Chiusura della liquidazione controllata per mancata collaborazione del debitore

La Redazione
02 Luglio 2025

Il Tribunale di Torino ordina la chiusura di una procedura di liquidazione controllata per insussistenza di attivo ex art. 233, lett. d), e 276, comma 1, CCII, rilevato il rifiuto di cooperazione del debitore.

L'art. 276 c.c.i.i., rubricato «Chiusura della liquidazione» richiama espressamente le norme di cui all'art. 233 c.c.i.i. con riferimento alla liquidazione giudiziale, in quanto compatibili.

In forza di tale richiamo, la procedura di liquidazione controllata può essere chiusa, tra l'altro, «quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura».

Nel caso di specie, il giudice rileva «che la debitrice rifiuta di versare i differenziali mensili oggetto di vincolo, sostanzialmente dall'inizio della procedura avendo maturato la consapevolezza di non poter ottenere l'esdebitazione alla scadenza del triennio di durata minima della procedura» (consapevolezza maturata dopo «aver scoperto a distanza di un anno e mezzo che le sanzioni [N.B. irrogate dall'Ispettorato provinciale del lavoro e non accessorie ad altro debito] non possono essere esdebitate»).

Accertato dunque, il giudice, che il rifiuto di cooperazione della debitrice è «radicale» e tale da rendere del tutto inutile la prosecuzione della procedura (salvo l'esperimento di azioni giudiziali, di esito difficilmente prevedibile, nei confronti del datore di lavoro) ed essendo stata autorizzata la liquidatrice a non intraprendere azioni giudiziali per il recupero dei differenziali mensili, il Tribunale, letti i richiamati artt. 233, lett. d), e 276, comma 1, c.c.i.i., ordina la chiusura della procedura di liquidazione controllata.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.