Inopponibilità della prededuzione al fallimento di un imprenditore diverso dal debitore
01 Luglio 2025
Massime Il privilegio è connotazione che si correla alla causa del credito. Depone univocamente in tal senso il disposto dell'art. 2745 cod. civ. La prededuzione è, del credito, connotazione che viceversa si correla in chiave cronologica («sorti in occasione… delle procedure concorsuali di cui alla presente legge») ovvero in chiave funzionale («sorti… in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge») ad una data procedura concorsuale. E tanto pur nella evenienza della prededuzione ex lege, ipotesi, quest'ultima, in cui il nesso cronologico-occasionale ovvero teleologico-funzionale è presupposto, è delineato in linea astratta, a priori, dal legislatore. La prededuzione né transita né circola in dipendenza del trasferimento del credito cui si connette – diversamente dal privilegio (art. 1263, comma 1, c.c.: «per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi…») – né perdura né persiste nell'evenienza delle vicende modificative, a qualsiasi titolo, del lato passivo dell'obbligazione (in tale evenienza perdurano i privilegi, siccome l'art. 1725 c.c. prevede in ipotesi di liberazione del debitore originario l'estinzione delle garanzie annesse al credito, dunque, del pegno e dell'ipoteca, «se colui che le ha prestate non consente espressamente a mantenerle»). I crediti prededucibili si sottraggono, sì, all'operatività della regola della par condicio creditorum (art. 111, comma 1, l. fall.), nondimeno vi si sottraggono, propriamente, nell'ambito della procedura concorsuale, nominativamente identificata, che cronologicamente li determina ovvero che teleologicamente li giustifica ovvero, ancora, nell'ambito della procedura concorsuale, di eguale identificazione normativa, verso cui si proiettano. Al di fuori di siffatti ambiti procedurali i crediti prededucibili fanno eccezione alla regola della par condicio creditorum se ed in quanto – sostanzialmente – assistiti da causa legittima di prelazione. Il caso La controversia decisa dalla Suprema Corte con la sentenza in commento nasce da un finanziamento prededucibile ex art. 182-quinquies l. fall. erogato da un istituto di credito in favore di una società precedentemente ammessa alla procedura di concordato preventivo. Nella specie, il piano concordatario contemplava la costituzione di una newco, alla quale sarebbe stata successivamente conferita la totalità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società in concordato. Sennonché, a distanza di circa un anno e mezzo dall’omologazione del concordato, è sopravvenuto il fallimento della newco, alla quale nel frattempo la società debitrice aveva conferito l’intero suo complesso aziendale, con conseguente cancellazione di quest’ultima società del registro delle imprese. La banca, pertanto, ha chiesto l’ammissione al passivo del fallimento della newco del proprio credito residuo relativo al rimborso del finanziamento erogato alla società conferente, invocando (i) la prededuzione ex art. 182-quinquies l. fall. (ii) la prelazione ipotecaria derivante da ipoteca costituita su un immobile di proprietà della società fallita (iii) la prelazione pignoratizia in relazione alla quota parte del credito garantita da pegno costituito sulle quote costituenti il capitale della newco. Il giudice delegato ha ammesso il credito della banca con prelazione ipotecaria per la parte garantita da ipoteca e al chirografo per la restante parte, denegando l’invocata prededuzione, con provvedimento poi confermato dal Tribunale con decreto emesso all’esito del giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dalla banca. Quest’ultimo decreto è stato impugnato dall’istituto di credito con ricorso per cassazione, respinto dalla Suprema Corte sulla scorta dei principî enunciati nelle massime sopra riportate. La questione giuridica Con il provvedimento in commento la Cassazione ha affermato il principio dell’inopponibilità della prededuzione al fallimento (oggi liquidazione giudiziale) di un imprenditore diverso dal debitore originario, in ragione della connessione cronologica ovvero teleologico-funzionale sussistente tra la prededuzione stessa e la procedura concorsuale cui essa afferisce, che ne impedirebbe – secondo la tesi accolta dalla Suprema Corte – il trasferimento e la circolazione dal lato passivo, a differenza di quanto accade per il privilegio, che trova invece la sua giustificazione nella causa del credito ed è quindi insensibile alle modifiche soggettive dell’obbligazione dal lato passivo. Osservazioni La pronuncia in commento affronta il tema dell'ambito soggettivo di operatività della prededuzione, con specifico riferimento alla possibilità o meno, per il creditore, di invocarla in una procedura concorsuale che coinvolge un soggetto diverso dal debitore originario (nella specie, la newco costituita dal debitore al fine di dare esecuzione al piano concordatario). La questione è stata risolta dalla Suprema Corte in senso negativo, sulla scorta di argomentazioni che possono così riassumersi:
