Sul risarcimento del danno non patrimoniale: consulenza tecnica d’ufficio e compensatio lucri cum damno
16 Giugno 2025
Il caso in esame riguarda la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali ai sensi dell'art. 2087 c.c., proposta da un appartenente all'Arma dei Carabinieri avverso il Ministero della difesa. Con atto di citazione l'interessato adiva il Tribunale civile di Roma per vedere dichiarata la responsabilità datoriale del Ministero della difesa per le lesioni riportate a causa di un attentato terroristico durante una missione di pace, con conseguente condanna al risarcimento del danno sofferto. Il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione a favore del giudice amministrativo. Con ricorso in riassunzione il militare adiva il T.a.r. per il Veneto e proponeva domanda risarcitoria di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali sofferti, che veniva respinta. Il Collegio, in primo luogo, ha respinto la richiesta di c.t.u. per la quantificazione del danno ritenendo, dunque, di formulare le simulazioni del danno non patrimoniale astrattamente risarcibile calcolato secondo le c.d. “tabelle di Milano” e la tabella unica nazionale di cui al d.P.R. n. 12 del 13 gennaio 2025 (relativa alle macrolesioni da sinistri stradali e responsabilità sanitaria, utilizzabile come ulteriore parametro di raffronto). In proposito il Collegio ha osservato che il ricorrente non ha prodotto nemmeno un principio di prova, alcuna perizia o documentazione medica per dimostrare un aggravamento delle patologie, tale da determinare un'invalidità permanente superiore alla percentuale riconosciuta dalla C.M.O. o un'invalidità permanente totale con massima personalizzazione del danno morale e massima incidenza sugli aspetti dinamico relazionali, per quantificare e applicare la percentuale massima di incremento ex art. 138, comma 3, codice assicurazioni private. Invece, dagli atti di causa è emerso che il militare continua a prestare servizio nell'Arma, di modo che escludendo l'ipotesi di invalidità permanente con una percentuale pari al 100 %, qualunque ipotesi intermedia di invalidità tra il 39% già riconosciuta e l'irrealistico 100%, condurrebbe a un danno non patrimoniale ampiamente inferiore alla somma ottenuta a titolo di indennizzo. Sul punto il Collegio ha sottolineato il proprio orientamento in base al quale sebbene il danno non patrimoniale vada risarcito integralmente, non deve dar luogo a duplicazioni risarcitorie, costituendo le varie voci di danno (biologico, morale, esistenziale) soltanto aspetti “descrittivi” dell'unica voce di danno costituita dal danno non patrimoniale. Qualora il danno non patrimoniale da lesione alla salute sia liquidato utilizzando le tabelle di Milano, il “danno morale” (dalle stesse ridefinito come “danno da sofferenza soggettiva interiore”) è già incorporato nel valore di punto ai fini della liquidazione. Infatti, il danno non patrimoniale, comprensivo delle sue varie declinazioni (biologico, morale, esistenziale), è integralmente e ampiamente “coperto” dai benefici già riconosciuti a titolo indennitario, sicché, in difetto di elementi di segno contrario che è onere del ricorrente produrre, non è possibile ricorrere ai poteri ufficiosi del giudice per accertare un eventuale maggior danno determinato da un aggravamento non provato. Del pari il Collegio ha respinto da domanda di risarcimento del danno patrimoniale. L'appellante continua a prestare servizio presso l'Arma di appartenenza, sicché non sussiste alcun pregiudizio patrimoniale, nemmeno in relazione ai giorni di licenza e di riposo non fruiti; l'indennità di missione compensa per equivalente monetario disagi, rischi e vincoli correlandosi all'effettivo svolgimento dell'incarico, e non può essere riconosciuta a prescindere da questo; non risulta allegata né provata l'asserita perdita di chances di carriera e di vita privata; si tratta di pregiudizi comunque compresi nelle indennità riconosciute, volte a compensare tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali sofferti dal militare in ragione dell'attacco terroristico in cui è rimasto coinvolto. Infine il Collegio ha ritenuto applicabile la compensatio lucri cum damno tra le somme percepite a titolo di assegno vitalizio e il risarcimento del danno in forza delle regole della causalità giuridica, della teoria del danno differenziale, della finalità ripristinatorio-compensativa del risarcimento e della tipicità dei danni punitivi (nel caso di specie, si trattava dell'assegno vitalizio di cui all'art. 2 l. n. 407 del 23 novembre 1998 e dello speciale assegno vitalizio di cui all'art. 5, comma 3, l. n. 206 del 3 agosto 2004). Invece, sulla base del consolidato orientamento della giurisprudenza, ha escluso la cumulabilità tra l'assegno vitalizio e speciale e il risarcimento del danno, stante l'evidente identità della causa dell'attribuzione patrimoniale. Consentire tale cumulo significherebbe risarcire un pregiudizio già compensato dal beneficio collaterale, determinando un ingiustificato arricchimento del danneggiato, in contrasto con la finalità riparatoria della responsabilità. Il Collegio ha respinto, inoltre, l'assunto difensivo secondo cui sarebbero sottratte alla compensatio le somme non ancora corrisposte al ricorrente per le quali non potrebbe operare il meccanismo della capitalizzazione previsto dall'art. 10, comma 2, l. n. 302/1990, in quanto il diritto di credito è già acquisito al patrimonio del danneggiato, mentre è solo il pagamento che viene frazionato nel tempo. In caso di erogazioni periodiche, infatti, l'esigenza sottesa alla compensatio - evitare due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo - rimarrebbe in buona parte insoddisfatta ove la sottrazione delle somme venisse limitata ai ratei già corrisposti al momento della liquidazione del danno, con esclusione di quelli futuri, sebbene di ammontare già determinato o determinabile (Cons. Stato, sez. III n. 4028 del 2020). Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha respinto l'appello |