Sull’illegittimità della revoca di procedure selettive per l’assegnazione di concessioni demaniali marittime
09 Giugno 2025
Una società appellava la sentenza con cui il T.a.r. per il Friuli-Venezia Giulia aveva dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione ad agire il ricorso per l'annullamento della deliberazione di Giunta comunale e successivi atti dirigenziali di revoca, ex art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, degli avvisi di selezione pubblica per l'assegnazione delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e di proroga delle concessioni balneari in essere per consentire la revisione e ripubblicazione dei bandi di gara da parte del Comune e aggiudicare entro il 31.12.2025, alla luce delle modifiche della l. n. 118/2022 operate con d.l n. 131/2024. L'appellante società ha contestato la declaratoria di inammissibilità del ricorso e ha riproposto ex art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi di ricorso non esaminati in primo grado, insistendo per l'accoglimento e la condanna del Comune, ex art. 30, comma 5, c.p.a., al risarcimento dei danni. In via subordinata, ha chiesto, ex art. 267 TFUE, di sollevare rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) sulla questione di compatibilità con il diritto e i principi unionali (artt. 49 TFUE e artt. 12 della Direttiva n. 2006/123/CE, cd. Dir. Bolkenstein) e con le sentenze della CGUE in materia di concessioni demaniali marittime, della normativa nazionale di cui agli artt. 3, comma 1, 2 e 3, 4, comma 9, della legge n. 118/ 2022 (così come modif.ti dal d.l.. n. 131/ 2024, conv. dalla legge 14 novembre 2024, n. 166. Sull'eccezione sollevata sia dall'Amministrazione resistente che dalla controinteressata di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire della società appellante, il Collegio ha osservato che non possa desumersi la carenza di legittimazione ad agire dalla mancata partecipazione della società ricorrente alla procedura selettiva dei nuovi concessionari, poiché proprio la contestata revoca dell'avviso di selezione ha impedito all'appellante di partecipare alla procedura competitiva avviata, presentando la propria domanda entro il previsto termine. Inoltre, la società appellante ha dimostrato di avere interesse a partecipare alla gara, avendone ripetutamente chiesto al Comune l'indizione ed essendosi adoperata per presentare la propria offerta, mediante apposito incarico a un professionista di fiducia, prima della scadenza del termine di presentazione delle domande. Quanto al merito dell'appello, il Collegio ha evidenziato che il Comune non avrebbe supportato la scelta di revoca delle gare già avviate con motivazioni adeguate. L'Amministrazione avrebbe revocato l'avviso di selezione pubblica sulla base della necessità di ridefinire l'interesse pubblico dopo l'innovazione della relativa disciplina normativa operata con il d.l. 131/2024, di modifica della legge 118/2022, che però è smentita dalla citata novella legislativa che fa salve le procedure selettive in corso. Invece il Collegio ha rammentato che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza del 20 aprile 2023, causa C-348-22), gli obblighi contenuti nella direttiva 2006/123 (c.d. Direttiva Bolkenstein) devono ritenersi enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso per cui sono immediatamente produttivi di effetti diretti. Sulla base della consolidata giurisprudenza della CGUE, dal tenore letterale dell'art. 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 risulta che, quando il numero di autorizzazioni per una determinata attività è limitato per scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, imparziale e trasparente con adeguata pubblicità dell'avvio e svolgimento e completamento della procedura. Sul punto il Collegio ha affermato che l'obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali non conformi al diritto comunitario, nella specie le disposizioni nazionali che, con sistematica violazione del diritto dell'UE, hanno introdotto e continuano ad introdurre le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, incombe non solo sui giudici, ma anche sulle autorità amministrative ivi comprese quelle comunali. Infatti, il Collegio ha evidenziato che il Comune, per giustificare la revoca, ha invocato genericamente il principio tempus regit actum, ritenendo un motivo ostativo alla prosecuzione della gara avviata per la scelta di nuovi concessionari, le sopraggiunte modifiche normative, sebbene, per espressa previsione normativa (comma 1, art. 4 e comma 9, art. 4 cit, legge n. 118 del 2022), la disciplina, sopravvenuta alla pubblicazione del bando, fa salve le procedure di gara già legittimamente avviate e neppure costituisce motivo ostativo la mancata adozione del decreto sui parametri e criteri di determinazione dell'indennizzo al concessionario uscente. D'altra parte il Collegio ha rilevato che il Comune ha ritenuto significativa per escludere la lesione del legittimo affidamento degli eventuali aspiranti all'assegnazione delle concessioni nella definizione della procedura in itinere, la mera assenza di offerte al momento dell'adozione dell'atto impugnato, senza tener conto della pendenza del termine per la presentazione delle proposte degli offerenti interessati. Pertanto, il Collegio ha dichiarato che i provvedimenti impugnati che hanno disposto la revoca degli avvisi di selezione pubblica finalizzati all'assegnazione delle concessioni demaniali marittime con scopo turistico-ricreativo e la contestuale proroga delle concessioni in essere al 31 dicembre 2025, sono illegittimi e vanno annullati. Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e, per l'effetto, previa riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo, sussistendo la legittimazione e l'interesse ad agire della società appellante; ha accolto i motivi non esaminati in primo grado e riproposti dall'appellante ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a, con l'annullamento dei provvedimenti impugnati. |