Al riguardo, si segnala che principî analoghi sono stati affermati dalla Cassazione anche nella coeva sentenza n. 22772 del 13 agosto 2024, a sostegno del diniego della prededuzione invocata da una banca, in relazione a un credito (in quel caso, non sostenuto da alcun titolo di prelazione) derivante da un finanziamento erogato ex art. 182-quinquies l. fall., nel fallimento della società cessionaria dell'azienda di proprietà della debitrice concordataria. Gli argomenti sopra riassunti risultano certamente conformi alla disciplina della prededuzione dettata dalla legge fallimentare, che àncora il beneficio della prededuzione a una specifica procedura concorsuale, in applicazione dei criteri della funzionalità e della occasionalità sanciti dall'art. 111. Ciò posto, tali criteri rischiano innegabilmente di tradursi – almeno in alcuni casi – in una limitazione all'accesso del debitore alla liquidità necessaria al superamento della crisi; il riferimento è, nello specifico, ai finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-quinquies l. fall. E infatti, il beneficio della prededuzione che la suddetta norma accorda espressamente ai finanziamenti in questione, nell'ottica di garantire una tutela “rafforzata” ai soggetti che erogano credito all'imprenditore in crisi, potrebbe risultare, nei fatti, vanificato nei casi in cui la soluzione prospettata dal debitore implichi il ricorso a operazioni societarie straordinarie, non potendo il finanziatore, in simili ipotesi, godere del suddetto beneficio nella procedura concorsuale che dovesse coinvolgere il soggetto – formalmente autonomo e distinto dal debitore originario – a cui è demandata l'attuazione del piano; il che, se risulta certamente coerente con i principî generali del nostro ordinamento in materia di soggettività giuridica e imputazione delle obbligazioni, potrebbe ciò nondimeno apparire in contrasto con l'esigenza, avvertita dal legislatore sia nazionale che europeo, di favorire l'erogazione di finanziamenti in funzione o in esecuzione di una procedura di concordato preventivo e di un accordo di ristrutturazione dei debiti [art. 3, lett. f) della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155]; esigenza che viene attuata, tra l'altro, mediante il riconoscimento della priorità dei relativi crediti, quantomeno sui crediti non garantiti, nella eventuale successiva procedura di insolvenza (si vedano, in tal senso, il Considerando 68 e l'art. 17 della Direttiva n. 2019/1023, peraltro, come si è visto, espressamente richiamati nella stessa pronuncia qui annotata). Tale priorità resta però confinata, secondo la tesi accolta nella pronuncia in commento, nell'ambito delle procedure concorsuali che investono il debitore originario, non potendo estendersi ad eventuali procedure (individuali o concorsuali) riguardanti soggetti terzi. I principî espressi dalla Suprema Corte nel provvedimento in esame non sembrano superabili neppure alla luce della nuova disciplina dei finanziamenti all'impresa in crisi introdotta dal codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, e segnatamente dall'art. 22 in materia di composizione negoziata della crisi e dagli artt. 99, 101 e 102 nell'ambito del concordato preventivo e dall'accordo di ristrutturazione dei debiti, finanziamenti ai quali le suddette disposizioni (al pari, del resto dei previgenti artt. 182-quater e quinquies l. fall.) attribuiscono espressamente il beneficio della prededuzione. Al riguardo, si è osservato in dottrina che il legislatore della riforma non àncora più il riconoscimento della prededuzione al concetto di occasionalità o di funzionalità del finanziamento rispetto alla procedura, ma collega il credito alla gestione del patrimonio, al fine di mantenere la natura prededucibile anche nelle successive procedure