Il mercato di voto tra incertezze interpretative e nuovi strumenti di soluzione della crisi

Gianluca Minniti
05 Dicembre 2011

Il progressivo incremento del ricorso al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione (ed il conseguente intensificarsi delle trattative con i creditori “forti”) potrebbe far tornare in auge un reato - il mercato di voto - di fatto disapplicato, anche a causa di rilevanti incertezze interpretative.

Il progressivo incremento del ricorso al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione (ed il conseguente intensificarsi delle trattative con i creditori “forti”) potrebbe far tornare in auge un reato - il mercato di voto - di fatto disapplicato, anche a causa di rilevanti incertezze interpretative.

L'art. 233 l. fall. punisce il creditore che stipula col fallito (o con altri nell'interesse del fallito) vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori.

Una prima questione riguarda l'influenza che la previsione del classamento dei creditori e della conseguente facoltà di proporre percentuali di soddisfacimento differenziate ha esercitato sul reato in commento.
Ad una prima valutazione, l'accordo che preveda quale vantaggio l'inserimento del credito in una classe destinataria di un trattamento preferenziale, ben difficilmente potrebbe integrare il reato di mercato di voto, sempre che, ovviamente, tale classe sia in linea con i requisiti di omogeneità di cui all'art. 160 l. fall.

Con riferimento all'applicazione in caso di procedure differenti dal fallimento (e dal concordato fallimentare), va evidenziato, che, nonostante l'art. 236 l. fall. estenda, in caso di concordato preventivo, il reato in commento ai soli creditori, sia preferibile l'interpretazione di chi ritiene che, essendo il mercato di voto reato plurisoggettivo, il debitore od il terzo debbano comunque risponderne ex art. 110 l. fall.
Unanimemente si esclude, invece, l'applicazione del reato al concordato stragiudiziale, ritenendosi del tutto lecita la stipulazione del c.d. patto di preferenza. Ad identica conclusione dovrebbe pervenirsi anche in relazione ai piani attestati di risanamento ex art. 67 l. fall.
Quanto agli accordi di ristrutturazione, sembra convincente quella lettura che, privilegiando la libertà dei privati di trarre il massimo vantaggio dalla bonaria composizione del dissesto, esclude l'applicabilità dell'art. 233 l. fall., anche in considerazione del fatto che i creditori non aderenti devono comunque essere soddisfatti regolarmente.

Particolarmente delicata è, infine, la questione in ordine alla rilevanza penale dell'acquisto del credito da parte del terzo. All'opinione di chi esclude l'illiceità del trasferimento di un credito al precipuo fine di impedire al relativo titolare di opporsi all'approvazione del concordato, si contrappone quella, preferibile, che, specie con riferimento al concordato preventivo, ritiene illegali quelle cessioni finalizzate ad influire sulla formazione delle maggioranze.