante semplice memoria non notificata alle controparti è inammissibile, essendosi formato il giudicato implicito sui capi della sentenza che hanno “fotografato” la difformità dell'opera dai titoli posseduti. Invece gli appellati hanno riproposto l'eccezione di difetto di legittimazione e di interesse ad agire delle appellanti, che avrebbe dovuto condurre il primo giudice a dichiararne improcedibile l'intervento ad opponendum, perché non avrebbero dimostrato né la loro qualità di erede, né il danno lamentato. Il Collegio ha precisato che nel giudizio amministrativo, ove non si controverta di questioni che presuppongono l'accertamento della titolarità formale del bene, l'impugnazione da parte dei familiari più stretti di un soggetto deceduto ab intestato è sufficiente a comprovarne la legittimazione. Quanto al danno lamentato, consistente nel deprezzamento della loro proprietà viciniore, pur se esplicitato con una memoria in corso di causa e non nell'atto di intervento ad opponendum originario, ad avviso del Collegio, come chiarito dall'Adunanza plenaria (Cons. Stato, A.P., 9 dicembre 2021, n. 22), esso emerge dalla copiosa documentazione fotografica presente in atti. Però, la valutazione positiva della sussistenza dell'interesse ad agire non comporta specularmente il riconoscimento della qualifica di controinteressate in senso formale, tale cioè da dover essere evocate in giudizio quali contraddittori necessari nel procedimento avverso l'ingiunzione a demolire destinata ad altri. L'interesse ad agire va dimostrato ovvero desunto dagli atti di causa. Esso non può essere presunto dalla qualifica di denunciante di un abuso edilizio, anche se sia stata compulsata la vigilanza del Comune a tutela della propria proprietà. In adesione all'indirizzo più restrittivo della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2020, n. 1260), il Collegio ha ritenuto che, nell'ambito di un giudizio per l'annullamento di un atto sanzionatorio, non basta la mera qualifica di denunciante, né il possesso della c.d. vicinitas, ma è necessario che emerga per tabulas la diretta lesione, attuale o potenziale, della proprietà (o di altro diritto reale di godimento) dall'errato esercizio del potere sanzionatorio cui con la propria denuncia si è dato impulso. Invece, nel caso di specie, nell'ordinanza di rimessione in pristino non vi è traccia della denuncia a seguito della quale il Comune si sarebbe attivato. Solo attraverso la disamina della documentazione fotografica allegata emerge sia l'interesse ad intervenire ad opponendum in primo grado, sia quello a contestare la sentenza del T.a.r. In sintesi, il Collegio non ha ritenuto vi sia stata nella omessa notifica alle eredi alcuna violazione del contraddittorio: il T.a.r., nell'ammettere l'intervento ad opponendum delle stesse nel giudizio di primo grado, ha ritenuto ammissibile, ma non necessitata, la loro partecipazione al giudizio. Nel merito il Collegio ha accolto il secondo motivo di appello concernente il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, che avrebbe riqualificato l'abuso, indicando quale norma di riferimento l'art. 34 e non l'art. 31 del Tue, per la consistenza minimale delle difformità riscontrate tra stato di fatto e progetto. Poiché l'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 non trova riscontro in alcun dato testuale del provvedimento sanzionatorio impugnato, ad avviso del Collegio si configura una inammissibile integrazione postuma della motivazione, avendo il Ta.r. interpretato e poi integrato l'atto impugnato oltre la sua portata letterale, ravvisando un profilo di illegittimità nel richiamo all'art. 31 del Tue anziché all'art. 34 dello stesso. Con il terzo motivo di appello le appellanti hanno contestato la parte della sentenza di primo grado sulla omessa indicazione dell'oggetto della demolizione tale da lasciare gli interessati nell'incertezza sulle modalità per adempiere all'ingiunzione. Dopo aver fornito chiarimenti sulla tipologia di abusi edilizi (totale difformità, variazione essenziale, parziale difformità), le relative sanzioni e loro modalità di esecuzione, il Collegio ha rilevato che le appellanti non invocano l'eliminazione delle opere realizzate, stante i titoli edilizi pregressi e non impugnati, ma l'eliminazione di quanto non rientrante nei titoli medesimi e nello stato di progetto. A ciò deve mirare il ripristino dello stato dei luoghi. È estranea al contenuto dell'atto sanzionatorio l'indicazione della modalità da seguire, essendo rimessa al destinatario, in assenza di specifiche a tutela dell'assetto del territorio, l'individuazione della modalità più consona (demolizione totale o parziale). Tale portata dell'intimazione demolitoria trova conferma nel dato letterale che richiama espressamente le opere abusive ossia le variazioni essenziali ope legis, indicate nel verbale di sopralluogo, e analiticamente riportata nel provvedimento impugnato. Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e per l'effetto in riforma della sentenza del T.a.r. per la Liguria ha respinto il ricorso degli originari ricorrenti e ha confermato la legittimità dell'ordinanza di rimessione in pristino. |