individuali o concorsuali; in questo senso deve intendersi, secondo l'opinione dottrinale in esame, la previsione dell'art. 6, comma 1, lett. d), c.c.i.i., che qualifica come prededucibili «i crediti legalmente sorti, durante la procedura di liquidazione giudiziale o controllata oppure successivamente alla domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell'insolvenza, per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa» (in argomento, si veda M. Fabiani, La prededuzione nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in dirittodellacrisi.it, 2023 e ancora sul tema v. M. Fabiani, La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi, in Questione giustizia, 2019; F. Pani, La prededuzione prima e dopo il codice della crisi, in Quaderni di ristrutturazioni aziendali, fascicolo 2/2022, 212). Sul punto, si è altresì osservato che, nella nuova disciplina, il riconoscimento della prededuzione a favore di un credito non vale a regolare l'ordine dei pagamenti, ma a sancire la prevalenza di quel credito su qualsiasi altro credito in procedure successive siano esse individuali o concorsuali, a prescindere dalla loro consecuzione (in tal senso, si veda S. Bonfatti, La disciplina e gli effetti della prosecuzione dei contratti bancari pendenti nella composizione negoziata della crisi di impresa, in dirittodellacrisi.it, 2023). Altra parte della dottrina ha invece affermato che, anche a seguito dell'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, la prededucibilità del credito, pur dovendo certamente ritenersi opponibile anche nei confronti dei creditori successivi alla nascita del credito prededucibile, non possa tuttavia prescindere dal rapporto di consecuzione tra le procedure, presupponendo la prededuzione l'identità dello stato di crisi o di insolvenza (in questo senso, cfr. Picardi, sub art. 6 CCII, in F. Di Marzio (diretto da), Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Milano 2022, 37); opinione, quest'ultima, che appare maggiormente aderente all'intento esplicitato all'art. 2, primo comma, lett. l) della legge delega 155/2017, che richiedeva al legislatore delegato il «contenimento delle ipotesi di prededuzione (…) al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l'attivo delle procedure». Sembra dunque potersi affermare che la nuova disciplina introdotta dal codice della crisi di impresa e dell'insolvenza abbia in effetti aperto la strada a un nuovo concetto di prededuzione, slegato dalle nozioni di “funzionalità” e di “occasionalità” rispetto a una specifica procedura concorsuale e connesso invece alla natura e all'origine del credito, in quanto “legalmente sorto” in forza di un'autorizzazione giudiziale e nel rispetto delle procedure previste dal medesimo Codice della crisi; il che, però, non pare ancora sufficiente – per lo meno in assenza di un'espressa previsione normativa che consenta espressamente di derogare ai principî generali dell'ordinamento giuridico richiamati dalla Suprema Corte nel provvedimento qui in esame – a rendere tale attributo del credito opponibile alla massa dei creditori del soggetto che sia succeduto a vario titolo nel rapporto obbligatorio, neppure nel caso in cui detto subentro sia funzionale, come nel caso portato all'attenzione della Suprema Corte, all'esecuzione di un concordato omologato. In simili casi, dunque, il finanziatore potrà contare esclusivamente sul titolo di prelazione eventualmente acquisito al momento dell'erogazione del finanziamento, in assenza del quale il suo credito assumerà, nell'ambito del fallimento/liquidazione giudiziale del cessionario dell'azienda/assuntore, natura chirografaria (come nel caso deciso dalla Suprema Corte nella citata sentenza “gemella” n. 22772/24). In tema di finanziamenti prededucibili alle imprese in crisi, in aggiunta ai contributi citati nel corpo del commento, si segnala, su questo portale: F. Lamanna, Composizione negoziata e finanziamenti prededucibili e postergati; S. Morri, La finanza concorsuale: commento agli artt. 99, 101 e 102 del Codice della Crisi; in argomento, si veda altresì L. Morellini, Finanziamenti ammissibili nel codice della crisi e dell’insolvenza, in dirittodellacrisi.it, 2023; in tema di prededuzione e di consecutio tra procedure, si rinvia, su questo portale, a: L. Jeantet, P. Vallino, D. Rondinelli, La consecuzione tra procedure nel codice della crisi; T. Iannaccone, Consecuzione di procedure, Bussola del 14 febbraio 2019. |