Inerzia del curatore e legittimazione dell’ex legale rappresentante ad impugnare l’atto impositivo

La Redazione
19 Giugno 2025

La CGT di II grado della Toscana rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e ribadisce un principio affermato dalla Suprema Corte in tema di legittimazione ad agire del fallito in caso di inerzia degli organi fallimentari non connotata dalla dimostrazione del relativo interesse per il rapporto dedotto in causa.

La Corte di giustizia tributaria di II grado della Toscana si pronuncia sull'impugnazione, promossa dall'Agenzia delle Entrate, delle sentenze con cui la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Arezzo aveva parzialmente accolto i ricorsi presentati dall'ex legale rappresentante di una società, poi fallita, avverso alcuni impositivi emessi dall'AdE, avendo agito costui nell'interesse del fallimento stesso e in assenza di iniziative da parte del curatore.

Tralasciando il merito della questione, relativo alla compensazione di un credito fiscale (secondo l'AdE inesistente) da parte della società, interessano qui i profili valorizzati dall'AdE nel primo motivo d'appello, ovvero quelli attinenti al (presunto) difetto di legittimazione del ricorrente in primo grado. Costui, evidenzia l'Ufficio, pur essendo stato destinatario della notifica degli atti impositivi in quanto ultimo legale rappresentante della società fallita, era cessato dalle sue funzioni di amministratore e non poteva pertanto rappresentare il fallimento.

L'appellato rigetta la tesi dell'Ufficio, fornendo prove circa l'inerzia della curatela (non era stata integrata la documentazione contabile né gli organi fallimentari si erano mostrati disponibili ad un confronto con l'Ufficio); inerzia che, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. VI, 12 settembre 2017, n. 21157), lo legittimerebbe nei casi in cui il presupposto del credito tributario sia sorto prima della declaratoria di fallimento.

L'Agenzia delle Entrate, per contro, ritiene che non vi sia stata inerzia da parte del curatore e che questa non sia stata provata: sostiene infatti che la legittimazione dell'ex legale rappresentante non opera in caso di rinuncia all'impugnazione da parte del fallimento, ma solo in caso di comprovato disinteresse (che, nel caso di specie, secondo l'Ufficio, non sarebbe provato).

La Corte ritiene l'eccezione dell'AdE infondata e inammissibile e rigetta il ricorso, confermando le sentenze appellate.

Afferma, sul punto, la Corte che spetta all'Ufficio, che eccepisce il difetto di legittimazione, fornire una concreta dimostrazione circa l'interesse della curatela per il rapporto dedotto in causa, assumendo esclusivamente in tale ipotesi il difetto di legittimazione processuale del fallito carattere assoluto (Cass., sez. V-VI, 26 ottobre 2015 n. 21765). Ad esempio, si dovrebbe fare riferimento ad una esplicita presa di posizione negativa circa la sua utilità per la massa dei creditori (Cass. sez. V-VI, 3 aprile 2018 n. 8132). Invece, nel caso in cui vi sia stata una semplice mancanza di iniziativa processuale del curatore, è esclusa la possibilità di rilevare d'ufficio il difetto di legittimazione dell'attore ed è inammissibile l'analoga eccezione sollevata dalla controparte (Cass., sez. V, 14 aprile 2007, n. 8990).

Nella specie, l'AdE non aveva fornito prova del fatto che dietro l'apparente inerzia del curatore si celasse una precisa volontà di essere acquiescente agli atti impositivi notificati.

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