Google contro Android: le conclusioni dell’avv. generale

La Redazione
23 Giugno 2025

L'avvocato generale Kokott propone alla Corte di respingere l'impugnazione di Google e confermare l’ammenda stabilita dal Tribunale, avendo Google abusato della propria posizione dominante, imponendo restrizioni contrattuali anticoncorrenziali ai produttori di dispositivi e agli operatori di reti mobili.

Nel 2018 la Commissione europea ha inflitto a Google un’ammenda di circa 4,343 miliardi di euro per abuso di posizione dominante, avendo l’azienda imposto una serie di restrizioni contrattuali anticoncorrenziali a danno dei produttori di dispositivi e operatori di reti mobili.

L’abuso si era concretizzato, in particolare, nell’obbligo per i produttori di preinstallare Google Search e Chrome come condizione per ottenere la licenza di Play Store, nel divieto di commercializzare dispositivi equipaggiati con versioni del sistema operativo Android non approvate («antiframmentazione») e nella subordinazione della partecipazione agli introiti pubblicitari al non aver preinstallato un altro servizio di ricerca generale su un portafoglio determinato di dispositivi («ripartizione dei ricavi»).

Tali restrizioni, secondo la Commissione, perseguivano l’obiettivo di rafforzare la posizione dominante di Google nei servizi di ricerca generale, in un momento storico caratterizzato dalla crescente importanza di Internet mobile e dando luogo a un’infrazione unica e continuata.

Google ha contestato la sanzione innanzi al Tribunale UE e quest’ultimo, pur annullando la decisione limitatamente al regime di ripartizione dei ricavi, ha mantenuto l’ammenda, rideterminandone la misura.

Google ha impugnato innanzi alla Corte di giustizia UE.

L’avvocato generale Kokott, nelle proprie conclusioni, ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente valutato i fatti e gli elementi di prova sottoposti alla sua attenzione e che, per quanto riguarda in particolare, il pacchetto di Play Store, Google Search e Chrome, non era possibile esigere dalla Commissione l’analisi della situazione concorrenziale in assenza del comportamento sanzionato (c.d. analisi controfattuale), ma era sufficiente la constatazione che la decisione degli utenti di utilizzare Google Search e Chrome piuttosto che applicazioni concorrenti non fosse libera, ma fortemente condizionata dalla preinstallazione degli stessi sul proprio dispositivo, condizione cui non era possibile sottrarsi.

Né sarebbe stato realistico il confronto tra Google e un ipotetico concorrente altrettanto efficiente, dal momento che Google deteneva una posizione dominante in diversi mercati Android e poteva beneficiare di effetti di rete tali da migliorare i propri servizi in una maniera da cui era escluso qualsiasi concorrente.

A parere dell'avvocata generale Kokott, il Tribunale ha altresì correttamente ritenuto che, nonostante l'annullamento della decisione sulla ripartizione dei ricavi, sussistesse ancora un'infrazione unica e continuata, avendo impostato Google una strategia complessiva volta ad anticipare lo sviluppo di Internet sui dispositivi mobili, preservando, al contempo, il proprio modello economico, basato sui redditi ricavati dal suo servizio di ricerca generale.

Per approfondire: curia.europa.eu.